Dallo scorso luglio ha sostituito alla guida della business unit real estate del suo studio uno dei professionisti più riconosciuti del settore, Umberto Borzi. E la sua nomina, secondo quanto rilevato dalla ricerca real estate di TopLegal, che sarà pubblicata sul prossimo numero della rivista, non ha ancora del tutto convinto gli addetti ai lavori e i professionisti del settore immobiliare. Parliamo di Giuseppe Andrea Giannantonio (in foto), fino al 2009 guida del dipartimento tax di Chiomenti e tuttora socio del fiscale. Una svolta che apparentemente potrebbe avere anche delle conseguenze sull'indirizzo strategico della business unit. Ne abbiamo parlato con lui.
Quali sono le ragioni della sua nomina a guida del real estate?
Sicuramente il riconoscimento di tanti anni in cui ho assistito clienti di questo settore. Occorre però considerare che il mio ruolo è di servizio e supporto agli altri soci della business unit real estate di cui dovrò curare il coordinamento e che necessita di un impegno particolarmente intenso, dovendo favorire il migliore servizio di un'attività assolutamente interdisciplinare.
Cosa è cambiato nel mercato?
La realizzazione delle operazioni è diventata più complessa e i clienti più sofisticati. Alcune aree di expertise come il regolamentare, il fiscale e l’amministrativo sono divenute fondamentali per la strutturazione delle operazioni e l’offerta di un’assistenza legale a 360 gradi ed è questo che il mercato ora ci chiede.
Questo non porta il dipartimento real estate verso un indirizzo esclusivamente fiscale?
Il fatto che la mia esperienza sia in materia fiscale non deve certamente essere il driver del dipartimento. L’esigenza di strutturazione degli investimenti e la valutazione delle implicazioni di natura fiscale e regolamentare sono sempre di più alla base delle scelte degli investitori. Le nuove normative di origine comunitaria (Aimfd) o nazionale (Siiq) offrono molti benefici fiscali a fronte di vincoli regolamentari, societari o requisiti soggettivi. A valle di questo le operazioni immobiliari si svolgono nella medesima maniera, come prima.
Si tratta di un'esigenza del mercato?
Sì. Gli investitori che investono ingenti somme nel real estate sono fortemente regolamentati in altri Paesi e godono nei loro Paesi di origine quasi sempre di regimi fiscali agevolati. Si tratta di fondi pensione, fondi sovrani, assicurazioni, Reits. La variabile fiscale e quella regolamentare incidono sulle decisioni di investimento (in differenti aree geografiche) in quanto incidono sui ritorni. Molti requisiti di natura fiscale si basano sul rispetto dei requisiti regolamentari e da qui i costi di struttura possono lievitare molto.
Quindi c'è stata un'integrazione operativa maggiore tra il dipartimento fiscale e regolamentare e il real estate?
Certo. Noi abbiamo sempre avuto una struttura non tanto a dipartimento piuttosto a business unit. Il real estate raccoglie soci provenienti da diverse aree di esperienza: corporate, regolamentare, normativa, fiscale, amministrativa, urbanistica, finanza. I soci che partecipano a questa business unit vengono dalle rispettive aree di competenza. Il coordinamento di queste aree è quanto ci chiedono i clienti per una assistenza a 360 gradi.
Perché le due aree sono diventate così centrali?
Per alcuni clienti il fiscale e il regolamentare possono essere l’ago della bilancia per far protendere la richiesta di assistenza a uno studio rispetto che a un altro.
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