Green bond

L’avvocato è verde

Le emissioni verdi aprono un nuovo ambito di specializzazione per il consulente legale a cui è chiesto di portare valore aggiunto nella governance dei processi interni

20-02-2018

L’avvocato è verde


Un mercato in sviluppo e ancora aperto. I green bond offrono alla consulenza legale un nuovo ambito di specializzazione con un potenziale interessante, per quanto di nicchia e ancora limitato nei numeri. Se la scelta dei clienti si indirizza verso le insegne con esperienza nei capital markets, le emissioni verdi comportano dei requisiti ulteriori e chiedono alla consulenza legale di masticare i fondamentali della finanza sostenibile e di supportare l’azienda anche sul terreno della governance dei processi. Ai consulenti le società chiedono quindi di aver ben chiara la struttura globale dell’operazione, non solo gli aspetti documentali, e la capacità di fornire spunti per migliorare i processi interni di uno strumento complesso che è ancora poco esplorato. Oltre alla consapevolezza di dover lavorare in team con altre figure (dal consulente tecnico al revisore legale a chi si occupa dei bilanci di sostenibilità, coordinati in genere dalla funzione finanza). «I consulenti legali devono conoscere bene come funziona l’azienda che vogliono assistere e le linee guida internazionali di riferimento come i Green Bond Principles. Bisogna sapere come è strutturato l’intero processo e non solo la parte documentale per la quotazione ma anche la governance interna per il monitoraggio dei progetti finanziati dai proventi del green bond. Se lo studio ha ben chiaro tutto questo è già un bel passo avanti», dice Francesca Romana Napolitano, responsabile della funzione legale finanza di Enel, nel team del general counsel Giulio Fazio. La società a inizio gennaio ha emesso il suo secondo green bond con l’assistenza di BonelliErede, dopo che il primo, lanciato a gennaio 2017, si era avvalso dell’assistenza di Legance. I consulenti in operazioni come questa – continua Napolitano – sono scelti individuando gli studi che hanno maggiore esperienza nel capital markets, e in questo caso la scelta è caduta sullo studio che aveva seguito anche l’aggiornamento del programma Emtn (Euro Medium Term Notes, ndr), programma sotto il quale è stata emesso il green bond».

I green bond prevedono una serie di attività pre e post emissione su cui il consulente legale è coinvolto in diversi gradi: la redazione di un green bond framework da parte dell’emittente, la creazione di appositi comitati per individuare e scegliere gli “eligible green projects” ossia i progetti che possono essere finanziati con i proventi del bond, la redazione di reporting annuali sul raggiungimento degli obiettivi green. Inoltre, a seconda del mercato su cui si decide di quotare il green bond, possono esserci ulteriori requisiti, quale ad esempio l’ottenimento della “second party opinion” da parte di un ente accreditato. «Gli studi legali si trovano a prestare la propria consulenza e ad affiancare le aziende emittenti in tutte queste fasi, anche in quelle più propriamente inerenti la strutturazione interna integrando di conseguenza la propria offerta consulenziale in tal senso», dice Annalisa Dentoni-Litta, partner del dipartimento finance di Orrick Herrington & Sutcliffe guidato da Patrizio Messina. Le insegne di dimensioni maggiori che offrono una diversificazione dell’offerta in termini di settori del diritto si stanno infatti dimostrando pronti a cogliere questa nuova opportunità nell’ottica di offrire un’assistenza completa ai clienti.

In particolare, il presidio del mercato da parte delle firm internazionali fa leva sull’esperienza maturata su questo tipo di emissione all’estero dove la finanza sostenibile, l’ambito in cui rientrano i green bond, è più sviluppata. A livello mondiale, sulla scia di una domanda consistente da parte degli investitori, nel 2017 i green bond hanno raggiunto il record di 155,5 miliardi di dollari, in crescita del 78% sul 2016 e sopra le previsioni di 130 miliardi, con il mercato guidato da Stati Uniti, Cina e Francia (56% delle emissioni totali). Per il 2018 le prime stime indicano nuove emissioni globali per 250-300 miliardi di dollari. «In termini globali stiamo parlando ancora solo del 2-4% di tutti i bond emessi, c’è spazio di crescita e sarà uno dei temi del 2018 su cui gli studi internazionali come il nostro stanno investendo», dice Paul Alexander, local partner a Milano di White & Case che al momento ha allo studio un green bond con un cliente italiano e un’emissione obbligazionaria di finanza islamica con taglio “verde”. Lo studio, che ha lavorato all’emissione del primo green bond sovrano (emesso dalla Polonia) e su diverse emissioni francesi, ha strutturato una squadra trasversale per competenze composta da avvocati di diversi Paesi che include un esperto di finanza strutturata a Dubai, uno specialista obbligazionario a Parigi, un esperto di ambientale a Londra.

In Italia sono ancora solo una manciata le aziende che hanno debuttato con queste emissioni ma con segnali evidenti di un aumento dell’interesse: il secondo bond di Enel ha raccolto ordini per circa 3,4 miliardi a fronte di una richiesta di 1,25 miliardi; poco prima, a fine 2017, Ferrovie dello Stato ha emesso un green bond da 600 milioni. Tra le altre società che hanno lanciato green bond si contano: HeraIntesa Sanpaolo, Alperia e Iren. «Senza dubbio i grandi operatori italiani di questo settore hanno manifestato la volontà di sviluppare ulteriormente il segmento dei green bond come uno dei tasselli della loro strategia industriale e di finanziamento. Nell’attesa che anche il mercato italiano raggiunga importanti livelli, si spera che altre aziende italiane quotate (e non quotate) entrino sul segmento green obbligazionario per soddisfare una domanda crescente, in particolare degli investitori istituzionali e previdenziali, con un occhio anche al crescente interessamento di investitori esteri», afferma Dentoni-Litta, nel team che ha seguito la multiutility Iren nel suo primo green bond con ordini per 2,2 miliardi di euro a fronte di 500 milioni di richiesta.

Il carattere innovativo dell’emissione, che non si esaurisce con la quotazione ma prevede diverse attività successive, può tradursi in un’opportunità a valore aggiunto anche per il consulente che è chiamato a un ruolo proattivo in termini di miglioramenti operativi. «In questo ambito è certamente utile una consulenza in grado di fornire spunti per migliorare le procedure interne, per il monitoraggio dei progetti – afferma Napolitano –. Nel caso Enel molti aspetti sono già presidiati, ma nelle realtà anche solo leggermente più piccole certi processi vanno rodati. E sono molto apprezzati gli input per il miglioramento della governance interna dei processi. Nella pratica significa per esempio avere un consulente che conosca le alternative, e sappia le differenze tra un green bond o un sustainability bond oppure sappia muoversi nella governance che va messa in piedi per il monitoraggio dei progetti in cui vengono investiti i proventi e delle relative procedure per dare evidenza dei dati». Si tratta comunque per ora ancora di un’attività su base volontaria che segue le linee guida del documento Green Bond Principles con lo scopo di migliorare la trasparenza e la disclosure sul mercato per attrarre una maggior numero di investitori. «Oggi il ruolo dell’avvocato – sottolinea Alexander – è fare squadra con la società e le banche per descrivere bene il progetto, affinché ne emerga il valore “verde”, e allinearlo ai principi volontari sui green bond. Il tutto per dare certezza all’investitore. È possibile però che fra un paio di anni lo scenario sia diverso: secondo fonti informali potrebbe arrivare una direttiva europea. A questo punto la banca potrà chiederci legal opinion anche su questo». Si tratterà di allineare l’operazione non più con principi volontari ma con la legge.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero di febbraio-marzo di TopLegal Review. 



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