Succedeva: agosto 2000

I LIMITI INSUPERABILI

Mosso dall’opportunismo, l’incontro Grimaldi-Clifford Chance finirà per contrassegnare il bipolarismo culturale del mercato legale italiano

17-07-2014

I LIMITI INSUPERABILI

«Clifford Chance, il più gran­de studio le­gale integrato del mondo, ha raggiunto un accordo amiche­vole di separarsi alle condizioni concordate con cinque partner nella sua practice italiana, Gri­maldi Clifford Chance. Le par­tenze rispecchiano una diver­genza di approccio nel modo di agire e nella gestione di uno studio legale».

Con questa nota, e nei toni del più classico understatement inglese, si consuma la rottura più burrascosa di sempre del mercato legale italiano. Ma non è soltanto la magnitudine dello scontro – che si potrebbe defi­nire senza esagerare antropo­logico – che farà della fusione fallita tra Grimaldi e Clifford Chance un punto di riferimen­to. Essa rappresenta il prototipo della difficile convivenza tra studi inglesi ed italiani duran­te il primo decennio del nuovo millennio. Tanto che il contrasto fra Grimaldi e Clifford Chance finirà per diventare un caso di studio, e condizionerà le scelte strategiche degli studi internazionali in Italia fino ad oggi, poiché incarna in modo esemplificativo la sintesi im­possibile, la collisione di due mondi e di due logiche inconci­liabili fra di loro. Le origini del conflitto ri­salgono a un accordo nato sbi­lanciato a favore degli italiani che viene votato all’unanimità nell’agosto del 2000 dai soci dello studio Grimaldi. Gli in­glesi in partenza concedono tanto – troppo –, ma ritengo­no necessario dover cogliere un’importante occasione. Per capire le pressioni che dettano l’opportunismo, bisogna torna­re all’Italia degli anni Novanta.

Il partenariato Grimaldi & Clifford Chance risale al 1993, quando Clifford Chance si di­stingue come primo studio in­glese a sbarcare in Italia. Nel crogiolo dell’ondata di priva­tizzazioni e l’espansione inar­restabile della finanza, giunge al suo massimo potere la figu­ra professionale del rainmaker, il consigliore ambito dai clienti che contano nel capitalismo italiano. Agli inizi del nuovo millennio, e spronati dal boom della new economy nonché dall’intensa attività del mer­cato azionario, gli studi in­glesi hanno come principale obiettivo quello di consolidare gruppi di avvocati italiani cap­peggiati da tali «uomini della pioggia». Ma l’espansione in Italia viene inoltre sostenuta da una convinzione di base che ora sembra un errore di attribuzione. Forti dei pro­pri successi in altre economie continentali (Francia, Germa­nia, Olanda, Spagna), gli studi inglesi puntano sull’eventuale trasformazione del mercato legale italiano con il lancio e consolidamento del loro mo­dello gestionale e l’auspica­ta migrazione di prestigiosi clienti italiani istituzionali verso gli studi stranieri.

I progetti di espansione da parte degli studi inglesi parto­no, come è già avvenuto altrove, con accordi di alleanze o asso­ciazioni esclusive considerate propedeutiche ad un’eventuale integrazione. Lo stesso pro­cesso è previsto per l’Italia, ma Clifford Chance deve da subi­to fare i conti con il problema nodale del mercato italiano: lo spread della remunerazione dei soci equity, ossia il differenzia­le remunerativo tra i soci. E la questione della ripartizione de­gli utili fa allungare le trattative sull’integrazione.

La coincidenza vuole che in quello stesso momento un altro studio del Magic cir­cle affronti la stessa sfida. Freshfields Bruckhaus Deringer, che fatica a trovare un partner italiano, si trova in trattative di fusione con Chiomenti ma i negoziati finiscono su un binario morto. Al centro delle difficoltà, l’impossibilità di allineare lo spread dell’e­quity tra i rispettivi studi. Per gli inglesi il margine è di 1 a 2,5 contro l’ 1 a 8 di Chiomen­ti. Mentre Freshfields si ritira dalle trattative, Clifford Chan­ce decide di siglare un accordo con Grimaldi ma si tratta di colmare divergenze altrettan­to abissali. Vittorio Grimaldi origina affari per 20 milioni di sterline e la sua retribuzione si aggira tra i 2,5 e i 3,5 milioni annui. Il massimo dell’equity di Clifford Chance arriva ai soli 804 mila sterline. Per dare una risoluzione ad una situa­zione irrisolvibile, ai cinque soci di Grimaldi vengono asse­gnati punteggi addizionali (su­per points) al lockstep inglese per un periodo di tre anni.

Si spera con lo stravolgere dei principi interni dello studio inglese di guadagnare tempo. Tuttavia, una volta reso pub­blico, l’accordo crea malcon­tento nella partnership globale perché intacca frontalmente la cultura della tanta vantata singola associazione (one part­nership).

Oltre i confini italiani si mette in discussione il trat­tamento speciale riservato ai soci di Grimaldi. E non sfugge a nessuno la situazione parados­sale per cui i soci negli uffici periferici ora guadagnano mul­tipli della retribuzione del loro capo nel quartier generale. Cio­nonostante, la fusione ufficiale viene celebrata all’inizio del 2001. Dopo aver fatto conces­sioni straordinarie agli italiani, Clifford Chance è costretto a fare dietrofront per allineare l’associazione italiana alla sua struttura globale.

La luna di miele dura poco. Anzi pochissimo. A distan­za di poco più di un anno, la stampa parla del ritorno di Grimaldi all’indipendenza. Nell’aprile 2002, le notizie si concretizzano e si parla della prossima uscita dei cinque soci grimaldiani insieme ad una ventina di avvocati. L’ogget­to particolare del contendere per gli scissionisti riguarda la nomina di un nuovo mana­ging partner (si ventila il nome di Luigi Chessa) per dirige­re l’opera di riadeguamento alla struttura globale. Londra preme soprattutto sull’allar­gamento della base equity per adeguare la practice italiana al network internazionale; pres­sione respinta dai grimaldiani consapevoli di poter guada­gnare molto di più al di fuori del lockstep inglese.

Il mese successivo, siamo al 27 maggio 2002, si giunge all’accordo per l’uscita di cin­que soci e 26 avvocati, previsto per la fine di agosto. A Roma, la squadra di Clifford Chance viene addirittura sfrattata dai propri uffici (lo stabile è inte­stato a Grimaldi). Tra le mace­rie, gli inglesi riescono a no­minare al ruolo di managing partner i soci Nick Wrigley e Luigi Chessa. Passa ancora un anno e continua la ricerca dell’equilibrio post- grimaldia­no. Occorre ancora allineare tutti i soci italiani al lockstep internazionale (Wrigley nel 2001 guadagnava oltre 1 mi­lione di sterline in più rispet­to al massimo dello scalone). Con l’uscita di Chessa (passa­to dopo alcuni mesi dalla sua nomina a Standard & Poor’s) si crea un comitato esecutivo per condividere la gestione dello studio con Wrigley.

Sono trascorsi tre anni di subbuglio. La politica della rete internazionale è final­mente ripristinata in Italia ma i rainmaker si allontaneranno definitivamente. Conseguen­za del profondo dilemma che affrontano tutte le ambizioni delle law firm internaziona­li, divisi tra esigenze locali anomale e la propria gestione consolidata. Il lockstep bri­tannico nella sua essenza pre­mia l’esperienza e gli anni di servizio, ovvero l’impegno e la lealtà verso lo studio conce­pito come organizzazione ed istituzione. Minimizza invece le ineguaglianze economiche fra soci anche al costo di li­vellare le capacità di genera­re fatturato. Tale modello ha preteso inserirsi sull’artico­lazione strutturale dell’ethos italiano – dei «lupi solitari», per riprendere una battuta di Vittorio Grimaldi – che rico­nosce piuttosto l’autonomia e i rapporti di fiducia distillati nel potere del singolo, il che fonda e legittima l’enorme disparità dei redditi tra soci della stessa insegna.

Gli osservatori inglesi di lungo corso fanno il parallelo tra questa cultura di studio e le proprie insegne degli anni Settanta. Ma, mentre a Londra è stato superato questo model­lo, l’Italia si distingue per il suo sincretismo che rende possibile sul mercato la convivenza delle politiche gestionali e delle cul­ture interne più disparate. Da noi, continua a reggere senza ostacoli un pluralismo fatto di tradizione e di modernità. Guai, però, a voler amalgamarli in un unico studio.

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Clifford Chance, Freshfields Bruckhaus Deringer, Grimaldi, Chiomenti LuigiChessa, VittorioGrimaldi


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