Casi di studio: Bird & Bird

LA STRADA AL CONTRARIO

Forti di una crescita sostenuta, le sedi italiane sono ora le più redditizie dell’insegna internazionale. Conseguenza di una strategia capovolta che ha puntato sullo sviluppo dei segmenti di nicchia

01-11-2013

LA STRADA AL CONTRARIO

Dieci anni in Italia. Un compleanno importante quello di Bird & Bird, ma anche un’occasione per fare un bilancio sull’attività svolta, le sfide vinte, quelle perse e quelle ancora da affrontare. Partendo da un dato di fatto: un ultimo biennio caratterizzato da una fortissima espansione. Nel 2012 la law firm in­glese ha concluso in Italia ben 13 lateral hire, a cui nel 2013 si sono aggiunti due nuovi soci, portando lo studio a contare tra le sue fila 15 partner su 104 professionisti. E i numeri con il segno più davanti non riguardano solo la com­pagine dei professionisti. Secondo i dati della classifica TopLegal 100 lo studio, che si posi­ziona al 25 ° posto nel mercato italiano, lo scor­so anno ha chiuso con un utile di 8,1 milioni di euro e con un fatturato di 19,5 milioni di euro, in crescita rispetto al 2011 dell’ 8,3%.

Una crescita in controtendenza rispetto ai con­correnti, soprattutto internazionali. In un perio­do in cui alcune realtà arrancano in Italia, sembra che Bird & Bird sia riuscito a cavalcare la crisi. Si tratta di un’espansione assolutamente non casua­le, fatta di scelte mirate e strategiche. Indirizzate a costruire sempre di più un’identità specifica dello studio, in grado di renderlo uno specialista su nicchie di expertise ricercate e, di conseguen­za, profittevoli: seguendo la vocazione della casa madre si è posizionato in primis sulla proprietà intellettuale (Ip) e tecnologia, media e telecomu­nicazioni (Tmt). Mentre la maggior parte dei suoi competitor internazionali è sbarcato in Italia per posizionarsi sulle tradizionali aree del corporate e del banking & finance, per Bird & Bird queste due practice non sono state la premessa per lo sviluppo, ma una logica conseguenza dell’approc­cio per industry che lo ha contraddistinto. Una strategia che è stata in grado di rendere oggi le due sedi italiane della law firm le più profittevoli del gruppo a livello mondiale. Un primato, mai come in questo momento di sofferenza di merca­to, difficile da vantare in Italia. 

Le sfide vinte 

Una tappa importante per la crescita strategi­ca di Bird & Bird arriva poco prima del 2012. Le scelte alla base dei risultati numerici cita­ti sono state essenzialmente due: mantenere l’asse Roma- Milano dando una connotazione diversa alle due sedi; e concentrarsi su specia­lizzazioni molto tecniche e anticicliche, per poi espandersi, in maniera mirata e opportunisti­ca, su quelle più tradizionali del banking e del corporate. Basti ricordare a riguardo due delle operazioni più significative dell’ultimo anno: il processo di ricapitalizzazione di Premafin, eseguito mediante la sottoscrizio­ne da parte di Unipol di un aumento di capitale di circa 339,5 milioni di euro; e l’operazione di vendita del 75% del capitale del marchio storico di abbigliamento femminile “ Via delle Perle” al fondo di private equity Argos Soditic.

Una delle sfide vinte dallo studio è quella di essere riuscito a mantenere inalterata la profitta­bilità delle due sedi di Milano e Roma, in un mo­mento in cui molti studi di matrice internaziona­le mostrano sofferenza di risultati nella Capitale. Un risultato raggiunto grazie al fatto che nessuna delle due sedi è una mera duplicazione dell’altra, ma si occupano di operazioni differenti, imper­niate sulle peculiarità storiche delle due città. Milano, prima sede nata nel 2003, si caratterizza per una concentrazione forte sull’Ip, sull’inno­vazione e sulle tecnologie, su un’area corporate molto settoriale e, infine, sul banking. Roma, nata invece nel 2005, mantiene tutta la parte istituzionale: il diritto amministrativo, il diritto pubblico e il settore regulatory in senso ampio, dal bancario a quello delle telecomunicazioni e del licensing. Il contenzioso, invece, taglia tra­sversalmente entrambe le sedi.

Altro approccio vincente è quello di non aver scelto di specializzarsi in Italia sul noc­ciolo duro del corporate e del banking, ma di aver seguito la sua vocazione basata sulle in­dustry. Una strategia spiegata a TopLegal da Massimiliano Mostardini, managing partner dello studio e fra i pionieri che nel 2003 contribuiro­no a far sbarcare in Italia la law firm inglese. « Nel set­tore corporate - il­lustra Mostardini - abbiamo deciso di crescere andan­do oltre i campi istituzionali e in­vestendo sull’m& a in settori collega­ti al business Ip, Tmt e soprattutto venture capital. Grazie a Francesco Torelli (esperto di private equity e venture capital en­trato in Bird & Bird nel 2006) e a Massimiliano D'Amico, siamo diventati uno degli studi più forti in Italia sulla gestione della consulenza in ambito di start- up, spin- off e altre realtà colle­gate alla ricerca ». E continua: « Se le scelte sono fatte con la giusta logica, è naturale che anche gli economics vadano nel verso giusto ».

Le logiche alla base delle scelte di Bird & Bird seguono una filosofia principe: posizionarsi in settori in cui è tradizionalmente forte, spin­gendo sempre più su temi legati all’innovazio­ne e tagliati su misura del business del cliente. L’ingresso di Arturo Leone, proveniente dal­la realtà da lui stesso fondata Collodel Leone Ligi Queirolo e in forza nella sede di Roma dal 2012, ha portato lo studio a posizionarsi sul di­ritto della pubblicità, del codice del consumo e in materia antitrust. Il tesoro che Leone ha portato in dote è stato anche e soprattutto un cliente: Telecom Italia. Dal lato, invece, del di­ritto amministrativo la crescita è stata interna. Si tratta di Simone Cadeddu, ex braccio destro di Mario Libertini, nominato equity partner in Bird & Bird in aprile. Una promozione recente ha anche riguardato il settore tax, quella di Eleonora Briolini, proveniente da Deloitte, dove si era occupata di consulenza fiscale con­tinuativa e straordinaria in ambito domestico e transnazionale. Ultimo dipartimento in espan­sione è il diritto del lavoro, grazie all’inseri­mento da qualche mese di Carlo Qauranta. Il giuslavoro, di cui la sede capitolina prima non si occupava, ora è tra le più profittevoli dello studio. L’ingresso di questi professionisti se­gue le stesse logiche che hanno caratterizza­to lo sviluppo delle sedi italiane da sempre. « Scegliamo persone con specializzazioni molto tecniche e mirate, spingendo spesso i più gio­vani a trovarsi delle nicchie interne alla loro specializzazione, come ho fatto io in tema di marchi e brevetti », spiega Mostardini.

Practice anti­cicliche, ma non solo. Anche il cor­porate è cresciuto: 30 professionisti, tra cui quattro partner, che co­prono il private equity, il venture capital e i mercati dei capitali. Ma è cresciuto sempre in ottica opportu­nistica, sfruttando le nicchie di mer­cato ancora profittevoli, come nel caso della recente virata sul restructuring, che ha coin­volto sia la parte corporate sia quella banking. Alberto Salvadè, socio a capo del settore, spie­ga: « Crediamo all’m& a tech e life sciences. Se prima puntavamo soprattutto su licensing, Tmt, energy e financial institutions, ora il prossimo settore di sviluppo è aviation e aerospace dove abbiamo acquisito in ambito corporate experti­se con Francesco Barbieri, che ha portato com­petenza e clienti internazionali ». 

Il contraccolpo 

Forse di sfida persa non può parlarsi, ma di con­traccolpo senz’altro sì. Se tanti sono stati gli ingressi, nel 2011 lo studio ha subito un’uscita di peso, quella di uno dei fondatori della sede romana, Eutimio Monaco. Esperto di Tmt, si è occupato sin dalla sua apertura della sede capito­lina e ne è diventato partner nel 2006. Ma a soli cinque anni di distanza lascia lo studio per accet­tare un’offerta di partnership da CMS Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni, dove poi è rima­sto appena un anno. All’inizio di maggio 2012, Monaco ha lanciato il suo nuovo studio, la bouti­que Monaco e Associati con sede a Roma, sempre incentrata su antitrust e diritto delle comunica­zioni elettroniche. Al suo posto, nella sede roma­na di Bird & Bird, è entrato Arturo Leone.


Le sfide ancora da affrontare 

Tra gli elementi risultati premianti per Bird & Bird, il fatto di essere approdato in Italia in un momento storico precedente alla crisi in cui il ruolo dell’avvocato si stava già discostando da quello più tradizionale. Cominciava a manife­starsi l’esigenza per i professionisti di essere più flessibili, meno ingessati e soprattutto più orientati verso il cliente. Lo studio ritiene di aver goduto di un vantaggio competitivo che gli ha fatto guadagnare tempo rispetto ai con­correnti, perché non è stata necessaria alcuna transizione culturale rispetto al passato. Per questo motivo, la mancanza di un’organizza­zione tradizionale e di un’esperienza plurien­nale, non è stato ritenuto penalizzante.


Ma i vantaggi competitivi non durano per sempre. E, nonostante i risultati raggiunti, ci sono sfide ancora da affrontare nel prossimo fu­turo. Non sarà semplice, infatti, far sì che una struttura che ha raggiunto dimensioni così rag­guardevoli rimanga coesa. Lo studio in Italia è nato inizialmente come un’aggregazione di professionisti che condividevano la stessa pro­venienza. I primi che insieme a Mostardini han­no dato vita a Bird & Bird si erano formati in Andersen Legal: «Un gruppo originario molto compatto e coeso con dei valori simili e gran­de affiatamento. Il fatto che sin dall’inizio nello studio non ci sia stata nessuna prima donna, ma al contrario molta interazione, è stato un punto di fondamentale importanza », sottolinea il ma­naging partner. Ma con il crescere della strut­tura, cresce anche la necessità di gestire nuove integrazioni e nuove culture. Considerando che la maggior parte dei lateral è stata messa a segno negli ultimi due anni, è ancora presto per fare bilanci sulla tenuta della cultura interna.


Così come è difficile fare previsioni sulla direzione che prenderà il mercato di domani. Quella di Bird & Bird è stata un’espansione su settori anticiclici. Un approccio in cui un ruolo importante lo gioca il contesto econo­mico. Ragion per cui ciò che paga in questa congiuntura, non è detto continuerà a dimo­strarsi premiante in futuro. La crisi prima o poi passerà, e solo a quel punto si potrà ve­ramente dire se si è trattato di una manovra emergenziale o di una scelta lungimirante.

L’eredità di Andersen
di Michael Di Palma

Quando tira le somme del decennio appena concluso per Bird & Bird, il managing partner Massimiliano Mostardini preferisce parlare di risultati eco­nomici raggiunti in termini di persone, non di fatturato. Pertanto, sottolinea come lo studio sia stato avviato da quattro avvocati nel 2003 mentre oggi conta 15 partner e circa 120 pro­fessionisti. «Credo – spiega – che basti questo a dimostrare quanto siamo cresciuti ».

Certo, nel quinquennio 2007-2012, e nel bel mezzo di una forte crisi, la squadra è rad­doppiata. Ma è altrettanto vero che la crescita economica dello studio è stata notevole. Nello stesso periodo, il fatturato annuale è aumen­tato del 38% da 12 a 19,5 milioni di euro. Il posizionamento di mercato e, soprattutto, la strutturazione dei servizi per conoscenza ver­ticale degli aspetti regolatori, delle tecnologie e dell’innovazione nel banking e finance, cor­porate, information technology e life sciences, spiegano in parte questi successi. Tuttavia, bi­sogna risalire alle origini dello studio per capi­re la cultura profonda da cui emana il successo.

Era il 2002. Una delle principali società multinazionali di revisione e consulenza a li­vello mondiale si stava disgregando per colpa di una presunta responsabilità in uno dei più grandi crack finanziari degli Usa. Il crack si chiamava Enron; la società di revisione, An­dersen. In Italia, lo studio di consulenza legale e tributaria appartenente ad Andersen Legale e capeggiato da Francesco Marotta, contava 121 professionisti con clienti del calibro di Ferrari, Telefonica e Italgas. Nello sfacelo del gruppo a livello mondiale, la società italiana si fuse con il network concorrente Deloitte, mentre una parte dei soci preferì confluire in Ernst & Young. Tra questi ultimi, il capo del dipartimento Tmt di Andersen Legal e futuro fondatore di Bird & Bird nel 2003, Mostardi­ni. Ma all’interno di Andersen Legal, sarebbe riaffiorato anche un nucleo di futuri soci di Bird & Bird: Giovanni Galimberti e Alberto Salvadè che avviano lo studio con Mostardini nell’anno della sua fondazione; poi Edoardo Courir, Amedeo Rampolla, Stefano Silvestri e Michele Monti che fanno il loro appro­do nello studio sucessivamente.


Non è un caso se lo zoccolo duro di Bird & Bird abbia affondato le sue radici in una so­cietà di consulenza connotata per la sua rico­nosciuta cultura di business e l’attenzione al cliente. Questa cultura viene preservata nel passaggio alla nuova start-up legale, la cui missione è di presidiare i segmenti di nicchia come le nuove tecnologie e le scienze della vita. L’approccio tipicamente consulenziale si vede chiaramente in un settore come il life sciences. All’avvocato è chiesto di seguire il ciclo produttivo sin dalla fase iniziale dove serve essere esperto di brevetti, licenze e con­tratti nonché una conoscenza della specifica normativa in materia regolatoria. In seguito, la fase di sviluppo del prodotto: dalla confor­mità agli standard d’inserimento nel mercato alle autorizzazioni, dalla commercializzazio­ne alla pubblicità del prodotto con le possibi­li questioni in materia di concorrenza, tutela del consumatore e danno da prodotto.

L’idea di formare consulenti legali iper-spe­cializzati, persino in settori in cui deve ancora nascere una disciplina giuridica, genera enor­mi vantaggi competitivi. Avendo acquistato una riconoscibilità che anticipa l’eventuale quadro regolamentare, diventa facile imporsi sul mercato con autorevolezza. I fondatori di Bird & Bird in Italia l’avevano capito.


Articolo pubblicato  in TopLegal novembre 2013 

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