L’integrazione di tecnologie di telecomunicazione all’interno dei prodotti industriali è uno dei maggiori trend del momento. Non solo gli smartphone, ma anche le automobili e gli elettrodomestici sono sempre più “interconnessi”. Secondo Vittorio Cerulli Irelli, socio di Trevisan & Cuonzo, tali prodotti per funzionare hanno bisogno di tecnologie “essenziali” – che ne permettono l’interfaccia con le reti di telecomunicazione –, a loro volta protette da brevetti “essenziali”. Ma questi brevetti, proprio in quanto essenziali, possono dare un fortissimo potere di mercato al loro titolare, con il rischio di mettere in grave difficoltà l’impresa che abbia necessità di accesso a quella particolare tecnologia. Soprattutto se si considera che le tecnologie “essenziali” che è necessario implementare per potersi connettere alle reti di telecomunicazione sono numerosissime, con conseguente moltiplicazione di questi problemi e dei relativi costi.
Per le imprese che guardano alla “connettività”, la disciplina dell’Ip risulta dunque strettamente correlata con quella antitrust. L’antitrust, come sottolineato da Gabriele Cuonzo, partner e socio fondatore di Trevisan & Cuonzo, è una practice che negli ultimi vent’anni è cresciuta in modo esponenziale. Soprattutto per le imprese con un alto tasso di livello tecnologico, è un settore che può avere un impatto fortissimo sulla vita delle aziende, esposte a procedimenti antitrust che possono metterne a rischio la sopravvivenza. Proprio questi temi saranno oggetto di un incontro organizzato il 24 gennaio 2019, alla Samsung Smart Arena, da Trevisan & Cuonzo, studio attivo in materia di diritto commerciale e della proprietà intellettuale, con la media partnership di TopLegal (qui il link all’evento: Connettività e IoT: sfide Antitrust e Ip per le imprese).
Si tratta infatti di questioni di grande attualità, non solo per il settore della telefonia, ma per tutti i segmenti industriali interessati dall’utilizzo di tecnologie Ict. La peculiarità del diritto antitrust, in questo settore, è che ha un ruolo “difensivo”: entra in gioco per difendere l’imprenditore da attacchi brevettuali provenienti da altre aziende che cerchino, opportunisticamente, di estrarre rendite eccessive mediante la minaccia di provvedimenti giudiziali. Il diritto antitrust pone quindi una serie di obblighi in capo alle aziende che detengono brevetti essenziali, per riequilibrare il forte potere di mercato che altrimenti avrebbero i titolari dei brevetti. Al tempo stesso, è necessario che tale intervento non “getti il bambino con l’acqua sporca”, ossia che non si utilizzi il diritto antitrust per impedire il legittimo esercizio di brevetti essenziali nei confronti di quei soggetti che non abbiano intenzione di negoziare una licenza in buona fede. Assicurare un giusto equilibrio tra tali opposte esigenze è quindi altrettanto “essenziale”.
Al riguardo, si ha una disciplina uniforme a livello europeo, ma piuttosto uniforme anche a livello mondiale, con soluzioni che impongono ai titolari di brevetti essenziali l’obbligo di concedere in licenza tali brevetti, rispettando inoltre determinati obblighi di comportamento nei confronti degli utilizzatori; a loro volta questi ultimi sono sottoposti all’obbligo di negoziare, in buona fede, tale licenza. Ecco che, in questi casi, gli studi legali hanno un ruolo importante già in fase di pre-contenzioso, soprattutto nella fase di negoziazione del contratto di licenza e di definizione degli obblighi delle parti. Il diritto antitrust e il diritto brevettuale raggiungono qui un equilibrio molto delicato. Ed è opportuno, secondo Cerulli Irelli, tener conto delle esperienze già maturate negli anni soprattutto nel settore della telefonia, dove si sono già stabilite prassi consolidate.
Nello specifico ambito dei big data, per arginare gli squilibri di potere tipici delle tech companies, il diritto antitrust pone invece alcuni vincoli alla possibilità di aggregare grandi quantità di dati. Un’enorme aggregazione può avere, infatti, un forte impatto sulla possibilità di competere sul mercato (si pensi al caso dei veicoli a guida autonoma, la cui efficienza e sicurezza dipenderà sempre più dalla disponibilità di immensi quantitativi di dati, ad esempio sulla rete stradale e sul comportamento degli utenti). A tutela della concorrenza, l’autorità potrà quindi intervenire in materia di concentrazioni, nonché in materia di abusi di posizione dominante, valutando la possibilità di prevedere obblighi di accesso. Si tratta di temi di frontiera, su cui però le autorità antitrust europee stanno iniziando a interrogarsi.
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