di Marco Michael Di Palma
Il fermento è iniziato. I mesi di blocco e la pausa estiva hanno lasciato spazio per ragionare sui mezzi necessari per raggiungere i traguardi e i risultati in un momento di emergenza economica. Questa riflessione sta portando a un aumento di operazioni straordinarie tra gli studi legali. L'esempio più consistente è stata la fusione che darà vita il prossimo gennaio a Gatti Pavesi Bianchi Ludovici. A distanza di poco più di un anno dopo l’integrazione di BonelliErede e il gruppo fuoriuscito da Lombardi Segni, si registra la prima operazione significativa nel 2020 tra due riconosciuti marchi italiani. Fino a qualche tempo fa, sarebbe stato inverosimile immaginare che una boutique di successo potesse rinunciare alla propria indipendenza. Ma le priorità sono ora cambiate facendo saltare le logiche e le resistenze di prima. Siamo entrati in una nuova fase di cambiamento la cui durata rimane sconosciuta.
L’effervescenza del mercato si avvertiva sempre lo scorso mese con la scossa avvenuta in Gianni Origoni Grippo Cappelli. Dopo nove anni di permanenza nello studio che sembrava un porto sicuro, Roberto Cappelli ha fatto le valige per approdare in Rccd, compiendo un passaggio doppiamente sorprendente. A distanza di pochi giorni, Luca Failla è uscito da LabLaw per capeggiare il gruppo di giuslavoristi in Deloitte Legal. Nel frattempo, si sono concretizzati altri accordi e passaggi, a conferma di una nuova partita iniziata tra i maggiori studi legali del Paese.
Per alcuni osservatori ci troviamo di fronte a operazioni di salvataggio più che di strategia, ma la verità è più complessa. Tra gli accordi annunciati in queste settimane, vi erano progetti allo studio da molto prima dell’emergenza sanitaria. Dall’esperienza di un decennio fa, sappiamo che le crisi fungono da acceleratore delle tendenze preesistenti. Prima tra queste, l’aumento del divario tra gli studi legali di punta e i concorrenti più deboli. Non solo. Se l’attuale fluidità del settore legale contiene in germe l’orientamento del mercato nel prossimo medio-breve periodo, potremmo aspettarci (come già visto) un riassestamento del mercato in due direzioni opposte. In assenza di risposte comprovate per affrontare le sfide, le prove di accentramento procederanno in parallelo con le spinte centrifughe e la maggiore frammentazione degli attori. Questi fenomeni contrastanti vanno ricondotti a un unico imperativo da cui nessuno può sottrarsi: mantenere alti i margini di fronte a ricavi minori.
La frammentazione a danno degli studi più strutturati sarà destinata a crescere. Di fronte a costi troppo alti, politiche tariffarie troppo rigide e conflitti di interesse con alcuni clienti che stanno diventando insostenibili, gli esponenti delle practice periferiche con risultati al di sopra della media saranno tentati dalle sirene dell’indipendenza. A contrappesare queste scissioni, l’auspicio dei clienti (che presto diventerà un obbligo) perché gli studi si strutturino maggiormente e creino sinergie ed economie di scala. Poiché manca il tempo per portare a termine una crescita organica, e in linea con quanto già visto in passato, anche le insegne storicamente avverse ai passaggi laterali proveranno a completare la propria offerta di servizi acquisendo competenze a spesa dei concorrenti.
I protagonisti di questa partita saranno gli studi monospecialisti. I giuslavoristi si trovano subito in prima linea per l’attesa ondata di licenziamenti e la trasformazione del mondo del lavoro che ha favorito la smaterializzazione delle imprese. Questo comparto, da sempre tanto parcellizzato quanto statico, inizia a mutare. In tutta probabilità, vedremo altri casi di accordi strategici o addirittura di rilevazioni ben oltre il comparto del diritto del lavoro.
Da ultimo ma non per importanza, nei processi di consolidamento saranno inevitabili per far tornare i conti la de-equitizzazione di soci meno performanti. D’altronde, sono già all’ordine del giorno il ridimensionamento delle compagini con il quale negli anni passati gli studi avevano realizzato ristrutturazioni interne.
Tutto questo mentre l’asse dell’economia si sta spostando grazie alla presenza sempre più sentita dello Stato. Negli ultimi anni, i grandi dossier come Alitalia, Autostrade, Banca Mps, Cassa depositi e prestiti, Ilva, Open Fiber e Poste hanno riguardato società che fanno capo al Mef o in cui lo Stato figurava come attore importante. Già prima del Covid-19, la nazionalizzazione non era più un tabù per chi augurava il ritorno del pubblico come grossa opportunità di rilancio industriale.
L’emergenza sanitaria ha fatto levitare la domanda di protezione sociale, l’ingresso nel capitale di aziende private e la regolamentazione. Le ingenti risorse europee del Recovery Plan per finanziare il digitale, le infrastrutture, la decarbonizzazione dell’economia e il settore sanitario, nel loro insieme rappresentano un importante agente di trasformazione del mercato dei servizi legali. Saranno maggiormente premiate le relazioni con le istituzioni e la politica. Gli investimenti diretti a rafforzare le sedi romane degli studi legali vanno in questa direzione.