Come si evince delle cronache giudiziarie, la magistratura inquirente, in questi ultimi anni, sta progressivamente assumendo un ruolo sempre più invasivo nell’attività economica. La crisi ha fatto aumentare il numero di imprenditori ed imprese che, cercando di salvaguardare le risorse destinate alla sopravvivenza dell’azienda, spesso incorrono in situazioni o comportamenti suscettibili di dar vita ad un rischio e, conseguentemente, ad una responsabilità penale. Confrontando i dati raccolti con l’ultima ricerca pubblicata da TopLegal nel novembre 2012, balza agli occhi il numero crescente di reati societari e fallimentari sfociati in bancarotte fraudolente per distrazione, per falsi in bilancio, per sistematica omissione del pagamento dei tributi e dei contributi assistenziali e previdenziali. Un caso su tutti, l’inchiesta che ha portato a sette arresti a carico della famiglia Ligresti e dei vertici di Fondiaria Sai nel luglio 2013 per aggiotaggio e bancarotta.
All’interno delle dinamiche societarie, poi, la normativa dal forte impatto per l’attività del penalista – il decreto legislativo 231 del 2001 – ha visto una continua implementazione da parte del legislatore dei reati-presupposto. Ciò ha potenziato il controllo degli organi inquirenti nei confronti dell’applicazione di tale normativa. Rispetto al 2012 è cresciuta inoltre l’attenzione alla tutela ambientale e alla sicurezza sul lavoro, al fine di prevenire quei disastri che hanno contrapposto, nelle aule di tribunale, intere squadre di penalisti; accanto ai recenti aggiornamenti del testo unico ambientale e del testo unico in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, il Consiglio dei Ministri ha approvato, a dicembre 2013, un decreto legge recante l’introduzione del reato di combustione dei rifiuti.
Tra il 2012 e il 2013, però, a dominare sono stati i reati fiscali che hanno dato luogo a una serie di azioni penalmente rilevanti: violazione del diritto di credito vantato da terzi; comportamenti finalizzati a creare riserve occulte; e omesso versamento di tasse e contributi. Il caso Dolce & Gabbana, che ha dato via al processo dei due stilisti per omessa dichiarazione dei redditi ed è stato dibattuto per sette mesi da un plotone di penalisti (concluso poi con la condanna a un anno e otto mesi e 500 mila euro di provvisionale), ne è un valido esempio.
Meno crescita, più specializzazione
Se da un lato assistiamo a un flusso dinamico di lavoro per i colletti bianchi, dall’altro, si percepisce una rigida staticità delle compagini. Rispetto alla precedente ricerca del Centro Studi, non sono emersi movimenti significativi delle squadre. Il settore legale del penale rimane una rete di piccole strutture consolidate e radicate, dalla salda tradizione e da una forte fedeltà al proprio ambito giurisprudenziale. Piuttosto che investire su nuovi ingressi, i penalisti hanno preferito puntare sulla specializzazione interna per soddisfare una domanda ad alto coefficiente tecnico su cui si è estesa la responsabilità penale.
Nell’individuare tali specializzazioni, si mantiene stabile la tripartizione per settori adottata dal Centro Studi. Il penale societario e commerciale, per la vasta gamma di reati e problematiche che include, continua a registrare il maggior numero di professionisti segnalati. Segue il penale ambientale e quello finanziario che include una manciata di professionisti di nicchia e altamente specializzata nel penale tributario che avvalora il trend in ascesa dei reati fiscali.
Guardando al panorama delle insegne, si confermano al vertice dei consensi le boutique esclusivamente penali. Tra esse, la novità di quest’anno è rappresentata dal ritorno dell’ex guardasigilli Paola Severino alla guida di Penalisti associati, che si è subito reso protagonista dei maggiori incarichi penali del 2013, tra cui la difesa di Google, accusata di violazione della privacy e di Apple, indagata per dichiarazione dei redditi fraudolenta.
Sull’esperienza di altri studi d’affari che in passato hanno investito sul penale creando un team interno, R&p legal ha puntato sul white collar crimes ed ha aperto ex novo un dipartimento, accogliendo Piero Magri, ex titolare della boutique penale Magri avvocati penalisti e ricordato per il coinvolgimento nel presunto giro di tangenti a Buccinasco, e Giuseppe Vaciago, fondatore di Hlaw. Il lettore troverà alla fine della rivista la ricerca completa sul settore Penale.
REATI TRIBUTARI
Penale e tax: binomio in aumento
Le collaborazioni tra penalisti e fiscalisti si fanno più strette, anche in ottica preventiva. Il mercato, però, boccia possibili partnership
Una corsa senza fine. La maggior parte degli accertamenti fiscali oggi finiscono in Procura. E l’aumento dei reati tributari sembra destinato a tenere banco anche per tutto il 2014. In Italia, stando ai dati resi noti a fine 2013 dalla Corte dei Conti, l’ammontare delle tasse evase si attesta intorno ai 130 miliardi di euro. E con l’abbassamento delle soglie di punibilità per alcune violazioni deciso dalla manovra di Ferragosto del 2011 è ragionevole che il numero sia destinato a crescere. I penalisti, di conseguenza, sono chiamati sempre di più a sinergie sempre più strette con i fiscalisti.
Gli esempi recenti non mancano: dalle super frodi fiscali imputate a Dolce e Gabbana e alla famiglia Riva dell’Ilva, alle indagini nei confronti di TotalErg per una presunta frode fiscale di 904 milioni di euro. Stesso reato che, in novembre, ha visto la penalista Paola Severino e il tributarista Renato Paternollo di Freshfields al fianco di Apple. «La relazione stretta tra penalisti e fiscalisti è imprescindibile nei reati tributari, poiché entrambi lavorano su due processi (civile e penale) che viaggiano sullo stesso binario», commenta il penalista Fabio Cagnola, socio di Bana. Tuttavia, il mercato italiano sembra ancora immaturo per prevedere un’integrazione tra le due figure. Salvo la recente fusione delle realtà fondate dai penalisti Piero Magri e Giuseppe Vaciago in R&p legal, che ha ridotto la distanza tra i due mondi facendoli collaborare all’interno dello stesso studio, la maggior parte degli intervistati – nel corso della ricerca condotta dal Centro Studi TopLegal sul Penale – esclude che nel breve periodo ci possano essere delle partnership strategiche o fusioni di realtà. Le motivazioni addotte sono diverse, ma una mette d’accordo tutti: lo studio penale, per quanto strutturato, si regge spesso sul dominus, gestione rara negli studi civilistici e fiscali. Inoltre, il penalista deve essere indipendente e le alleanze con altre figure professionali devono essere riformulate volta per volta, aggiungono Enrico de Castiglione e Roberta Guaineri, di Moro Visconti de Castiglione Guaineri. Lo studio, infatti, ha risposto alla necessità di internazionalizzazione del penale attraverso la partecipazione a Fraudnet, un’alleanza internazionale di studi legali indipendenti che si occupano di business e corporate crimes.
Se avvocati e fiscalisti, tradizionalmente, sono separati da un abisso culturale, la distanza aumenta quando si parla di penalisti. Eppure, le convergenze potrebbero aumentare, anche in ottica preventiva visto il diffondersi di una maggiore moralizzazione dell’azienda italiana. Il tema dell’etica e della legalità sta entrando anche all’interno delle realtà più piccole e verosimilmente dovrebbe condurre a una crescente importanza della consulenza non solo reattiva, ma preventiva. La pianificazione fiscale, rispetto al passato, oggi passa anche nelle mani del penalista: il cliente si interroga per capire quando può cadere nel reato penale. «La legge 74/2000 in materia penale tributaria impone una preventiva valutazione anche del rischio penale», concorda Cagnola. E conclude: «Il diritto penale tributario consente di trovare soluzioni innovative: in molti casi è una vera giungla amazzonica in cui non ci sono precedenti giurisprudenziali». E per districarsi in questa giungla il fiscalista è fondamentale.
Articolo pubblicato in TopLegal febbraio 2014
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