Non è un’istituzione ancora pienamente compresa. Ma la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) di oggi è una realtà ben diversa dalla Cdp di ieri. In questa metamorfosi, frutto di un progressivo e repentino ampliamento del suo ambito operativo, la funzione legale ha assunto un ruolo di accresciuta rilevanza nell’ambito delle operazioni di sviluppo e, al contempo, di legittimazione della sua attività verso i molteplici stakeholder, attuali e potenziali. Un ruolo difficilmente rinvenibile in altre istituzioni finanziarie che ha richiesto un rafforzamento quantitativo dell’organico e qualitativo delle competenze e delle professionalità.
Se sul piano formale la trasformazione in società per azioni è avvenuta nel 2003, il punto di svolta sostanziale è arrivato nel 2008: con la crisi economica e finanziaria i Governi hanno fatto crescente affidamento su soggetti esterni alla pubblica amministrazione e hanno individuato negli “Istituti Nazionali di Promozione” (Cdp e le sue consorelle, quali KfW in Germania e Cdc in Francia) uno strumento di crescita. Ecco che da allora si sono succedute diverse iniziative normative che hanno ampliato l’ambito di intervento della Cassa a cui si è chiesto un deciso rinnovamento. Da soggetto che raccoglieva risparmio postale e lo utilizzava a favore degli enti territoriali a realtà che opera su diversi fronti: dagli enti pubblici e le infrastrutture alle imprese, dall’export e internazionalizzazione alla cooperazione internazionale allo sviluppo, dal supporto al capitale alle grandi partecipazioni strategiche, dal risparmio postale alle forme più innovative di raccolta sui mercati internazionali.
Un’evoluzione verso il ruolo di snodo cruciale per la crescita e l’innovazione del Paese, anche attraverso lo sviluppo di molteplici prodotti (finanziamenti, equity, garanzie). La Cassa è scesa in campo in operazioni di sistema quali, da ultimo, Progetto Italia, l’operazione finalizzata all’aggregazione, consolidamento e rilancio del settore delle costruzioni nel 2019, così come ha lanciato strumenti di finanziamento in favore delle imprese, innovativi e alternativi al canale bancario, quali i basket bond (operazioni di cartolarizzazione di minibond che consentono alle imprese di accedere direttamente al mercato di capitali). Nel complesso, il Piano Industriale 2019-2021 prevede 200 miliardi di euro in tre anni a supporto di imprese, infrastrutture e territorio.
Un allargamento del raggio di azione che, in considerazione del particolare quadro normativo e statutario che è proprio di Cdp, chiede anche ai consulenti esterni competenze plurime e piena consapevolezza delle peculiarità insite nella natura stessa di Cdp. «È necessario che il consulente sviluppi una specifica sensibilità: anche il migliore avvocato che non ha consapevolezza di che cosa siamo, del contesto in cui lavoriamo e delle sfide che abbiamo avanti, fa fatica», spiega in questa intervista esclusiva a TopLegal Alessandro Tonetti, dal 2016 chief legal officer di Cdp e, dall’ottobre 2018, anche vice direttore generale.
In questi anni di trasformazione per tipologia e complessità dell’attività, come sono cambiate le esigenze legali?
La funzione legale si è certamente arricchita per dimensione. Nel 2016 eravamo una ventina di professionisti e ora siamo oltre 50, con prospettive di ulteriore crescita, e abbiamo anche costituito la “famiglia professionale” di gruppo che comprende le altre direzioni legali delle società sottoposte a direzione e coordinamento. Allo stesso tempo abbiamo sperimentato un incremento qualitativo delle competenze: oggi non c’è branca del diritto che non sia in Cdp terreno di esame, approfondimento, confronto. Passiamo dal diritto societario a quello dei mercati finanziari, dal diritto amministrativo a quello ambientale, costituzionale ed europeo. Ma la nostra evoluzione non è il semplice e naturale cambiamento di chi è chiamato a fare altro, come un’impresa che entra in nuovi business. Nel nostro caso esiste un dato peculiare che informa tutta la nostra attività: la funzione legale non è mai una funzione semplicemente di supporto, ma ha la stessa rilevanza delle aree deputate a sviluppare il business, anzi talvolta è compito della funzione legale aprire nuove prospettive. Questo perché Cdp è una istituzione di confine, che combina profili di diritto comune e profili tipicamente pubblicistici. Basti pensare che, sul piano della governance, nel Cda siedono il Direttore generale del Tesoro e il Ragioniere generale dello Stato, con il Presidente della Corte dei Conti che assiste alle sedute, e che, sul piano dell’operatività quotidiana, si applicano pressoché tutte le complesse ed eterogenee branche del diritto.
Cosa significa questo nello specifico?
Abbiamo la consapevolezza che svolgiamo, in relazione alla raccolta del risparmio postale, un servizio di interesse generale. Siamo regolati da un quadro normativo (legislativo, regolamentare e statutario) unico che ci dice cosa possiamo fare e cosa no. In questo contesto è chiaro che la funzione legale è centrale. Tutte le nuove attività iniziano infatti con la valutazione di ammissibilità rispetto al quadro normativo e statutario. Se questo test non è superato non si prosegue nemmeno. Qui non trova applicazione il paradigma generale “è possibile fare tutto ciò che non è espressamente vietato” ma tendenzialmente il contrario, ossia “è possibile fare tutto ciò che è espressamente consentito”. La Cdp di oggi è la risultante, da un lato, di un progressivo e repentino ampliamento del suo ambito operativo, che sul piano legale ha richiesto maggiori risorse interne e ulteriori competenze e, dall’altro, di una permanente specialità, che richiede alla funzione legale di riconoscerla, combinandola però con i tratti distintivi di un operatore di mercato.
Come è strutturata e organizzata la direzione legale?
Dal 2016 abbiamo modificato la struttura per rendere l’organizzazione coerente con le nuove operatività. Le aree a riporto del chief legal officer si distinguono in aree “di business” e aree di “corporate affairs”. Le prime sono rappresentate da partecipazioni e finanza, guidata da Maurizio Dainelli, e da business&financing, guidata da Antonio Tamburrano. Le seconde sono rappresentate da coordinamento legale di gruppo e contenzioso, guidata da Francesca Fonzi, da supporto organi sociali, guidata da Alessia Di Giacomo, e da affari normativi e regolamentari, guidata da Fabio Di Cristina. I professionisti a cui è affidata la responsabilità delle diverse aree sono cresciuti internamente a Cdp ed evidenziano percorsi professionali diversi, a riprova della complessità di Cassa depositi e prestiti. Alcuni hanno maturato importanti esperienze presso studi legali (come Maurizio Dainelli, Antonio Tamburrano e Alessia Di Giacomo); altri importanti esperienze in contesti istituzionali (come Fabio Di Cristina); altri ancora provengono da altre realtà aziendali (come Francesca Fonzi). In questi anni la politica è stata quindi quella di valorizzare le competenze interne, anche con professionisti che hanno maturato esperienze in studi legali o provengono dal mondo istituzionale, guardando comunque con favore agli innesti esterni provenienti dal mondo societario, nella consapevolezza del fatto che Cdp è un unicum e che la funzione legale deve puntare a reclutare l’eccellenza.
Il contenuto integrale dell'intervista sarà pubblicato nel numero di febbraio-marzo di TopLegal Review, in uscita il 1° febbraio.