Tre anni fa, in occasione del suo rebranding, questa rivista portava un editoriale sull’uso pletorico della comunicazione legale in Italia (“Quando non basta mettersi in vetrina”). Venivano sottolineati i pericoli della sovraesposizione degli avvocati d’impresa e della saturazione delle “notizie”. Secondo la nostra analisi le difficoltà degli studi legali si articolavano su due livelli. Il primo riguardava la comunicazione verso l’esterno e l’uso non decodificato e autoreferenziale di chi comunicava. Il secondo individuava la comunicazione interna e l’assenza del consenso tra colleghi che provocava l’uso personalistico dei media. Non ci siamo limitati alle sole mancanze dei professionisti. La responsabilità del depauperamento e della fungibilità dei contenuti ricadeva anche sugli editori.
Da allora qualcosa è cambiato. Sforzi per tradurre la comunicazione secondo il contesto e le logiche peculiari del comparto legale ce ne sono stati. Una comunicazione più istituzionale è stata possibile con la creazione di nuove strutture interne di comunicazione e la crescita di professionisti che hanno sostituito i comunicatori prestati alla professione legale. Tuttavia, il cosa e come comunicare restano ancora problematici.
La forte concorrenza e l’eccedenza dell’offerta dei servizi hanno concentrato le menti in questi anni sulla leva della comunicazione come mezzo per guadagnare spazi. Ma nel frattempo si è verificato nel sistema mediatico legale uno slittamento quasi impercettibile che ha indebolito la distinzione capitale tra comunicazione e informazione. Cosicché più i media hanno evidenziato l’attenzione verso gli studi professionali, più il problema della commistione si è accentuato.
La comunicazione è a servizio di chi comunica. Si pone come obiettivo principale, per non dire esclusivo, quello di persuadere e orientare il modo di pensare. Informare – quando non si tratta di un’opinione apertamente dichiarata come tale – comporta invece lo scambio di notizie e dati oggettivi secondo un metodo verificabile. Quando predomina una comunicazione che vuole sostituire in maniera integrale l’informazione, subiscono un danno e un impoverimento sia la comunicazione che l’informazione. Una comunicazione legale senza un’informazione legale gratifica solo chi comunica. Crea un vuoto in cui il messaggio incastrato in un loop rincorre se stesso, un gioco di specchi da cui difficilmente possono emergere le distintività tra attori. Non solo. Se l’editoria legale perde autorevolezza nei confronti dei suoi lettori, viene meno per necessità anche la credibilità che dovrebbe dare forza alla comunicazione degli studi legali.
La disintermediazione delle nuove tecnologie e le piattaforme social, con i professionisti stessi che diventano fonti di notizie, indica quanto il settore legale abbia ora abbracciato la comunicazione. L’attivismo dei professionisti e la proliferazione dello spazio mediatico a loro dedicato fa sì che oggi come mai prima serva un’intermediazione intellettuale per orientare il lettore bombardato di dati. È questo servizio di orientamento e di decodificazione che TopLegal Review vuole proporre a suoi lettori.
Per sostenere questo impegno abbiamo introdotto alcuni cambiamenti alla struttura della rivista a partire dal numero appena pubblicato (febbraio/marzo 2018). Con la sezione “Attualità”, che si articola nelle rubriche "Le mosse del mercato" e "Settori e mercati", si sintetizzeranno le novità più importanti del mercato con aggiornamenti sulle tendenze e sulle practice in espansione. Mentre “Dentro lo studio” darà uno sguardo attento al business legale in tutta la sua complessità. I temi che di numero in numero proporremo in questa rubrica includeranno la professione legale e i giovani, la comunicazione, il marketing, il business development, la gestione, la tecnologia e la governance. In modo complementare, “Dentro la direzione” dedicherà una maggiore e più articolata attenzione alle aziende e al mondo in house. Gli appuntamenti annuali raccolti nello “Speciale” partiranno con l’osservatorio sui passaggi di soci equity a cui si affiancherà il nuovo osservatorio sugli spostamenti dei giuristi d’impresa. Lo Speciale proporrà altresì dei focus regionali partendo dalla piazza di Bologna. Infine ma non per importanza, è stata ripensata la ricerca qualitativa che dal 2006 vede il Centro Studi TopLegal impegnato a far emergere un’analisi del mercato unica e un quadro accurato del posizionamento delle insegne. Dopo aver sperimentato il doppio dialogo con professionisti e clienti, abbiamo deciso di tornare a privilegiare, come già fatto in passato, il confronto con i soggetti che conferiscono il mandato di assistenza legale. I nostri lettori ritroveranno quindi gli specchietti informativi ricavati dai commenti e dalle opinioni dei clienti sulle squadre e sui singoli professionisti che pubblichiamo in forma anonima.
Con questi perfezionamenti ci poniamo l’obiettivo di mettere un tassello importante al sistema mediatico legale oggi sovraccaricato di sollecitazioni. Consapevoli che nella sfida della comunicazione non serve moltiplicare le vetrine da allestire. Serve l’informazione.
Marco Michael Di Palma