L’avvio lento del mercato delle Ipo in Europa non deve far temere per il futuro. Il settore finanziario, le nuove tecnologie e il made in Italy di qualità guidano la ripresa, già visibile nel secondo trimestre.
Secondo l’analisi “Ipo Watch Europe” condotta da Pwc, nel primo trimestre 2019 sono 53 le Ipo finalizzate in Europa, le quali hanno raccolto 12,1 miliardi di euro. Il dato mostra ricavi in calo del 47% rispetto al primo semestre del 2018. Gli esperti ritengono che le ragioni di questa decrescita risiedono nelle forti incertezze scaturite dalla Brexit e, in generale, a ragioni di natura macroeconomica e di rischi percepiti a livello di singolo Paese o di sistema economico nel suo complesso. Secondo Ugo Orsini (in foto a sinistra), socio del dipartimento capital markets di Linklaters, è difficile dare una lettura univoca a questi dati. Una possibile chiave interpretativa è la maggiore selettività del mercato abbinata a un rinnovato interesse degli investitori in un contesto sociopolitico ed economico caratterizzato da forte instabilità. Nella seconda parte del 2018 e all’inizio del 2019 l’attenzione si è focalizzata, a livello domestico così come internazionale, su questioni politiche e macroeconomiche. Un processo di Ipo richiede tempo e quindi è abbastanza fisiologico che ci possa essere uno scostamento temporale tra miglioramento della situazione generale ed effettivo accesso al mercato. «Per quanto attiene all’Italia – spiega Augusto Santoro (in foto a destra), partner e responsabile del dipartimento equity capital markets di Simmons & Simmons – il calo è da addebitarsi anche a un minore apporto dato dagli incentivi alle quotazioni, nonché al rischio percepito dagli investitori esteri rispetto alla nostra situazione politica». Per esempio, con riferimento alla disciplina dei Pir, si segnala un cambiamento di regime normativo meno favorevole rispetto al passato.
Nonostante i dati poco incoraggianti dei primi mesi dell’anno, sia a livello italiano che europeo, il secondo trimestre del 2019 sembra decisamente più promettente. A spingere la crescita in Italia gioca un ruolo fondamentale la quotazione di aprile scorso del colosso Nexi, per un valore di oltre 2 miliardi. «In linea di principio – aggiunge Santoro di Simmons & Simmons – il secondo trimestre dell’anno rappresenta una finestra per definizione più favorevole del primo in virtù, oltre a ragioni di natura regolamentare, dell’esigenza per gli investitori di verificare che i conti delle quotande chiudano con trend positivi di crescita».
Secondo il menzionato report di Pwc, il settore più dinamico nel primo semestre 2019 resta quello finanziario che registra valori per 5,2 miliardi di euro, pari al 43% della raccolta europea (di cui 4,7 miliardi raccolti solo nel secondo trimestre). Oltre a quello finanziario, i settori maggiormente dinamici sono quelli collegati alle nuove tecnologie, soprattutto di natura informatica, legati all’intelligenza artificiale o anche old economy in grado di “svecchiarsi” grazie all’apporto di nuovi ritrovati della tecnologia. Proprio il successo di Nexi, per esempio, è dovuto al fatto che si tratta di una società che ha saputo transitare dal settore puramente finanziario a quello tecnologico, che tipicamente assume valorizzazioni più alte rispetto a settori maturi. «Lusso e industria a valore aggiunto in senso ampio – aggiunge Orsini di Linklaters – sono settori dove la “qualità” e “l’italianità” si confermano un valore riconosciuto dagli investitori e hanno le carte in regola per distinguersi in un mercato comunque selettivo».
Cosa dovremo aspettarci nel secondo semestre, dove le finestre di luglio e dicembre sono tipicamente quelle con maggiori code? Secondo Santoro, potrebbero arrivare maggiori matricole sul mercato regolamentato, che fanno sperare in un incremento dei valori complessivamente intesi. «Il prossimo semestre, quantomeno in Italia – rileva Orsini – potrebbe riservare alcune sorprese e comunque costituirà un banco di prova importante per capire le tendenze del 2020».
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