Integrated Governance Conference

Il punto su buon governo e sostenibilità

Alla presenza di oltre 150 persone, sono stati presentati i risultati del primo osservatorio sulla governance della sostenibilità realizzato da TopLegal ed ETicaNews con il supporto scientifico di Nedcommunity, Methodos e Sodali

23-06-2016

Il punto su buon governo e sostenibilità



Oggi, presso il Centro Svizzero di via Palestro a Milano – alla presenza di oltre 150 persone in sala e trasmesso in diretta streaming – si è tenuto l’Integrated Governance Conference, il convegno di presentazione dei risultati del primo osservatorio sull’Integrated governance lanciato da TopLegal e ETicaNews, con i partner scientifici Nedcommunity, Methodos e Sodali.

L’integrated governance è la sfida più innovativa per chi si occupa del governo delle aziende, per gli investitori e per gli stakeholder. E assume anche maggior rilevanza in relazione alle recenti disposizioni normative in tema di trasparenza e rendicontazione (su tutte, la Direttiva 2014/95 sull’obbligo di reporting delle informazioni non finanziarie, che dovrà essere recepita dai Paesi partner, Italia inclusa, entro il 2016).

Tre le ricerche presentate oggi, focalizzate su 40 aziende quotate sul Ftse-Mib, delle quali è stato preso in esame il livello di governance integrata, cioè di governance in chiave sostenibile e di lungo periodo. La prima ricerca è stata condotta presso le società quotate nel segmento Ftse-Mib; la seconda presso i consiglieri indipendenti; infine la terza presso gli investitori istituzionali e internazionali.

Ogni tavola rotonda ha previsto il contributo di un’azienda coinvolta nel progetto Integrated Governance Index; un advisor; un investitore istituzionale; un rappresentante istituzionale e uno studio legale (Dentons, Gianni Origoni Grippo Cappelli e BonelliErede).

 

INTEGRATED GOVERNANCE INDEX
In una prima tavola rotonda, moderata da Luca Testoni di ETicaNews, sono stati discussi i risultati dell’Integrated Governance Index, realizzato da ETicaNews e TopLegal attraverso il coinvolgimento delle 40 società del Ftse Mib. 
La tavola ha visto l’intervento di: Gian Paolo Ruggiero, Ministero dell'Economia e delle Finanze; Federico Sutti, managing partner di Dentons; Maurizio Agazzi, direttore generale responsabile di Cometa; e Cristina Ungureanu, head of corporate governance a Eurizon Capital.

Anzitutto è stato notato che la partecipazione all’Index è stata eterogenea, segno secondo Cristina Ungureanu del fatto che non vi è una barriera dimensionale ad affrontare la tematica della governance. Una posizione netta, in tal senso, è stata assunta anche da Ruggiero, impegnato sull’attuazione della direttiva “disclosure of non financial information” e sull’estensione degli obblighi informativi anche alle micro imprese perché – come ha sottolineato – il reporting ha valore sia per l’azienda sia per il territorio.

Entrando nel merito della ricerca, l’Index ha rivelato una situazione molto eterogenea anche in termini di punteggi, con un 20% delle aziende capaci di attestarsi nel terzile più alto, ma con oltre il 50% di imprese che sta sotto la mediana. Anche in termini di settori sono notevoli le differenze, con i risultati migliori appannaggio di energia (64,25 di punteggio medio) e banche (58,05 di punteggio medio). Il risultato positivo in un settore come quello bancario è stato letto da Maurizio Agazzi di Cometa come connaturato alla sua maggiore regolamentazione. Mentre ci si dovrebbe auspicare una maturazione rispetto alla pressione esterna derivante dai media e dal regolatore. Guardando ai singoli ambiti di analisi, invece, va segnalata l’eterogeneità delle risposte per quanto alle retribuzioni (legate agli Esg), dove nessuno ha preso il punteggio pieno (30 punti), e anzi ci si è fermati a 24,2 punti; mentre nell’ambito dell’integrazione della sostenibilità nelle strategie ci sono stati un paio di en plein (20 punti).

Sul fronte dei comitati del board in termini di sostenibilità, ancora punteggi molto bassi. Entrando nel merito dei board, Federico Sutti ha sottolineato l’effettiva mancanza spesso di una separazione adeguata tra shareholder e manager, rivolgendo poi un’autocritica alla categoria dei professionisti del Foro, che spesso ricoprono il ruolo di consiglieri di una società dei quali sono anche consulenti. Bisogna inoltre non perdere di vista le caratteristiche del capitalismo italiano e i problemi complessi che fa sorgere, secondo Sutti. «Serve pragmatismo in Italia e distinguere, quando si parla di obiettivi di governance, tra l’aspetto culturale (filosofico, soggettivo, incerto) e quello tecnico (parametri oggettivi perché misurabili)».

 

INTEGRATED GOVERNANCE E CONSIGLIERI INDIPENDENTI
La seconda tavola rotonda, moderata da Elena Bonanni di ETicaNews, è partita dai risultati della ricerca realizzata da Nedcommunity e Methodos presso gli oltre 300 appartenenti al network dei consiglieri indipendenti e dei sindaci associati a Nedcommunity.

Hanno preso parte al dibattito Margherita Bianchini, Deputy Director General and Head of Corporate Legal Affairs di Assonime; Matteo Bosco, Head of Business Development Switzerland and Southern Europe di Aberdeen; Sabrina Bruno di Nedcommunity;Umberto Nicodano, partner di BonelliErede e Lucia Silva, Group head of Social Responsibility di Generali.

Anche in questo caso, il sondaggio ha avuto una buona redemption: 93 questionari, pari al 22% del campione (per il 68% dei casi attivi in società quotate), disposti a esprimere la propria opinione sui modelli di governance “visti dall’interno”. Emerge un quadro a luci e ombre. Per un verso, le risposte indicano una certa conoscenza (e condivisione) delle tematiche di integrated thinking: una buona maggioranza, il 63%, dichiara di avere noto il modello di creazione di valore generato dall'azienda attraverso i "6 capitali" (economico e finanziario, manifatturiero, sociale e relazionale, naturale, umano e intellettuale); il 69% dice che il livello di expertise dei componenti del board è condiviso con gli stakeholder. Ma sono percentuali con notevole margine di miglioramento. Soprattutto se, come sottolineato da Lucia Silva di Generali, si tenesse in conto che «non c’è alcuna dicotomia tra profitto e governance. E che, anzi, più che di criteri non financial si dovrebbe parlare di criteri pre financial», perché questi criteri dovrebbero essere a monte dei processi.

Invece, emerge un board ancora non del tutto consapevole della necessità di azione “integrata” sulle strategie di lungo termine. Solo nel 34% dei casi il Cda definisce e approva la vision aziendale e gli orientamenti strategici di lungo periodo. Umberto Nicodano ha sottolineato come il ruolo dei legali all’interno dei board in qualità di consiglieri debba consistere anche nella sensibilizzazione delle aziende sui temi della governance, sottolineando che comunque «ora c’è più consapevolezza dell’importanza della governance di quanto non sembri». Una posizione abbracciata anche dalla testimonianza di Matteo Bosco, che ha raccontato come una società - grazie al dialogo tra investitori e impresa – abbia desistito dall’operare nel settore delle armi.



IL GIUDIZIO DEGLI INVESTITORI ISTITUZIONALI

La terza tavola rotonda, con la moderazione congiunta di Luca Testoni e Carlo Festa del Sole 24 Ore, è partita dalla ricerca realizzata da Sodali presso 10 investitori internazionali, che hanno in gestione asset per 5.500 miliardi di euro. Al dibattito hanno preso parte Roberto Cappelli, name partner di Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners; Pietro Gasparri, membro del board di Aiaf (Italian Association of Financial Analysts); Elisabetta Magistretti di Nedcommunity; Massimo Menchini, Direttore delle Relazioni Istituzionali e della Corporate Governance di Assogestioni; e Marco Reggiani, Direttore Affari Legali, Societari e Compliance di Snam.

Il punto di partenza è che il 100% di essi denuncia che “le società non stanno fornendo una disclosure sufficiente per consentire agli investitori una integrated governance analysis”. Una denuncia pesante, se si considera che la totalità degli investitori interpellati “ritiene l’integrated governance come la pietra miliare per una miglior governance”. Non solo. Il 70% degli investitori implementa un modello di “integrated governance” nelle decisioni di investimento, ossia integra “pienamente” i temi legati alla sostenibilità nei modelli di investimento su tutte le asset class e i fondi. Uno dei problemi rilevati più diffusamente dagli investitori è che «c’è troppa informazione dispersa in vari format», mentre l’esigenza è quella di «vedere le informazioni materiali tutte insieme».

Roberto Cappelli ha riportato l'attenzione della platea sul contesto italiano paragonandolo metaforicamente a una lunga carovana che attraversa il deserto alla cui guida c’è una piccola testa di grandi società più aperte alla governance, ancora poche rispetto alla lunga coda di chi non lo è. Tra le aziende in testa c’è sicuramente Snam che – come sottolineato da Reggiani – «ha fatto della governance l’elemento centrale della sua cultura». Interessante, infine, l’osservazione di Cappelli su come la diversity favorita dall’introduzione delle quote rosa nei board stia contribuendo a un miglioramento della situazione e una maggiore sensibilizzazione sui temi. Di contro, però «si tende ancora a un ossequio formale che perde sostanza: le troppe informazioni a volte riflettono la norma ma non centrano i suoi obiettivi». Fenomeno che Cappelli ha definito «eterogenesi dei fini». 

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BonelliErede, Dentons, Gianni & Origoni RobertoCappelli, UmbertoNicodano, FedericoSutti, PaoloRuggiero, MarcoReggiani, MassimoMenchini, MargheritaBianchini Assonime, Generali, Assogestioni, Snam, Aberdeen Asset Management, Eurizon Capital


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