Come noto, il procedimento di formazione del contratto può articolarsi in una o più fasi.
Si segnala, sin da ora, che il primo caso non sarà trattato nella presente sede.
Per quanto concerne il secondo, invece, occorre differenziare la fase preparatoria, ovverosia la fase delle trattative e degli atti preparatori, dalla fase finale, la quale coincide con la vera e propria conclusione del contratto.
Gli atti preparatori, in particolare, si distinguono in atti giuridicamente irrilevanti (come i contatti preliminari) oppure rilevanti.
Questi ultimi, a loro volta, possono essere rilevanti limitatamente alla mancata conclusione di un contratto e, per l’effetto, al risarcimento (come le cosiddette “trattative”, le quali non vincolano né influenzano il futuro contratto e, solo se condotte in malafede, conducono ad una responsabilità precontrattuale), oppure possono avere efficacia vincolante sul futuro contratto (ad esempio, il contratto preliminare, il patto di opzione, la proposta irrevocabile, il patto di prelazione) e che, in quanto fattispecie negoziali autonome rispetto allo stesso, danno luogo, in caso di inadempimento, ad una vera e propria responsabilità contrattuale.
Come preannunciato, all’interno della categoria degli atti preparatori con efficacia vincolante, troviamo il contratto preliminare.
Il contratto preliminare, in particolare, rappresenta una figura contrattuale di notevole rilevanza nel panorama giuridico italiano e consiste nell’accordo con il quale le parti si impegnano a stipulare un futuro contratto definitivo, fissando preventivamente le relative condizioni.
Giuridicamente viene definito come un accordo consensuale avente effetti obbligatori.
Peculiarità del contratto preliminare è, poi, il contratto preliminare unilaterale, il quale, pur non godendo della medesima notorietà del contratto preliminare bilaterale, trova comunque specifica applicazione in determinati contesti, si pensi a quello energetico, e si caratterizza per il fatto che, mediante la relativa stipula, soltanto una delle parti coinvolte si vincola a sottoscrivere il futuro contratto definitivo, senza che da tale impegno derivi un obbligo reciproco per l’altra.
Compresi i ruoli delle parti nel contratto preliminare unilaterale, occorre evidenziare come, in passato, la sua esistenza fosse stata addirittura posta in dubbio, stante la continua tendenza ad assimilarlo ad un istituto che, prima facie, appariva molto simile.
Ci si riferisce al patto di opzione.
Fu proprio la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28762 del 30 novembre 2017, ad adottare una esplicita posizione in merito, fugando così ogni dubbio in merito alla differenza tra contratto preliminare unilaterale e patto di opzione.
La Suprema Corte, in particolare, ha precisato la natura contrattuale dell’opzione sottolineando come la stessa, consistendo “in un accordo in base al quale una parte si impegna a mantenere ferma una proposta per un certo tempo nell’interesse dell’altra parte”, ha in comune con il contratto preliminare unilaterale “l’assunzione dell’obbligazione da parte di un solo contraente”, distinguendosene, tuttavia, inevitabilmente, per “l’eventuale successivo iter della vicenda negoziale, in quanto, a differenza di detto preliminare unilaterale, che è contratto perfetto ed autonomo rispetto al contratto definitivo, l’opzione configura elemento di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad oggetto l’irrevocabilità della proposta e poi dall’accettazione del promissario, che, saldandosi con la prima, perfeziona il contratto”.
In sostanza, sebbene in entrambi i casi soltanto una delle parti assuma, di fatto, l’obbligo, è pur vero che, mentre il contratto preliminare è un contratto perfetto ed autonomo rispetto al definitivo, l’opzione non è che uno degli elementi di una particolare fattispecie a formazione progressiva.
Conseguentemente, mentre con il contratto preliminare unilaterale - produttivo di un obbligo a contrarre - la produzione degli effetti finali dipende da una nuova dichiarazione contrattuale di entrambe le parti, attraverso il patto di opzione gli effetti si producono unicamente con la mera accettazione del beneficiario, senza che siano necessarie ulteriori dichiarazioni da parte del concedente (cfr. Cass. 30 novembre 2017, n. 28762).
Appurata la differenza tra le sopracitate figure contrattuali ed acclarata l’esistenza del contratto preliminare unilaterale ci si chiede, nell’ottica di dare all’istituto maggiore autorevolezza e creare una netta comparazione, se, così come permesso nell’ambito di un contratto preliminare bilaterale, anche il contratto preliminare unilaterale possa essere trascritto.
Ora, sulla base di quanto statuito dalla Suprema Corte mediante la pronuncia richiamata, ed altre correlate, è possibile affermare che il contratto preliminare unilaterale, dovendosi considerare, a tutti gli effetti, un vero e proprio contratto preliminare, possa, in quanto tale, essere soggetto a trascrizione.
Fermo quanto sopra, la dottrina maggioritaria, sebbene in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali più recenti, ritiene che tale trascrizione sia ammissibile unicamente a condizione che la parte che si obbliga sia anche la stessa ad avere la titolarità del bene.
A parere di chi scrive tale limitazione non sembra coerente con i caratteri ormai consolidati dell’istituto in commento e, tra l’altro, contraria agli usuali interessi di un promittente venditore.
Individuati ed analizzati gli elementi che caratterizzano la fattispecie del contratto preliminare unilaterale, è ora possibile soffermarsi sui rimedi che l’ordinamento prevede, a tutela della parte lesa, in caso di mancata sottoscrizione del contratto definitivo.
Se è vero, infatti, che in presenza di un contratto preliminare bilaterale, ferma l’azione di risoluzione, entrambe le parti possono agire, in caso di inadempimento dell’altra, per l’esecuzione in forma specifica ex articolo 2932 c.c., è anche vero che nell’ipotesi di un contratto preliminare unilaterale, tale facoltà non può, di fatto, essere riconosciuta ad entrambi i contraenti.
Soltanto colui che si è obbligato alla stipula del contratto definitivo, infatti, è tenuto ad adempiere all’obbligazione di contrarre.
Ne discende che, solo in caso di inadempimento della parte obbligata, l’altra parte potrà domandare al giudice di pronunciare una sentenza volta a sostituire gli effetti del contratto definitivo non concluso (art. 2932 c.c.).
A ciò si aggiunga che la stessa Corte di Cassazione, con sentenza n. 8488 del 22 giugno 2000, ha precisato, nell’ambito delle garanzie a tutela dell’adempimento contrattuale, che “quando il contratto non vincola entrambi i contraenti” – come nel caso di un contratto preliminare unilaterale – “la dazione di una somma da parte del contraente non ancora obbligato, ancorché qualificata come dazione a titolo di caparra confirmatoria, assolve solo la funzione di versamento di un acconto nel prezzo”, non potendosi ravvisare alcun tipo di inadempimento in capo allo stesso.
Da ultimo, ci si chiede quali siano le sorti delle obbligazioni diverse dall’obbligo di contrarre in capo alla parte “non vincolata” (si pensi, ad esempio, a delle obbligazioni di pagamento non correlate ad un saldo prezzo), in tema di contratto preliminare unilaterale.
Sulla base delle osservazioni qui riportate, si ritiene che tali obbligazioni vivano di vita propria e, per l’effetto, il relativo inadempimento sarà soggetto alle consuete azioni che l’ordinamento permette.
In conclusione, possiamo affermare come il contratto preliminare unilaterale, seppur meno utilizzato rispetto ad altri istituti affini, sia uno strumento comunque in grado di condurre, sulla base del caso concreto e delle esigenze della parte assistita, a risultati favorevoli per quest’ultima.
Ciò che non possiamo affermare, invece, è che tali risultati favorevoli siano reciproci, tenuto conto che il contratto preliminare unilaterale è destinato a condizionare, di fatto, l’equilibrio contrattuale.
A cura della Dott.ssa Alessandra Mazzocchi, associate Militerni Law Firm
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