Accenture

L’importanza della relazione

Non consulenti ma partner, chiede il management della multinazionale della consulenza ai propri legali interni

30-01-2016

Oltre 1.500 professionisti nel mondo rappresentano una pattuglia da far concorren­za ai più grandi studi internazionali. Ma lavorano per un solo cliente, Accenture, multinazionale di consulenza di direzione, servizi tecnologici e out­sourcing da 320.000 dipendenti. Di questi 12.000 sono basati in Italia, dove operano invece circa 45 giuristi inseriti in un gruppo di lavoro denomi­nato Igem (Italy, Greece, Emerging markets) che comprende anche l’Europa centrale e dell’Est, fino al Medio Oriente, per un totale di circa 80 pro­fessionisti.

Giovanni Frugiuele è il responsabile del diparti­mento employment law di quest’area e a TopLegal racconta la complessa ma funzionale struttura di Accenture Legal Group. « L’ufficio legale di Accen­ture, a livello globale, è organizzato secondo una struttura simile a quella degli studi legali interna­zionali, ovvero per dipartimenti. Si tratta di una struttura che opera in modo integrato a livello glo­bale ». Il riporto di Frugiuele è a Londra, e a sua vol­ta il suo riporto è ad Amsterdam. E tutti riportano al solo general counsel mondiale basato a Chicago. Le singole practice territoriali non prevedono alcu­na figura istituzionalizzata di coordinamento o di indirizzo, ma è invece presente un team leader di dipartimento per ogni area geografica, oltre a un community lead identificato per seniority. In Italia le practice sono sei. Il legal- contracting, che è l’uni­ca client-faced, negozia i contratti; l’entity matter è invece un team global, il cui responsabile è basato in Italia, e si occupa di corporate (verbali Cda, aspet­ti di costituzione delle società, statuti, procure). Alliances gestisce invece le alleanze commerciali e segue la gestione dei rapporti contrattuali con i partner. È poi presente un dipartimento dedicato esclusivamente ai software; e poi il geographic legal support, che rappresenta la funzione più generalista e si occupa di compliance, procurement, 231, data privacy, aspetti societari a livello locale. E fa da co­ordinamento agli altri team.

Il dipartimento guidato da Frugiuele conta cin­que persone: tre in Italia, una in Romania e una ad Abu Dhabi. E si divide tra attività ordinaria, di sup­porto al dipartimento di gestione delle risorse uma­ne, e quella straordinaria di sostegno al business, in particolare nei trasferimenti d’azienda. Una delle attività di Accenture consiste infatti nello stipula­re contratti di servizio con società che decidono di esternalizzare alcune proprie funzioni interne. La società acquisisce il ramo d’azienda, incide sui processi interni, sviluppandone il potenziale e for­mando il personale, e la immette nel mercato come nuovo soggetto.

È il caso di Fruendo, joint venture nata circa due anni fa tra il gruppo Bassilichi e Accenture, e ori­ginata dalla cessione del ramo d’azienda dei servizi ausiliari, contabili ed amministrativi di banca Mon­te dei Paschi di Siena. Si tratta di un’operazione che ha riguardato oltre 1.000 lavoratori. Oppure 

Fjord, nata a Londra come agenzia di web design, che si è allargata nel tempo al service design. Acqui­sita alla fine del 2013, ora conta 28.000 professio­nisti e fattura 5 miliardi di dollari, l’equivalente del 17% dei ricavi complessivi dell’azienda. E sebbene l’operazione sia stata guidata dal team norvegese, ha avuto impatti anche sull’end market italiano. «Solo nell’ultimo anno siamo stati direttamente coinvolti almeno in una decina di operazioni di outsourcing o M&a di grandi dimensioni, e solo una parte di esse ha avuto impatto esclusivamente in Italia » . Per il team di Frugiuele il rebadging si traduce in una grossa mole di lavoro, dal momento che ogni Stato ha regole diverse. «Una parte significativa della no­stra attività è incentrata sulla verifica delle migliori leve giuridiche per consentire il trasferimento delle persone in Accenture, anche attraverso adeguate azioni che consentano la piena applicazione delle policy del gruppo alla società acquisita o alla po­polazione trasferita. Senza incidere negativamente sulle condizioni economiche e normative delle per­sone e tenendo conto delle peculiarità di ogni Paese sia in termini legali che culturali».

Ma dal momento che i casi sono similari, l’in­terscambio con i colleghi di altre aree geografiche è costante e fruttuoso. Questa tipologia di operazioni spiega la presenza di un team giuslavorista all’in­terno della struttura legale di un azienda, un caso piuttosto atipico per la realtà italiana. Così come la scelta di non assumere generalisti ma speciali­sti con una decina d’anni di seniority. La squadra giuslavoristica di Accenture vanta esperienze in Chiello Pozzoli, Trifirò, Toffoletto, Ichino. «In Accenture applichiamo un approccio molto focaliz­zato sulle competenze specifiche professionali. Per questo motivo spesso il legale interno proviene da studi legali specializzati e diviene protagonista nel singolo ambito di attività. Il supporto legale è gestito in gran parte internamente mentre il legale esterno è un partner che affianca la struttura legale dove e quando è necessaria una competenza o una struttu­ra particolare per il tipo di operazione in corso».

Il rapporto con i consulenti esterni è molto limi­tato, oltre al contenzioso che tuttavia è quasi inesi­stente. La scelta degli studi avviene a livello locale, attraverso linee guida che vengono condivise a livel­lo globale. Attualmente c’è un panel, ma è in corso un progetto che riguarda la struttura mondiale di Accenture, che vedrà, secondo quanto spiegato da Frugiuele, un miglioramento del sostegno legale esterno. I driver: consolidare il supporto, capire il business e operare su più Stati. Una razionalizza­zione che porterà alla riduzione del numero dei consulenti, per ricavare anche benefici di carattere economico. Ma non solo. Perché, forse, obiettivo ancora più importante è la relazione continuativa, che potrebbe permettere al legale in-house di coin­volgere il professionista esterno anche su tematiche ordinarie, che normalmente verrebbero affrontare esclusivamente all’interno.

« Il management ci vede come partner e non come consulenti», spiega Frugiele, e probabilmen­te è quanto vorrebbe anche dagli avvocati degli studi. « Il giurista d’impresa è oggi un importante attore nell’ambito dell’azienda e ha il ruolo di ren­dere comprensibile al mondo del business concetti giuridici talvolta complessi. Il legale in- house costi­tuisce quindi una figura di interprete tra il mondo giuridico e il business, e facilita l’adozione di deci­sioni concrete in linea con le normative applicabili. Gli approcci teorici o accademici non sono molto graditi all’interno dell’azienda e i responsabili del business chiedono a gran voce indicazioni com­prensibili e possibilmente sintetiche. La richiesta di concretezza richiede quindi legali in-house di otti­ma preparazione e con grande capacità comunica­tiva proprio per aiutare il management a prendere decisioni in maniera ampia e consapevole » .

 


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