Ogni volta che si instaurano delle trattative si ha il dovere ex 1337 cod. civ. (e quindi l'obbligo giuridico) di informare la controparte in maniera completa ed esauriente su tutti gli aspetti di fatto e di diritto oggetto delle trattative. Tale obbligo di informativa verso la controparte si estende anche alle modifiche o abrogazioni di norme speciali o regolamentari (in parziale deroga quindi al principio dell'ignoranza della legge). È quanto ha stabilito e ribadito più volte la Cassazione introducendo un criterio sconvolgente per i canoni italiani1. Le usuali riserve nelle trattative [questo si può dire? Meglio tacere su quel punto...] sono del tutto superate e rischiano di essere controproducenti. Bisogna dire tutto, anche quello che non si conosce ma si sarebbe dovuto conoscere usando l'ordinaria diligenza. In altri termini la Cassazione sanziona il comportamento tipico da “furbetto reticente” da una parte e “amicone rassicurante” dall'altra; pena il risarcimento del danno, anche se il contratto si è concluso.
In quest’ultima ipotesi (contratto concluso), il risarcimento tende a “riequilibrare” il prezzo pagato con quello che si sarebbe pattuito se si avesse avuto contezza della notizia che non è stata comunicata. In altri termini, un intervento di ampia tutela da parte del giudice volto a risarcire il danno subito anche se dipeso “solamente” da comportamento reticente (confermato invece il risarcimento del solo interesse negativo nel caso in cui il contratto non si è perfezionato). La responsabilità per violazione del dovere di buona fede diventa quindi norma di carattere generale e azionabile in ogni momento, salvo prescrizione. Tra le tante applicazioni, mi viene in mente la clausola della “full disclosure” (il venditore ha comunicato tutte le informazioni rilevanti in suo possesso) nelle compravendite di aziende o pacchetti azionari di riferimento, tanto osteggiata dai venditori e frutto nel passato di lunghe trattative. Essa diventa per alcuni versi dovuta, per altri favorevole al venditore.
La Suprema Corte, ancora una volta, ci sorprende. Se il diritto avesse una morale, la sentenza della Cassazione potrebbe essere interpretata come “da oggi in poi abbiamo quella maturità che ci consente di adeguarci ai più alti standard di correttezza presenti sul mercato (forse anche più dei paesi anglosassoni)”. Che dire se non, grande stima per i Supremi Giudici che ci impongono un nuovo passo, decisamente in avanti2: informare la controparte, anche quando la notizia può incidere negativamente sulle auspicate condizioni economiche del contratto.
Commento a cura di Massimo Trentino, partner di McDermott Will & Emery
1. Da ultimo, Cass. Sez. I, 23 marzo 2016, n. 5762; tra le tante, Cass. 24 Aprile 2012 n. 6526 012 e Cass. 8 ottobre 2008, n. 24795, che hanno elaborato il principio affermato, sia pure obiter, già da Cass., SS.UU., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725 circa l’ammissibilità di un’ipotesi di responsabilità precontrattuale da contratto validamente concluso.
2. La novità consiste nel mutamento di prospettiva, rispetto al precedente orientamento (es. Cass. civ. Sez. II, 05 febbraio 2007, n. 2479) secondo cui la norma di cui all’art 1337 cod. civ. verrebbe in rilievo solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto.
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