Si stringe la morsa penale sulle multinazionali attive in Italia. Nel corso degli ultimi due mesi, secondo quanto raccolto da TopLegal.it, sarebbero almeno una quarantina i casi di apertura di indagini a carico di top manager internazionali per «omessa dichiarazione dei redditi». L’ipotesi di reato si lega all’accertamento, da parte della Guardia di finanza, di strutture che rientrerebbero nella fattispecie di «stabile organizzazione occulta» in Italia, situazione per la quale basta una bassissima soglia di imponibile evaso (alcune migliaia di euro) per aprire le porte alla giustizia penale. «Creando situazioni – spiega Maricla Pennesi (nella foto), head of Tax di Dla Piper – piuttosto paradossali, nelle quali un manager fatica a comprendere come è finito in un problema che non si prospetta né breve né semplice». Da un lato, è evidente la forza persuasiva di un tale attacco penale, dopo il quale la multinazionale è pronta a scendere rapidamente a patti. Dall'altro, è anche facile intuire quale sia la reazione nei confronti del sistema Paese. Al punto che l’American chambre of commerce pare abbia attivato un monitoraggio in merito.
Le attuali iniziative sono il risultato dell’escalation della strategia di attacco ai cosiddetti grandi contribuenti avviata da due anni a questa parte dal Fisco italiano. Il concetto di stabile organizzazione occulta deriva da situazioni in cui un gruppo estero ha magari un supporto in Italia, ma vende direttamente da aziende che stanno (e pagano le tasse) oltre confine. Le soglie per finire fuori gioco (penalmente) sono assai più basse rispetto alla «dichiarazione infedele». E l’organizzazione occulta viene fiutata attraverso interviste a clienti e fornitori. Ai quali viene chiesto: «Lei ha un contatto in Italia?». In caso di risposta positiva, scattano i guai. E arrivano direttamente al legale rappresentante all’estero.
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