L’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023 lo scorso 1° luglio sollecita inevitabilmente continue riflessioni, anche sotto la suggestione del fatto che le maggiori novità sono per certi versi racchiuse nel Libro I del Codice, al cui interno sono stati enunciati, per la prima volta, dei principi generali, da considerare quali canoni ermeneutici prioritari nella concreta applicazione degli istituti.
La scelta di soffermarsi sul Libro I nasce anche dalla lettura di una suggestiva presentazione del Presidente Carbone – insieme al compianto Presidente Frattini uno dei principali artefici del Codice – secondo il quale l’intenzione degli estensori è stata (anche) quella di mettere a disposizione dei veri e propri libri che si potessero estrarre dalla libreria e consultare autonomamente.
Ed è allora con questo spirito che ci si vuole accostare al Libro I, rispetto al quale moltissimi autorevoli commentatori nutrono great expectations; sarebbe tuttavia eccessivo (e, forse, anche ingeneroso) ritenere che la pregressa disciplina imponesse un’opera di radicale ricostruzione dell’impianto normativo.
Molto saggiamente, gli estensori del nuovo Codice hanno preferito intervenire conservando quanto di buono era maturato nell’esperienza pregressa, frutto dell’apporto e del confronto di tutti gli operatori del settore – non solo di giuristi – e, al tempo stesso, adottando un approccio culturale più olistico. Non a caso, sono stati chiamati a far parte della Commissione incaricata di redigere la bozza dell’articolato anche ingegneri, economisti e persino un componente dell’Accademia della Crusca. Nella stessa logica, pur nei tempi serrati imposti dal rispetto delle scadenze previste dal PNRR, sono stati acquisiti i contributi dei diversi stakeholders, come prevedono i canoni della più moderna (e diffusa) analisi di impatto della regolazione normativa e regolamentare.
La sintesi operata ci consegna un Libro I, in cui principi non certo sconosciuti – il risultato, la discrezionalità e l’accesso al mercato – sono confermati protagonisti della scena e, allo stesso tempo gli affidati nuovi ruoli.
Il risultato è sempre stato uno dei cardini dell’azione amministrativa contemporanea, essendo da lungo tempo invocata (e non più differibile) l’adozione dei processi di scelta che consentano di soddisfare celermente le esigenze della collettività, in modo da allocare nel modo più oculato ed efficiente le risorse finanziarie disponibili. Se, da un lato, tali caratteristiche del principio di risultato trovano piena conferma nell’art. 1, co. 1, del Codice, è nell’art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 36/2023 che s’introduce una delle più rilevanti novità, quando si riconosce come la concorrenza tra gli operatori economia è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile. La concorrenza assume quindi una connotazione più nitida di strumento per raggiungere l’interesse pubblico (ossia il risultato) sotteso all’indizione della gara. In altre parole, si è voluto chiarire che le procedure di gara non sono espressione di una sorta di regolazione parcellizzata del mercato in funzione pro-competitiva, nell’ambito della quale la committenza pubblica deve assicurare prioritaria tutela alla parità di trattamento tra i concorrenti in gara.
Il principio della reciproca fiducia, con una formula definitoria innovativa e certo affascinante, vuole infondere nuova linfa nella tradizionale figura della discrezionalità, il cui esercizio non dovrebbe più essere percepito dagli operatori come strumento di privilegio (o, peggio, di arbitrio) per la pubblica Amministrazione. Con buona dose di pragmatismo, gli estensori del nuovo Codice non si sono limitati ad assicurare il principio della reciproca fiducia, lasciando – o, forse, sarebbe più corretto dire abbandonando – committenze ed esecutori nell’incertezza in ordine alla concreta declinazione di tale canone. Compaiono (o sono debitamente rafforzate), infatti, nel d.lgs. n. 36/2023 alcuni presìdi a garanzia della reciproca fiducia: il pensiero corre, per le stazioni appaltanti, all’introduzione del termine espresso per concludere le procedure di gara, al riconoscimento della loro piena autonomia negoziale, alla più chiara e ragionevole delimitazione delle forme di responsabilità amministrativa; per le imprese, alla maggiore libertà delle forme di partecipazione associata e di ricorso al subappalto, alla confermata rilevanza delle misure di self-cleaning, alla più estesa operatività delle forme di soccorso istruttorio, alla generale applicabilità della rinegoziazione per conservare l’equilibrio economico contrattuale.
Anche l’accesso al mercato continua a costituire un faro orientativo della disciplina dei contratti pubblici; oggi, tuttavia, il perseguimento di tale obiettivo avviene ponendo maggiore enfasi (non più sugli aspetti formali della singola procedura ma) su trasparenza e proporzionalità delle scelte della stazione appaltante. Alla committenza si chiede, da un canto, di rendere pienamente tracciabile il percorso decisionale seguito e di assicurare piena ed effettiva tutela del diritto di accesso agli atti; dall’altro canto, di definire la disciplina puntuale del singolo affidamento in modo da sollecitare sempre la più ampia platea di possibili partecipanti.
Si peccherebbe di ingenuità nel ritenere che i principi generali enunciati nel Libro I saranno immediatamente accettati e recepiti senza incertezze e tentennamenti nel tessuto dell’Amministrazione. Riprendendo una citazione particolarmente felice del Presidente Carbone di Robin Sharma, “change is hard at first, messy in the middle and gorgeous at the end”.
Il ruolo di primo piano assegnato dal Legislatore al Giudice amministrativo nella stesura del Codice e la coraggiosa decisione del Consiglio di Stato di accompagnare lo schema definitivo del testo con una relazione nella quale si afferma che i principi generali esprimono valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico sono significativi della convinzione degli estensori del Codice della necessità di un profondo cambio di paradigma culturale. Gli avvocati, nel rispondere a questa sfida, sono chiamati a fornire il loro contribuito di esperti del settore, sia nel dialogo con la pubblica Amministrazione, sia nelle aule di giustizia, sostenendo le imprese in un processo di rinnovamento del settore che offre grandi opportunità.
Avv. Filippo Degni
Studio Police & Partners
I principi del nuovo codice dei contratti pubblici.pdfTAGS
Police FilippoDegni