Una boutique full- service. Apparentemente un ossimoro. Eppure, è questa la formula con cui sembra volersi proporre sul mercato Cdp, Caiazzo Donnini Pappalardo e associati. Uno studio giovane, ricostituito nel dicembre 2012, dopo l’avvicendamento nel nome dell’insegna tra l’esperto di finanza strutturata Luigi Chessa e quello di Antitrust Rino Caiazzo, che si è unito a Roberto Donnini, specialista del corporate, e alla contenziosista Marisa Pappalardo.
Tre nomi forti su un’unica insegna, che dichiara di non aver mutato natura e filosofia: una «formula concentrata », la definisce Caiazzo. Senz’altro una formula ibrida, che non può essere ricondotta né al modello full-service né a quello boutique.
Date le dimensioni e la mancata copertura di tutte le practice, non è possibile parlare di studio full-service, «anche se basterebbe l’inserimento di solo due o tre soci con competenze in settori come il diritto del lavoro, fiscale e bancario a caratterizzarci come tale», sottolinea Caiazzo. Nel contempo, altrettanto improprio è l’appellativo di boutique, che si adatta meglio agli studi con solo una o due aree di expertise e che solitamente nascono intorno alla figura di un singolo socio preminente.
Piuttosto, Cdp sembra tentare di coniugare i due modelli. Un tentativo già percorso da altri, ma con una differenza sostanziale. Mentre la maggior parte dei grandi studi full-service negli ultimi tempi cerca di posizionarsi sul mercato nella formula multiboutique, osservando le caratteristiche di Cdp sembra applicabile la logica inversa: una boutique che punta a proporsi come soluzione full-service.
Un ristrettissimo numero di professionisti (quindici, di cui quattro partner), la copertura di diverse aree del diritto e il background internazionale di tutti gli avvocati – che, eccezion fatta per Pappalardo (per anni braccio destro di Berardino Libonati presso Libonati Jaeger) provengono da Allen & Overy e Dewey & LeBoeuf – rende lo studio un caso atipico nel panorama legale italiano. Atipicità che si rintraccia anche nelle aree di specializzazione: mentre è abbastanza consueto vedere in un’unica insegna l’accostamento di corporate, finance e litigation; meno comune è l’unione tra corporate, regolamentazione e contenzioso. A queste tre practice, da marzo 2013, si è aggiunto l’amministrativo, con l’ingresso in qualità di socio di Sergio Fienga, professionista che aveva già avuto modo di lavorare con Caiazzo e il suo dipartimento prima in Dewey & LeBoeuf e successivamente in Grimaldi.
Per quanto atipico, l’assetto scelto sembrerebbe pagare in termini economici, i cui risultati in questo primo anno di rodaggio a detta di Caiazzo avrebbero «confermato le attese». A fare la parte del leone nei ricavi del 2013 sono state due aree in particolare: il corporate e il contenzioso. Il 50% del fatturato è venuto dal corporate; mentre il restante 50% è stato appannaggio del contenzioso, diviso tra litigation puro (15%) e contenzioso regolatorio e Antitrust (35%). Tra le operazioni corporate seguite nell’ultimo anno, l’assistenza alla famiglia Amodeo nella cessione di un pacchetto azionario detenuto in Engineering a One Equity Partners, fondo di private equity di Jp Morgan Chase. Nel tmt, invece, ha affiancato Tele1 davanti al Consiglio di Stato e Fastweb davanti al tribunale di Roma.
Si tratta di clienti consolidati, che facevano parte del portafoglio dei professionisti prima del loro ingresso in Cdp. «Una clientela che apprezza l’assistenza su misura », la definisce Caiazzo, che sottolinea: « Non andiamo a caccia di servizi legali di tipo commodity, che sono e sempre più saranno inevitabilmente appannaggio di studi con servizi standardizzati. Non vogliamo fare il McDonald's Corporation del diritto, questo non lo vogliono nemmeno i nostri clienti ».
Coerentemente con una filosofia anti-McDonald’s, lo studio non insegue la crescita a tutti i costi, ma dichiara di voler integrare solo professionisti già in possesso di un loro giro d’affari e specializzati in aree complementari con quelle già trattate (finanza societaria in primis). Da non sottovalutare, inoltre, la capacità di lavorare con clienti internazionali e con clienti italiani oltreconfine. Una vocazione internazionale che Caiazzo riconosce « non solo come una scelta strategica dello studio, ma parte del suo stesso Dna ».
Un animale sui generis insomma Cdp, che sta tentando di raccogliere gli spunti di tre diversi modelli di studio: boutique, full- service e internazionale. Una formula che potrebbe essere il giusto compromesso per superare la stretta di costi di struttura troppo elevati, proprio dei full- service, e il pericolo, legato alle boutique, di concentrare il business su un’unica specialità. Una formula certo ambiziosa e innovativa sulla carta che adesso, però, è chiamata a passare la prova del mercato.
Articolo pubblicato in TopLegal marzo 2014.
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