Non sono mai mancati i pronostici sulle imminenti trasformazioni del mercato legale. Negli anni Novanta, una finanza globale in arrivo doveva stravolgere il potere degli studi italiani; vent’anni dopo, la stessa finanza, questa volta in crisi, doveva stritolare gli studi internazionali. Sappiamo che le cose sono andate diversamente. Tuttavia, se stabilire un nesso causale tra i mutamenti dell’economia e quelli del settore legale è spesso azzardato, talvolta le previsioni più circoscritte hanno maggiore possibilità di materializzarsi, come appare evidente dalle evoluzioni del settore Lavoro.
Da quanto emerge dalla ricerca appena conclusa dal Centro Studi TopLegal, le novità del contesto normativo che riguardano il Lavoro avranno un effetto diretto e quasi immediato sui giuslavoristi. Semplificando, i cambiamenti significano meno politica e più economia. Con il Jobs Act, si passa dal primato del contenzioso ad uno scenario in cui la consulenza come strumento di prevenzione del rischio diventa centrale. Con la riforma, l’asse della cultura del lavoro si sposta verso standard internazionali, favorendo così studi che, per modello organizzativo, tengono il passo con gli investimenti e l’imprenditoria altrettanto internazionali. Si prospetta di conseguenza un rovesciamento degli equilibri tra studi di nicchia, fino a ieri padroni del mercato, e i loro concorrenti con servizio integrato che prima faticavano ad affermarsi. Questo rovesciamento ha soprattutto un’espressione geografica. La piazza di Roma, con le sue aziende pubbliche e para-pubbliche ormai alla frutta, è destinata all’esaurimento. Tra le boutique capitoline, secondo i giuslavoristi, prospereranno solo le insegne ultra-specializzate e di altissimo livello che riescono a mantenere una reputazione assoluta presso i dirigenti dell’economia di Stato. Molte altre piccole squadre potrebbero vedersi inglobate in strutture in cui il baricentro non è il Lavoro bensì il societario.
Oltre a questo rovesciamento, il settore Lavoro contribuirà ad accentuare una polarizzazione del mercato e del servizio al cliente già in atto in altri ambiti – nelle recenti trasformazioni del penale commerciale, per esempio – e che sta allontanando la difesa legale tradizionale da un approccio orientato ai progetti strategici dell’impresa. Da una parte, uomini e donne del tribunale continueranno a portare avanti una tradizione del diritto che fa riferimento al razionalismo e al formalismo caratterizzante la professione italiana; un insieme di promulgazioni scientifiche e analitiche autoreferenti con logiche impermeabili alle pressioni economiche del mondo degli affari. Nella sua esercitazione tipica, questa tradizione predilige la padronanza dei principi giuridici e l’applicazione deduttiva di norme per accertare e consigliare sulla legalità di una situazione. Dall’altra, vi sono i consiglieri degli affari e del processo di crescita – dell’imprenditore oltre che dell’azienda in sé – orientati a prevenire i rischi e a creare soluzioni a favore dei progetti strategici dell’azienda, obiettivi che non possono prescindere dalla conoscenza dell’attività e del settore in cui opera il cliente.
La crisi degli ultimi anni ha recato un appiattimento del mercato con la convergenza degli attori sugli stessi mandati e la concorrenza di tutti contro tutti. In attesa della ripresa economica, le riforme dell’economia italiana stanno aiutando a fare riemergere le distinzioni.