Dieci anni in Italia. Un compleanno importante quello di Bird & Bird, ma anche un’occasione per fare un bilancio sull’attività svolta, le sfide vinte, quelle perse e quelle ancora da affrontare. Partendo da un dato di fatto: un ultimo biennio caratterizzato da una fortissima espansione. Nel 2012 la law firm inglese ha concluso in Italia ben 13 lateral hire, a cui nel 2013 si sono aggiunti due nuovi soci, portando lo studio a contare tra le sue fila 15 partner su 104 professionisti. E i numeri con il segno più davanti non riguardano solo la compagine dei professionisti. Secondo i dati della classifica TopLegal 100 lo studio, che si posiziona al 25 ° posto nel mercato italiano, lo scorso anno ha chiuso con un utile di 8,1 milioni di euro e con un fatturato di 19,5 milioni di euro, in crescita rispetto al 2011 dell’ 8,3%.
Una crescita in controtendenza rispetto ai concorrenti, soprattutto internazionali. In un periodo in cui alcune realtà arrancano in Italia, sembra che Bird & Bird sia riuscito a cavalcare la crisi. Si tratta di un’espansione assolutamente non casuale, fatta di scelte mirate e strategiche. Indirizzate a costruire sempre di più un’identità specifica dello studio, in grado di renderlo uno specialista su nicchie di expertise ricercate e, di conseguenza, profittevoli: seguendo la vocazione della casa madre si è posizionato in primis sulla proprietà intellettuale (Ip) e tecnologia, media e telecomunicazioni (Tmt). Mentre la maggior parte dei suoi competitor internazionali è sbarcato in Italia per posizionarsi sulle tradizionali aree del corporate e del banking & finance, per Bird & Bird queste due practice non sono state la premessa per lo sviluppo, ma una logica conseguenza dell’approccio per industry che lo ha contraddistinto. Una strategia che è stata in grado di rendere oggi le due sedi italiane della law firm le più profittevoli del gruppo a livello mondiale. Un primato, mai come in questo momento di sofferenza di mercato, difficile da vantare in Italia.
Le sfide vinte
Una tappa importante per la crescita strategica di Bird & Bird arriva poco prima del 2012. Le scelte alla base dei risultati numerici citati sono state essenzialmente due: mantenere l’asse Roma- Milano dando una connotazione diversa alle due sedi; e concentrarsi su specializzazioni molto tecniche e anticicliche, per poi espandersi, in maniera mirata e opportunistica, su quelle più tradizionali del banking e del corporate. Basti ricordare a riguardo due delle operazioni più significative dell’ultimo anno: il processo di ricapitalizzazione di Premafin, eseguito mediante la sottoscrizione da parte di Unipol di un aumento di capitale di circa 339,5 milioni di euro; e l’operazione di vendita del 75% del capitale del marchio storico di abbigliamento femminile “ Via delle Perle” al fondo di private equity Argos Soditic.
Una delle sfide vinte dallo studio è quella di essere riuscito a mantenere inalterata la profittabilità delle due sedi di Milano e Roma, in un momento in cui molti studi di matrice internazionale mostrano sofferenza di risultati nella Capitale. Un risultato raggiunto grazie al fatto che nessuna delle due sedi è una mera duplicazione dell’altra, ma si occupano di operazioni differenti, imperniate sulle peculiarità storiche delle due città. Milano, prima sede nata nel 2003, si caratterizza per una concentrazione forte sull’Ip, sull’innovazione e sulle tecnologie, su un’area corporate molto settoriale e, infine, sul banking. Roma, nata invece nel 2005, mantiene tutta la parte istituzionale: il diritto amministrativo, il diritto pubblico e il settore regulatory in senso ampio, dal bancario a quello delle telecomunicazioni e del licensing. Il contenzioso, invece, taglia trasversalmente entrambe le sedi.
Altro approccio vincente è quello di non aver scelto di specializzarsi in Italia sul nocciolo duro del corporate e del banking, ma di aver seguito la sua vocazione basata sulle industry. Una strategia spiegata a TopLegal da Massimiliano Mostardini, managing partner dello studio e fra i pionieri che nel 2003 contribuirono a far sbarcare in Italia la law firm inglese. « Nel settore corporate - illustra Mostardini - abbiamo deciso di crescere andando oltre i campi istituzionali e investendo sull’m& a in settori collegati al business Ip, Tmt e soprattutto venture capital. Grazie a Francesco Torelli (esperto di private equity e venture capital entrato in Bird & Bird nel 2006) e a Massimiliano D'Amico, siamo diventati uno degli studi più forti in Italia sulla gestione della consulenza in ambito di start- up, spin- off e altre realtà collegate alla ricerca ». E continua: « Se le scelte sono fatte con la giusta logica, è naturale che anche gli economics vadano nel verso giusto ».
Le logiche alla base delle scelte di Bird & Bird seguono una filosofia principe: posizionarsi in settori in cui è tradizionalmente forte, spingendo sempre più su temi legati all’innovazione e tagliati su misura del business del cliente. L’ingresso di Arturo Leone, proveniente dalla realtà da lui stesso fondata Collodel Leone Ligi Queirolo e in forza nella sede di Roma dal 2012, ha portato lo studio a posizionarsi sul diritto della pubblicità, del codice del consumo e in materia antitrust. Il tesoro che Leone ha portato in dote è stato anche e soprattutto un cliente: Telecom Italia. Dal lato, invece, del diritto amministrativo la crescita è stata interna. Si tratta di Simone Cadeddu, ex braccio destro di Mario Libertini, nominato equity partner in Bird & Bird in aprile. Una promozione recente ha anche riguardato il settore tax, quella di Eleonora Briolini, proveniente da Deloitte, dove si era occupata di consulenza fiscale continuativa e straordinaria in ambito domestico e transnazionale. Ultimo dipartimento in espansione è il diritto del lavoro, grazie all’inserimento da qualche mese di Carlo Qauranta. Il giuslavoro, di cui la sede capitolina prima non si occupava, ora è tra le più profittevoli dello studio. L’ingresso di questi professionisti segue le stesse logiche che hanno caratterizzato lo sviluppo delle sedi italiane da sempre. « Scegliamo persone con specializzazioni molto tecniche e mirate, spingendo spesso i più giovani a trovarsi delle nicchie interne alla loro specializzazione, come ho fatto io in tema di marchi e brevetti », spiega Mostardini.
Practice anticicliche, ma non solo. Anche il corporate è cresciuto: 30 professionisti, tra cui quattro partner, che coprono il private equity, il venture capital e i mercati dei capitali. Ma è cresciuto sempre in ottica opportunistica, sfruttando le nicchie di mercato ancora profittevoli, come nel caso della recente virata sul restructuring, che ha coinvolto sia la parte corporate sia quella banking. Alberto Salvadè, socio a capo del settore, spiega: « Crediamo all’m& a tech e life sciences. Se prima puntavamo soprattutto su licensing, Tmt, energy e financial institutions, ora il prossimo settore di sviluppo è aviation e aerospace dove abbiamo acquisito in ambito corporate expertise con Francesco Barbieri, che ha portato competenza e clienti internazionali ».
Il contraccolpo
Forse di sfida persa non può parlarsi, ma di contraccolpo senz’altro sì. Se tanti sono stati gli ingressi, nel 2011 lo studio ha subito un’uscita di peso, quella di uno dei fondatori della sede romana, Eutimio Monaco. Esperto di Tmt, si è occupato sin dalla sua apertura della sede capitolina e ne è diventato partner nel 2006. Ma a soli cinque anni di distanza lascia lo studio per accettare un’offerta di partnership da CMS Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni, dove poi è rimasto appena un anno. All’inizio di maggio 2012, Monaco ha lanciato il suo nuovo studio, la boutique Monaco e Associati con sede a Roma, sempre incentrata su antitrust e diritto delle comunicazioni elettroniche. Al suo posto, nella sede romana di Bird & Bird, è entrato Arturo Leone.
Le sfide ancora da affrontare
Tra gli elementi risultati premianti per Bird & Bird, il fatto di essere approdato in Italia in un momento storico precedente alla crisi in cui il ruolo dell’avvocato si stava già discostando da quello più tradizionale. Cominciava a manifestarsi l’esigenza per i professionisti di essere più flessibili, meno ingessati e soprattutto più orientati verso il cliente. Lo studio ritiene di aver goduto di un vantaggio competitivo che gli ha fatto guadagnare tempo rispetto ai concorrenti, perché non è stata necessaria alcuna transizione culturale rispetto al passato. Per questo motivo, la mancanza di un’organizzazione tradizionale e di un’esperienza pluriennale, non è stato ritenuto penalizzante.
Ma i vantaggi competitivi non durano per sempre. E, nonostante i risultati raggiunti, ci sono sfide ancora da affrontare nel prossimo futuro. Non sarà semplice, infatti, far sì che una struttura che ha raggiunto dimensioni così ragguardevoli rimanga coesa. Lo studio in Italia è nato inizialmente come un’aggregazione di professionisti che condividevano la stessa provenienza. I primi che insieme a Mostardini hanno dato vita a Bird & Bird si erano formati in Andersen Legal: «Un gruppo originario molto compatto e coeso con dei valori simili e grande affiatamento. Il fatto che sin dall’inizio nello studio non ci sia stata nessuna prima donna, ma al contrario molta interazione, è stato un punto di fondamentale importanza », sottolinea il managing partner. Ma con il crescere della struttura, cresce anche la necessità di gestire nuove integrazioni e nuove culture. Considerando che la maggior parte dei lateral è stata messa a segno negli ultimi due anni, è ancora presto per fare bilanci sulla tenuta della cultura interna.
Così come è difficile fare previsioni sulla direzione che prenderà il mercato di domani. Quella di Bird & Bird è stata un’espansione su settori anticiclici. Un approccio in cui un ruolo importante lo gioca il contesto economico. Ragion per cui ciò che paga in questa congiuntura, non è detto continuerà a dimostrarsi premiante in futuro. La crisi prima o poi passerà, e solo a quel punto si potrà veramente dire se si è trattato di una manovra emergenziale o di una scelta lungimirante.
L’eredità di Andersen
di Michael Di Palma
Quando tira le somme del decennio appena concluso per Bird & Bird, il managing partner Massimiliano Mostardini preferisce parlare di risultati economici raggiunti in termini di persone, non di fatturato. Pertanto, sottolinea come lo studio sia stato avviato da quattro avvocati nel 2003 mentre oggi conta 15 partner e circa 120 professionisti. «Credo – spiega – che basti questo a dimostrare quanto siamo cresciuti ».
Certo, nel quinquennio 2007-2012, e nel bel mezzo di una forte crisi, la squadra è raddoppiata. Ma è altrettanto vero che la crescita economica dello studio è stata notevole. Nello stesso periodo, il fatturato annuale è aumentato del 38% da 12 a 19,5 milioni di euro. Il posizionamento di mercato e, soprattutto, la strutturazione dei servizi per conoscenza verticale degli aspetti regolatori, delle tecnologie e dell’innovazione nel banking e finance, corporate, information technology e life sciences, spiegano in parte questi successi. Tuttavia, bisogna risalire alle origini dello studio per capire la cultura profonda da cui emana il successo.
Era il 2002. Una delle principali società multinazionali di revisione e consulenza a livello mondiale si stava disgregando per colpa di una presunta responsabilità in uno dei più grandi crack finanziari degli Usa. Il crack si chiamava Enron; la società di revisione, Andersen. In Italia, lo studio di consulenza legale e tributaria appartenente ad Andersen Legale e capeggiato da Francesco Marotta, contava 121 professionisti con clienti del calibro di Ferrari, Telefonica e Italgas. Nello sfacelo del gruppo a livello mondiale, la società italiana si fuse con il network concorrente Deloitte, mentre una parte dei soci preferì confluire in Ernst & Young. Tra questi ultimi, il capo del dipartimento Tmt di Andersen Legal e futuro fondatore di Bird & Bird nel 2003, Mostardini. Ma all’interno di Andersen Legal, sarebbe riaffiorato anche un nucleo di futuri soci di Bird & Bird: Giovanni Galimberti e Alberto Salvadè che avviano lo studio con Mostardini nell’anno della sua fondazione; poi Edoardo Courir, Amedeo Rampolla, Stefano Silvestri e Michele Monti che fanno il loro approdo nello studio sucessivamente.
Non è un caso se lo zoccolo duro di Bird & Bird abbia affondato le sue radici in una società di consulenza connotata per la sua riconosciuta cultura di business e l’attenzione al cliente. Questa cultura viene preservata nel passaggio alla nuova start-up legale, la cui missione è di presidiare i segmenti di nicchia come le nuove tecnologie e le scienze della vita. L’approccio tipicamente consulenziale si vede chiaramente in un settore come il life sciences. All’avvocato è chiesto di seguire il ciclo produttivo sin dalla fase iniziale dove serve essere esperto di brevetti, licenze e contratti nonché una conoscenza della specifica normativa in materia regolatoria. In seguito, la fase di sviluppo del prodotto: dalla conformità agli standard d’inserimento nel mercato alle autorizzazioni, dalla commercializzazione alla pubblicità del prodotto con le possibili questioni in materia di concorrenza, tutela del consumatore e danno da prodotto.
L’idea di formare consulenti legali iper-specializzati, persino in settori in cui deve ancora nascere una disciplina giuridica, genera enormi vantaggi competitivi. Avendo acquistato una riconoscibilità che anticipa l’eventuale quadro regolamentare, diventa facile imporsi sul mercato con autorevolezza. I fondatori di Bird & Bird in Italia l’avevano capito.
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