Spunta un fattore fiscale tra le possibili leve per una società di capitale tra professionisti. La questione della tassazione è stato uno degli elementi tecnici analizzati a Verona nel corso dell’incontro di fine marzo “Facciamo società?” sulle opportunità e i rischi delle nuove forme societarie per i professionisti, organizzato presso lo Studio Lambertini. Una tavola rotonda moderata dal professor Giovanni Gabrielli che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del professor Alberto Toffoletto (nella foto), ordinario di Diritto commerciale presso l’Università degli Studi di Milano, e del professor Loris Tosi, ordinario di Diritto tributario presso l’Università di Venezia. All’incontro ha partecipato il professor Andrea Zoppini, ordinario di Diritto privato presso l’Università degli Studi di Roma e sottosegretario al ministero di Grazia e Giustizia, che ha spiegato come l’esecutivo abbia già disposto le norme attuative che saranno poi concertate con i professionisti.
Uno dei punti chiave affrontati nel convegno è il problema della responsabilità per eventuali inadempimenti contrattuali. Il problema non è di poco conto. Oggi, infatti, le associazioni professionali prevedono che i responsabili per eventuali inadempimenti siano i singoli professionisti. Questo vuol dire che nessun professionista parte dell’associazione si può trovare a dover rispondere in eventuali contenziosi collegati all’operato di un socio. Seppure ad oggi la norma non sia chiara, ha rilevato Gabrielli, è possibile che possa finire per applicarsi, anche alle società tra professionisti, la giurisprudenza consolidata nel settore medico dove la società (gestore della clinica) risulta concorre alla responsabilità del professionista medico. Poiché la responsabilità “ampliata” alla società potrebbe diventare un deterrente per investitori o anche solo per i professionisti che potrebbero non gradire troppo il rischio di pagare per gli errori dei propri soci, sarebbe importante che il legislatore contribuisse a definire meglio i profili della responsabilità della società e dei professionisti.
C’è stato, poi, l’aspetto cruciale, quello fiscale. Da questo punto di vista, ha rammentato Tosi, la norma soffre ancora una certa lacunosità che non permette di effettuare una precisa analisi dei benefici. Tuttavia, emerge che le società potrebbero diventare interessanti soprattutto se dovesse essere confermata l’intenzione del legislatore di ampliare anche al reddito da lavoro autonomo la tassazione per competenza.
«Attualmente – ha commentato l’avvocato Lamberto Lambertini – il trattamento fiscale è una delle maggiori criticità per rendere appetibili le STP. Nel caso di adozione del criterio di competenza gli utili dovrebbero essere messi a bilancio quando si generano e non, come avviene attualmente per i professionisti, quando si incassano. A fronte dello shock impositivo iniziale, questo renderebbe le società appetibili per la possibilità di poter pagare il 27,5% sugli utili non distribuiti (quando distribuiti gli utili scontano una tassazione superiore al 50%)».
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