Curtis Mallet

IL BUSINESS NERO DAI MARGINI D'ORO

Mentre i concorrenti internazionali stanno innescando ora la corsa all’Africa, per Curtis vale il contrario: è l’Africa che chiama Italia. La sede italiana è hub di riferimento per mandati e clienti del Continente Nero

03-04-2014

IL BUSINESS NERO DAI MARGINI D'ORO

Uno studio che trae la massima marginalità della practice italiana non da clienti o mandati italiani, ma da quelli esteri seguiti nel loro stesso territorio, l’Africa. È questo ciò che rende Curtis Mallet-Prevost Colt e Mosle un caso unico nel panorama legale nostrano. In un momento in cui il Continente Nero è nel mirino delle maggiori insegne internazionali – basti pensare ai recenti investimenti fatti da Eversheds, Dla Piper e Hogan Lovells – Curtis ha reso l’Italia hub per la sua practice africana.

Una practice che ha come principali generosissimi clienti gli Stati e le società statali, e come core business l’oil e gas. Africa, clienti statali e oil e gas: è il tripode su cui poggia la sede tricolore di Curtis, la cui stabilità trae origine dal legame diretto tra il managing partner della sede italiana Galileo Pozzoli e il guru degli arbitrati internazionali e chairman della law firm statunitense George Kahale III, con cui Pozzoli ha lavorato a New York dal 2003 al 2008. Un legame che ha consentito a Curtis di riorganizzare nel 2008 la sua practice italiana sul modello di quella statunitense, fruttando l’esperienza che Pozzoli aveva maturato in America seguendo clienti come il Venezuela e la Bolivia.

È stata proprio la virata verso l’internazionalizzazione a consentire alla practice italiana di Curtis di non subire i contraccolpi di un contesto economico sfavorevole. L’insegna statunitense, infatti, aveva da poco piantato la bandierina tricolore, quando nel 2008 il fallimento di Lehman Brothers ha rimestato le carte in tavola, costringendola a ridisegnare la strategia della practice italiana. Non potendo godere delle opportunità legate al business italiano come avevano fatto in precedenza tanti suoi concorrenti, Curtis – originariamente focalizzato sul mercato nazionale e con una compagine di professionisti provenienti da studi civilistici – ha utilizzato l’Italia come piattaforma privilegiata per il ponte sul Continente Nero, concentrandosi su settori come energia, arbitrati e attività cross-border.

E, a partire da questi settori, che costituiscono la leva dell’insegna, ha cercato di garantire la sostenibilità della struttura senza sovradimensionamenti, non rincorrendo una crescita a tutti i costi ma cercando nicchie di sviluppo calibrate sul mercato italiano, sempre nell’ottica di un posizionamento globale. È così che, nel 2009, ha optato per una diversificazione strumentale al core business, investendo in una practice più tradizionale, il corporate, con il lateral hire di Ian Tull (specializzato in corporate cross-border) da Clifford Chance, e nelle
practice anticicliche del restructuring, guidato dall’ex Eversheds Emanuella Agostinelli, e del tax (soprattutto il fiscale doganale) che ha il suo riferimento principale in Fabrizio Vismara. Una diversificazione che certamente non ha reso lo studio un full-service – «né mai lo diventeremo», sottolinea il managing partner Pozzoli – ma lo ha portato ad essere il terzo ufficio, dopo quelli di New York e Città del Messico, per numero di practice area.

Eppure, la compagine della sede italiana è composta soltanto da 29 professionisti. Un numero che potrebbe destare qualche perplessità se confrontato con quelli a cui hanno abituato il mercato le grandi corazzate legali, ma che trova origine nella strategia dell’insegna a livello globale che punta su piccole unità. Nata nel 1830 e presente con 16 uffici nel mondo, Curtis Mallet conta appena 350 professionisti. Un numero che si avvicina alla compagine di studi delle dimensioni del primo studio italiano. Ma questo Davide dei servizi legali ha tassi di crescita a due cifre che gli hanno consentito di competere con i Golia del mercato. Tanto da posizionarsi secondo, subito dopo Freshfields, nella classifica dell’American Lawyer tra i maggiori studi di arbitrato per il biennio 2011-2013. E la sede italiana non è da meno, essendo diventata l’interlocutore di riferimento per l’Africa. Forte della specializzazione in oil e gas, e tra i più quotati per gli arbitrati internazionali e i contenziosi, come emerge anche dalla Guida TopLegal, l’ufficio italiano conta sull’assistenza a importanti clienti internazionali produttori e esportatori di idrocarburi.

L’approccio di Curtis all’arbitrato internazionale e al settore oil e gas risulta peculiare sotto un duplice profilo. Da un lato, a differenza di quanto fanno i principali concorrenti, ha preferito ai clienti societari – le grandi multiutilities – i Governi. In secondo luogo, ha sempre puntato a una clientela estera, aprendo la sua filiale italiana come hub di riferimento per i Paesi produttori del bacino mediterraneo e dell’Africa. «Tutto ha origine da una scelta a monte fatta da Curtis Mallet», commenta Pozzoli. «A differenza di quanto spesso avviene in altre realtà, Curtis ha fatto una scelta atipica perché, pur nascendo in uno degli hot spot mondiali, l’America, lo studio ha da subito optato per una strategia di internazionalizzazione inversa. Anziché seguire i clienti americani all’estero o clienti esteri in America, ha cercato mandati da clienti stranieri sul loro stesso territorio. Il risultato è che, nel rapporto binario tra Paesi fornitori di oil e gas e multinazionali acquirenti, abbiamo sempre seguito i fornitori, trovandoci spesso ad avere come controparte le multinazionali».

È così che tra i clienti di Curtis Italia figurano il Governo del Ghana, il Governo dell’Uganda, Sonatrach Algeria e il Governo dell’Algeria. E, tra le ultime operazioni, l’assistenza al Governo dell’Uganda nell’arbitrato contro la società petrolifera Heritage Oil & Gas per la presunta violazione di un contratto di esplorazione e produzione petrolifera. Il core business dello studio italiano, quindi, è prettamente internazionale. Ma non nel senso che la sua fortuna si basa sui referral che arrivano dal network internazionale per operare in Italia, ma su clienti esteri che si rivolgono direttamente all’ufficio milanese per essere seguiti all’estero. Mentre gli altri studi stanno innescando ora la corsa all’Africa, per Curtis vale il contrario: è l’Africa che chiama Italia.

TAGS

Dla Piper, Hogan Lovells, Eversheds Sutherland, Curtis IanTully, GalileoPozzoli, EmanuellaAgostinelli, GeorgeKahale, FabrizioVismara Lehman Brothers


TOPLEGAL DIGITAL

Scopri TopLegal Digital, nuova panoramica sull’attualità del mondo legal, finance e aziendale

 

Sfoglia la tua rivista gratuitamente


TopLegal Digital
ENTRA