di Valentina Magri
«Investire nel private equity spesso diventa fare una sorta di “terapia” insieme all’imprenditore, nel bene o nel male». Così Marco Belletti, ceo di Azimut Libera Impresa (Ali) Sgr, secondo cui gli imprenditori sono come i “proprietari di casa” e i private equity sono come inquilini. Ciò implica che devono fare in modo che “l’appartamento” si valorizzi e che non si conduca una guerra come avviene a volte nelle assemblee condominiali.
Un ottimo management aziendale è cruciale affinché l’impresa sia in grado di gestire qualsiasi situazione, anche le più avverse. «Contano chimica, empatia, ma anche capacità, competenze, etica. Non vorrei sembrare paradossale dicendo che il business conta relativamente, ma chi lo gestisce è molto più importante», chiosa Belletti. Per un manager sono fondamentali la visione, la capacità di lavorare in squadra, di condividere le idee e metterle in discussione, delegare, anticipare le mosse. Oltre che un pizzico di coraggio.
Anche se dal canto suo, spesso l’imprenditore pecca d’incoscienza. «Fino a qualche tempo era diffidente verso i fondi di private equity, apriva a investitori esterni per quote rilevanti solo quando voleva cedere l’attività, oggi c’è maggiore consapevolezza che l’investimento di un fondo contribuisce non solo con capitale finanziario ma anche umano, con competenze che sono a beneficio della crescita dell’azienda», sottolinea il ceo. L’Italia per gli investitori in private equity è attrattiva perché il tessuto imprenditoriale è composto di pmi, con un alto livello di risparmi.
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