Uno dei temi dei quali ultimamente si sente spesso parlare è quello dell’evoluzione della professione legale. In una situazione economica non brillante, con una forte spinta della clientela societaria verso l’internalizzazione del lavoro, gli studi più strutturati, anche in Italia, hanno imparato ad adeguarsi a modelli di gestione paragonabili a quelli posti in essere dalle società.
Si è infatti manifestata, per un duplice motivo, la necessità di una più marcata diversificazione di competenze: da un lato, al fine di poter assistere i clienti in ogni aspetto della loro attività; dall’altro, per un'esigenza di contenimento dei costi, considerato che la clientela societaria si mostra sempre più attenta a un'efficiente gestione del budget.
In un simile contesto gli studi legali non possono che attenersi a una rigorosa gestione dei rischi, attraverso formule di vero e proprio risk management. Ciò include: l’individuazione delle key person e lo sviluppo di piani di azione che prevengano le conseguenze di eventuali spin-off, la mitigazione del rischio attinente al trattamento dei dati personali, del rischio IT e del rischio di riciclaggio, oltre ai classici rischio di credito e rischio di errore professionale.
E’ proprio il rischio professionale ad aver motivato la recente riforma introdotta dal D. M. 22 settembre 2016 in attuazione della decreto di riforma della professione forense (D.Lgs. 247/2012, art. 12), che ha reso obbligatoria la polizza a copertura dei rischi derivanti dall’esercizio della professione, aiutando così gli studi a trasferire parte di quel rischio d’impresa in a capo a chi – come la compagnia di assicurazione - sulla gestione dei rischi fonda la propria attività.
Il testo normativo riflette la consapevolezza della latitudine dell’odierna attività forense, che non è più limitata alla mera assistenza giudiziale ma si estende sempre più verso attività di prestazione di servizi. Da qui deriva l’estensione dell’obbligo di assicurazione a quelle attività non tipiche dello studio legale ma che quest’ultimo ordinariamente svolge, come la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito, per finire addirittura ad imporre coperture per gli infortuni dei professionisti attivi presso lo studio.
Comunque la si voglia vedere e per quanto si possa restare ancorati al concetto più tradizionale di studio legale, non si può quindi ignorare l’esigenza di dotarsi di polizza di assicurazione che consenta di eliminare, trasferendolo, un rischio al quale ciascun avvocato è esposto in ogni sua attività. Tanto più l’avvocato sarà in grado di comprendere la natura dei rischi ai quali è esposto, tanto più potrà scegliere una copertura adeguata agli stessi (si pensi alle diversità di fatturato o di clientela), ove necessario anche più ampia di quella resa obbligatoria dalla legge.”