Editoriale

LA DUPLICE SUCCESSIONE DI BONELLIEREDE

Il riassetto dello studio si delinea attraverso il doppio binario del cambio generazionale e della transizione verso un mercato sempre più segmentato

01-10-2015

LA DUPLICE SUCCESSIONE DI BONELLIEREDE


Dal 2010, anno in cui inizia il processo di riforma della partnership e l'affidamento della gestione alla generazione successiva, BonelliErede porta avanti un progetto complesso per implementare governance e cultura del lavoro moderne. Rimangono due nodi collegati fra di loro: l'eventuale successione, che sancirà il ricambio generazionale, e il riposizionamento dello studio sul mercato.
    
Sergio Erede, unico fondatore ancora attivo nello studio, l'anno scorso era tra i firmatari del nuovo statuto sebbene avesse dovuto lasciare l'associazione da precedenti norme statutarie. È ora molto improbabile che Erede diventi of counsel dello studio. Per molti osservatori, parlare di successione in questo caso potrebbe apparire incongruo. Un'interpretazione più generosa e più legittima, secondo questa testata, partirebbe dall'osservazione che, poiché il ricambio generazionale degli studi legali è praticamente inesistente in Italia, ancora manca un possibile modello da seguire. Per di più, BonelliErede si trova a sostituire non un mero fondatore come tanti, ma una figura che incarna la massima espressione dell'avvocatura d'affari.
    
Emerge quindi la doppia eccezionalità del caso BonelliErede. Innanzitutto perché solo cinque studi italiani fra i primi 50 hanno compiuto il salto generazionale; fra questi, due hanno al vertice gli eredi di famiglia e altri due sono sfociati in separazioni e contenziosi. Inoltre, il contesto italiano, costruito sui rapporti fiduciari che da sempre garantiscono la riproducibilità del sistema, impone limiti culturali notevoli alla spersonalizzazione. Tale eccezionalità spiega e motiva la scelta di sperimentare soluzioni che sono per forza ibride ma che lo studio si augura siano soprattutto adatte ed efficaci. L'era dei grandi rainmaker legali italiani non è ancora tramontata ma attraversiamo un momento di transizione. Si capisce quindi il motivo per cui servirà una successione senza successione strictu sensu.

Il secondo nodo del riposizionamento dello studio rappresenta una sfida forse ancora più cruciale perché le sue insidie potrebbero avere effetti negativi potenzialmente più diffusi. Tanto più che il riassetto non può essere evitato a causa del cambiamento strutturale che sta dettando il futuro e che si legge attraverso due filoni: l'economia italiana e la concorrenza degli studi legali internazionali.
    
Le trasformazioni dell'economia hanno inciso sia sugli atteggiamenti dei clienti, sia sulle opportunità offerte dal mercato. La crisi ha ridimensionato il salotto buono e attori importanti come Generali, Mediobanca e la famiglia Agnelli si sono defilati dagli accordi parasociali e dalle partecipazioni incrociate alla Cuccia. L'inizio della fine dell'oligopolio è stato accompagnato, nel frattempo, dall'attivismo degli investitori internazionali che hanno accelerato le acquisizioni societarie, portandosi via molti pezzi del Made in Italy e facendo subentrare consulenti legali stranieri. Da parte sua, la concorrenza legale straniera è tornata a porre una sfida rilevante per i maggiori studi italiani, abituati a contendersi fra loro i mandati più redditizi. Forti di un'esperienza ultradecennale, gli stranieri sono stati temprati dalla crisi che determinò ex post il loro ridimensionamento. Possono sempre contare su mezzi immensi e capacità organizzative superiori e sono meglio attrezzati per tenere in equilibrio domanda e offerta secondo una logica di business globale (il proprio e quello dei clienti).

Economia e concorrenza fanno sì che la domanda dei servizi legali sia sempre di più segmentata, alterando di conseguenza non solo gli equilibri di una volta tra potenze legali, ma altresì l'identità delle insegne ora costrette a ridefinirsi. Nonostante le perdite notevoli che hanno subìto alcune delle loro practice, le insegne straniere non si ritirano dall'Italia. I flussi d'affari significativi provengono sempre di più dall'estero e gli studi internazionali possono permettersi una strategia attendista perché sanno di essere prescelti dagli investitori internazionali che esigono un'assistenza globale. Mentre agli studi italiani rimangono le operazioni di spicco fatte da aziende statali e parastatali ma, causa la politica e i parametri di spesa, si praticano aste al ribasso.
    
Incapaci di intercettare una domanda straniera più redditizia e costretti a mantenere una redditività costante e prevedibile, poiché non si può contare sui picchi di fatturato, gli studi autoctoni hanno due possibilità. La prima è di costruirsi una strategia internazionale, ma questo costa e i benefici si vedrebbero solo dopo molti anni. La seconda è di riposizionarsi sul mercato domestico per puntare alla fascia media. L'implementazione del calcolo dei costi di struttura introdotto da BonelliErede va in questa direzione.

Tuttavia, il riposizionamento a sua volta genera ulteriori sfide, sia per le ricadute sul marchio e sul prestigio dello studio, sia per l’autoconsapevolezza della compagine, poiché non si possono aggredire le aziende di medie dimensioni con l'atteggiamento riservato al salotto buono. Serve quindi attrezzarsi per creare una macchina duttile a due velocità con una cultura collegiale forte e condivisa per conservarne l'unità.

Se riesce a raggiungere i suoi obiettivi di successione e riposizionamento, BonelliErede avrà creato un modello unico nel panorama italiano. Modello di cui altri concorrenti avranno sicuramente bisogno per orientarsi in futuro.


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Bartolome & Briones, Garrigues, Andersen Legal PaoloRonco


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