Il 26 febbraio 2021, a ridosso dell’insediamento del Governo guidato da Mario Draghi e nell’attività di riorganizzazione propria di ogni esecutivo in fase di insediamento, il Consiglio dei Ministri approvava il c.d. “decreto-legge Ministeri” (d.l. 1° marzo 2021, n. 22). Con il provvedimento in parola nasceva ufficialmente il “Ministero della Transizione Ecologica”, in sostituzione del precedente “Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare”.
La novità principale rispetto al – comunque giovane – predecessore, del quale ogni competenza veniva intanto assorbita, poteva individuarsi nell’addizionale attribuzione di alcune delle competenze chiave nel processo della transizione ecologica, inerenti in larga misura al settore energetico e prima assegnate al Ministero dello Sviluppo Economico.
Nemmeno due anni – e un governo – dopo, il 4 novembre 2022, l’esecutivo attualmente in carica, provvedeva a rinominare lo stesso Ministero, di nuovo mutando la sua denominazione in “Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica”.
Già soltanto prendendo a riferimento la repentina evoluzione nominativa del richiamato Ministero, appare possibile arguire, in maniera tanto sintetica quanto – auspicabilmente – efficace, con quanto zelo e applicazione i principali attori istituzionali si stiano dedicando al tema. A oggi, infatti, quello della transizione ecologica è senza ombra di dubbio tra gli argomenti più suffragati dall’impegno di ricerca delle scienze empiriche, tra i più capaci nello scuotere la sensibilità sociale e, di conseguenza, tra quelli maggiormente destinatari delle attenzioni dalla regolazione giuridica.
La riflessione appena compiuta non può che corroborarsi se si volge lo sguardo alla normativa “di Ripresa e Resilienza”.
Tanto nella dimensione comunitaria (Next Generation EU - NGEU), quanto nella discendente applicazione nazionale (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - PNRR), difatti, la transizione ecologica (di cui la sicurezza energetica è, nei fatti, coessenziale corollario) costituisce uno dei pilastri deputati a erigere e sostenere lo sviluppo del sistema – unitariamente considerato – programmato per i decenni immediatamente a venire.
Con ciò distaccandosi dagli obiettivi riparatori dei danni connessi all’imprevedibile fenomeno pandemico che ne hanno determinato la nascita, il Piano individua esplicitamente tra i suoi (tre) obiettivi principali anche la compiuta realizzazione di tale (necessaria e ineludibile) transizione. Basti osservare la sua struttura; diviso in sei distinte Missioni, la seconda (Missione 2 - M2) passa sotto il titolo di “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”.
In termini estremamente sintetici, la Missione, alla quale sono destinati circa 70 miliardi, si prefigge di colmare le lacune strutturali che ostacolano il raggiungimento di un nuovo e migliore equilibrio fra natura, sistemi alimentari, biodiversità e circolarità delle risorse, in linea con gli obiettivi del Piano d’azione per l’economia circolare varato dall’Unione europea.
È articolata in quattro Componenti, ognuna precipuamente dedicata a tematiche tra loro diverse ma, comunque, tutte orientate dalla medesima direttrice.
Tra i protagonisti istituzionali deputati al compimento della Missione è indubbio che, oltre al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A. sia investito di un ruolo cruciale.
Il GSE, sin dalla sua costituzione, è infatti il soggetto scelto dall’ordinamento nazionale per l’esercizio delle funzioni pubbliche correlate – tra l’altro – alla diffusione delle energie da fonte rinnovabile e alla promozione dell’efficienza energetica nei suoi diversi, possibili aspetti. Funzione che – è evidente – si inserisce a pieno titolo nel processo di evoluzione sostenibile che l’intero panorama comunitario (e, di seguito, quello nazionale) è intenzionato a percorrere.
Per tali motivi, nell’attuazione del Piano, il Gestore ha visto assegnarsi dalla normativa primaria il compito di concretizzare molte delle iniziative definite dalla Missione, così occupando un ruolo attivo in pressoché ognuna delle sue Componenti (fatta eccezione per l’ultima, “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, che esula dalla sfera di competenza sua propria).
Più in dettaglio, gli investimenti di competenza del GSE riguardano:
- lo sviluppo dei sistemi di teleriscaldamento (Missione 2, Componente 3 del PNRR);
- il “parco agrisolare” (Missione 2, Componente 1);
- la produzione di biometano (Missione 2, Componente 2);
- le infrastrutture di ricarica nei centri urbani (Missione 2, Componente 2);
- le infrastrutture di ricarica nelle superstrade (Missione 2, Componente 2).
Analizzandoli singolarmente, nella miscellanea degli strumenti tecnologici designati per garantire il conseguimento degli obiettivi ambientali del prossimo decennio, il teleriscaldamento (sub a.) gioca un ruolo fondamentale: le sue capacità di integrare l'efficienza con l'uso delle fonti rinnovabili e di ridurre le emissioni inquinanti lo rendono un mezzo di assoluto pregio.
Per sfruttare questo potenziale, le risorse del PNRR verranno – e vengono – impiegate nel finanziamento di progetti di costruzione di nuove reti nonché di estensione di reti di teleriscaldamento esistenti.
Dalla normativa applicativa (Avviso pubblico del 28 luglio 2022, Ministero della Transizione Ecologica) emerge come la priorità sia data allo sviluppo del teleriscaldamento efficiente, vale a dire quello basato sulla distribuzione di calore generato da fonti rinnovabili, da calore di scarto o cogenerato in impianti ad alto rendimento.
Il target della misura corrisponde allo sviluppo di 330 km di reti di teleriscaldamento efficiente e alla costruzione di impianti o connessioni per il recupero di calore di scarto per 360 MW, ipotizzando che il 65% delle risorse sia allocato per le reti (costo 1,3 mln a km) e il 35% circa sia dedicato allo sviluppo di nuovi impianti (costo di 0,65 mln a kW).
Come evidenziato dallo stesso Gestore, il raggiungimento del target consentirebbe di conseguire benefici di tipo energetico-ambientale pari a 20ktep annui di energia primaria fossile risparmiata e 0,04MtCO2 di emissione di gas serra evitati nei settori non ETS ogni anno.
La misura “Parco Agrisolare" (sub b.), invece, intende sostenere gli investimenti per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica solare fotovoltaica nel settore agricolo e agroindustriale, escludendo il consumo di suolo.
Più segnatamente, prevede la selezione e il finanziamento di interventi di acquisto e posa in opera di pannelli fotovoltaici sui tetti di fabbricati strumentali all'attività delle imprese beneficiarie. Unitamente a tale attività, e sempre al fine di migliorare l’efficienza energetica delle strutture operate, possono essere eseguiti interventi complementari di riqualificazione dei fabbricati di vario tipo.
Il Gestore ha programmato di poter assegnare le risorse dedicate alla misura in tre annualità (le tre successive alla sua applicazione e, perciò, 2022, 2023 e 2024), dedicando una disciplina applicativa propria (un bando puntualmente pubblicato con cadenza annuale) a ognuna di esse.
La terza misura, sub. c., in soluzione di continuità con la disciplina inaugurata dal d.m. 2 marzo 2108, ha l’obiettivo di sostenere gli investimenti per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di biometano e per la riconversione, totale o parziale, di impianti esistenti a biogas.
La disciplina (definita dal d.m. 15 settembre 2022) promuove l'incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale attraverso un sostegno in conto capitale (pari al massimo al 40% delle spese sostenute) e un incentivo in conto energia (tariffa incentivante applicata alla produzione netta di biometano).
E infine, l’installazione di infrastrutture di ricarica elettrica, e nei centri urbani (sub. d.), e nelle superstrade (sub. e.), persegue l’obiettivo di realizzare, entro il 2025, ventunomila infrastrutture di ricarica; in coerenza con le misure di sostegno agli investimenti previste dal PNRR, il d.m. n.10 del 12 gennaio 2023 consente l'accesso alle risorse previste dal PNRR per incentivare la realizzazione nei centri urbani di almeno 13.755 infrastrutture di ricarica veloci per veicoli elettrici per il tramite di un sostegno in conto capitale per un importo non superiore al 40% delle spese ammissibili di cui all'articolo 7 del decreto medesimo.
Concludendo, le brevi considerazioni svolte in sede di introduzione, assieme alla sintetica illustrazione delle componenti di maggior rilievo per l’attività del Gestore, rendono di piana evidenza, al contempo, due aspetti: da un lato, la più che consistente fiducia riposta dal Legislatore – sia in fase emergenziale, sia nel presente – nel tentativo di attuazione della “rivoluzione verde”; sull’altro versante, per gli operatori economici, l’irrinunciabile possibilità di contribuire proficuamente a un processo di transizione che non può più concedersi arresti di sorta.
Avv. Paolo Roberto Molea
Studio Police & Partners
Il GSE nel PNRR - la Rivoluzione verde della Missione 2.pdfTAGS
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