La compliance aziendale alla prova del fisco

27-06-2017

La compliance aziendale alla prova del fisco

La recente emanazione del provvedimento del 26 maggio 2017 da parte del Direttore dell’Agenzia delle entrate definisce gli aspetti operativi e chiarisce i meccanismi di funzionamento del regime di “adempimento collaborativo” introdotto dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”, con il dichiarato intento di instaurare un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti.

Il completamento del percorso che ha portato a delineare la fisionomia definitiva del nuovo istituto fiscale si inserisce in un clima di crescente sensibilità del mondo dell’impresa rispetto ai rischi, di carattere patrimoniale e reputazionale, connessi alla violazione di norme, regolamenti o anche codici etici ispirati a principi deontologici comunemente condivisi nei settori di appartenenza.

In quest’ottica, l’introduzione nel nostro ordinamento del regime di adempimento collaborativo fiscale può rappresentare uno stimolante spunto di riflessione sull'importanza del ruolo svolto dalla funzione compliance nell'organizzazione aziendale e sull'opportunità di allargarne le competenze e le responsabilità anche all'ambito tributario. Proprio per misurare l’attenzione a questi temi, Top Legal ha promosso una survey tra i manager di un campione significativo, per dimensione e importanza, di imprese operanti in diversi settori, dai servizi finanziari al manifatturiero. I risultati di tale indagine, che abbiamo avuto modo di visionare in anteprima e che, a breve, saranno sviluppati in un confronto tra professionisti ed imprese che vedrà il coinvolgimento anche del network di KPMG, dipingono una realtà attenta ai temi della compliance aziendale, ma, forse, non ancora pienamente consapevole dell’importanza che potrebbero, o dovrebbero, assumere nelle politiche di risk management i processi di misurazione del rischio fiscale e lo sviluppo delle strategie per governarlo.   

Se fino ad un recente passato le implicazioni fiscali delle scelte gestionali erano spesso vissute dal management come un trascurabile, e spesso sottovalutato, effetto collaterale di cui si sarebbero occupati gli specialisti in caso di necessità, cioè, quasi sempre, quando ormai era troppo tardi per evitare drammatiche conseguenze sotto il profilo sanzionatorio, anche penale, negli ultimi tempi si va facendo strada una rinnovata consapevolezza della centralità delle tematiche fiscali e della necessità di monitorare costantemente i rischi che ne derivano. D’altra parte, spinge inequivocabilmente in questa direzione anche il mutato approccio a temi di fiscalità internazionale, come le raccomandazioni sui criteri di individuazione della presenza di una stabile organizzazione o in materia di contrasto al fenomeno dei c.d. hybrid mismatch arrangements, contenute nel progetto BEPS e già parzialmente recepite o in procinto di essere recepite dalle direttive comunitarie Atad.

In questo contesto l’implementazione di un sistema interno di misurazione e controllo del rischio fiscale, anche a prescindere dall'accesso al regime di cooperative compliance, per ora limitato ad una platea ristretta di contribuenti forniti dei selettivi requisiti soggettivi previsti dalla norma, potrebbe rivelarsi una scelta strategica capace di generare un “vantaggio competitivo” in termini di stabilità economica e patrimoniale attraverso la minimizzazione del rischio di incorrere in sanzioni e perdite finanziarie in conseguenza della violazione di disposizioni tributarie.


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