Come si relaziona l’alta moda con il “fast fashion”? Il tema sta occupando sempre più i legali interni delle griffe. Eppure, la sfida dovrebbe essere affrontata non solo in ottica conflittuale e difensiva, ma anche di revisione e cambiamento delle strategie delle grandi case di moda. Al tavolo dell’Iba nel convegno “Fashion design and fast fashion: inspiration or imitation? Free ride or fair play?” si sono così trovati a discuterne: Sara Citterio, legal and compliance manager di Trussardi; Gary Assim dello studio Shoosmiths di Londra, che ha avuto tra i suoi clienti Asos (As Seen On Screen) ed H&M ma anche case di moda; Anthony Lupo dello studio Arent Fox di Washington. La tavola è stata co-moderata da Silvia Fazio di Norton Rose Brasile e Francesca Ferrero partner di Trevisan & Cuonzo.
«Si tratta di comprendere — dice a TopLegal Francesca Ferrero — come il fast fashion stia impattando la fascia alta del mercato e come le grandi griffe debbano rimodulare le loro strategie di proprietà intellettuale in un’ottica business focused e non più passivamente difensiva. Le nuove strategie puntano a proteggere i prodotti iconici del passato e del futuro anche utilizzando strategie commerciali e di comunicazione». Bisogna poi considerare nuovi scenari “collaborativi” tra i due mondi ancora fortemente contrapposti. «Si pensi ad esempio — continua Ferrero — alle collaborazioni tra fast fashion (H&M) e case di moda, da Balmain a Stella McCartney, solo per citarne alcuni, che hanno, tra l’altro, anche l’obiettivo di rilanciare la capacità aspirazionale di brand con alto posizionamento facendoli percepire come accessibili anche per il grande pubblico. Occorre inoltre che le nuove strategie Ip delle griffe puntino alla valorizzazione del capitale umano e di tradizione che è sempre più elemento decisivo nelle scelta dei consumatori di fascia alta e altissima. In questo senso si stanno muovendo griffe del calibro di Hermes (e in Italia Cucinelli) con straordinari risultati».
Le case di moda, che hanno tempistiche di creazione e produzione più lunghe, spesso si vedono deprivate degli investimenti di tempo e persone da aziende che fanno proprie idee di altri e le ripropongono. Tuttavia oggi il sistema sta compiendo un ulteriore passaggio. «Con il fast fashion sono cambiate anche le modalità con cui le case di moda si approcciano all’idea di “ispirazione” — dice a TopLegal Sara Citterio, legal and compliance manager di Trussardi —. Se all’inizio c’era in generale più aggressività, le case di moda oggi intervengono più selettivamente sui capi che sono oggetto di “ispirazione”, che è cosa diversa dalla copiatura. Da un lato è questione di budget, dall’altro c’è una sorta di autocompiacimento». Nel primo caso, la velocità con cui escono prodotti nuovi mette nell’impossibilità di presidiare tutto: si vanno a tutelare quindi i prodotti di punta della collezione e il design. Nel secondo caso, diventare popolari attraverso la volgarizzazione di determinati prodotti iconici è oggi visto anche come una dinamica positiva, una sorta di valorizzazione del posizionamento iconico. Da una posizione di forte contrapposizione che ha caratterizzato gli inizi del rapporto tra queste due realtà, ci si sta spostando in un’area di reciproco riconoscimento e di “collaborazione”, che potrebbe portare a una pacifica convivenza futura.
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