La tecnologia sta ridisegnando il sistema finanziario, determinando profondi cambiamenti nel mondo delle banche e dei loro clienti. Se n'è parlato in occasione del 50° Congresso nazionale dell'Andaf (Associazione nazionale direttori amministrativi e finanziari), che si è svolto nelle giornate del 26 e 27 ottobre.
La crisi finanziaria iniziata nell’agosto 2007 ha modificato irrevocabilmente i rapporti tra banca e impresa. E non sempre le misure di sostegno adottate dalle istituzioni in favore delle imprese sono state risolutive. «Il 2008 ha rappresentato un punto di non ritorno, in cui si è creata una convergenza di cambiamenti su tre assi portanti: la tecnologia, i capitali e i modelli di business», sintetizza bene Paolo Zaccardi, Ceo di Fabrick, laboratorio per l’open banking di Banca Sella. Dal punto di vista tecnologico, l’iPhone 3G di Apple con la sua tecnologia pionieristica ha cambiato il modo in cui percepiamo i telefoni cellulari per sempre. I capitali sono stati messi a dura prova dalla crisi finanziaria e i modelli di business sono diventati di tipo collaborativo. «La creazione di valore nelle aziende – continua Zaccardi – a partire da un decennio fa ha iniziato a basarsi su asset distribuiti e decentralizzati, nel senso che si fa business su prodotti realizzati da altri. E questo grazie all’utilizzo di piattaforme digitali di collaborazione».
A complicare le cose per le banche è intervenuto anche il regolatore: «In ambito bancario la regolamentazione ha un impatto fortissimo per un verso sulla product governance e per un altro verso sull’informativa e la trasparenza verso la clientela», sottolinea Mauro Re, Cfo di Allianz Bank. Il maggior problema nel rapporto tra banca e azienda è individuato nella severità dei requisiti previsti per l’accesso al credito bancario e nella difficoltà ad accedere al credito in tempi rapidi e con la flessibilità richiesta da uno scenario sempre più complesso e dinamico. Difficoltà tanto più evidenti quanto l’azienda è dinamica e in crescita virtuosa. Questa situazione, che non è destinata a cambiare in meglio nel breve termine, rende necessario trovare nuove forma di finanziamento per lo sviluppo, anche sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Anche sul fronte della gestione delle ricchezze si profilano grandi cambiamenti. I rendimenti realizzabili con bassi livelli di rischio sono irrisori. I regulator continuano a spingere verso «offerte vincolate», mentre i clienti e i consulenti richiedono un ruolo più proattivo. I gestori, che si trovano quindi nell'epicentro di un cambiamento epocale, non potranno più guardare al passato, consapevoli che le passate esperienze non potranno costituire una ragionevole base per prevedere gli accadimenti futuri.
La digitalizzazione dei processi informativi permetterà un approccio sempre più nuovo alla produzione e all’offerta di servizi finanziari evoluti, efficienti e facilmente fruibili. Stare al passo con questi cambiamenti è diventata una condizione di sopravvivenza per tutti gli operatori dei mercati finanziari. «L’economia digitale richiede grandi cambiamenti per gli operatori finanziari, dove l’innovazione dovrà coesistere con la sostenibilità», sottolinea Re, evidenziando la necessità per gli operatori di partecipare alla costruzione di ecosistemi in cui gli istituti finanziari dovranno far convergere diversi servizi, un po’ come ha fatto Amazon, che pure si sta affacciando al mondo dei servizi finanziari.
Come fare a creare questi ecosistemi d’innovazione? Domenico Fumagalli, senior partner di Kpmg, suggerisce di partire alla costruzione dell’organizzazione del futuro: «Per poter parlare in maniera sostenibile di innovazione, l’innovazione deve entrare nell’organizzazione», afferma. Secondo Fumagalli bisognerebbe passare dai modelli piramidali ai modelli a rete, utilizzando logiche organizzative orizzontali al posto di modelli top down. «Oggi le aziende sono organizzate per controllare il capitale umano. Domani avranno successo solo quelle in grado di sfruttare al meglio il capitale umano attraverso meccanismi collaborativi che pongano al centro l’innovazione al posto del controllo». La sfida, quindi, è quella di organizzare un’azienda in modo che venga pervasa dalla cultura dell’innovazione, allineando la cultura delle big company all’agilità delle start up. «In futuro – prevede Fumagalli – avremo tanti piccoli team autonomi ma interconnessi. Per creare ecosistemi di sviluppo bisogna creare ecosistemi interni di innovazione».
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