Editoriale

LA TECNOLOGIA SALVA PARCELLE

Dalle innovazioni tecnologiche nascerebbero la soluzione ai tagli di budget e alla forte concorrenza degli studi legali secondo “L’avvocato di domani” di Richard Susskind

28-11-2019

LA TECNOLOGIA SALVA PARCELLE



di Marco Michael Di Palma


È apparso lo scorso mese in lingua italiana "L’avvocato di domani" (Edizioni Guerini), penultima opera di Richard Susskind, giurista, professore di Oxford e profeta della trasformazione digitale delle professioni. Perché dovrebbe interessare la futurologia di Susskind? Nel 2013, anno della prima edizione inglese del suo libro, Susskind descriveva mutamenti che oggi sono realtà: la creazione da parte degli studi legali di centri di servizio a basso costo; il ritorno delle “Big Four” sullo scacchiere globale dei servizi legali; l’ondata di start-up specializzate nel legal tech; infine, l’applicazione dell’intelligenza artificiale.
    
Tuttavia, sostiene Susskind, siamo solo all’inizio della rivoluzione che vedrà sempre di più le tecnologie dirompenti (o distruttive) farsi strada nel comparto legale. Alcune, come l’accesso ai servizi online e il project management, hanno già debuttato in alcuni studi italiani. Altre, come l’E-learning saranno prossimamente in arrivo. Altre ancora – l’automazione e l’analisi intelligente dei documenti, l’open-sourcing legale, la risoluzione delle controversie online (Odr) e le macchine predittive – potrebbero esordire nei prossimi anni. Magari vedremo in futuro anche le nostre aule di tribunale dotate di tecnologie avanzate insieme a tribunali virtuali. Chissà.
    
Il domani intuito da Susskind riguarda soprattutto la prossima generazione di giuristi. Per loro diventerà abissale il divario tra l’attuale sistema di formazione e lavoro svolto da una parte, e i nuovi mestieri giuridici del XXI secolo dall’altra. Questi nuovi mestieri richiederanno competenze incrociate con l’informatica e l’ingegneria: lo scienziato dei dati; il tecnico legale; l’addetto alla ricerca e sviluppo; l’ingegnere del sapere giuridico; l’analista del processo legale e il gestore dei flussi di lavoro. Le compagini ne usciranno inevitabilmente ridimensionate e la struttura piramidale ad ampia base è destinata a scomparire. Dal passato sopravvivranno solo due figure: il “consulente esperto di fiducia”, con il suo approccio altamente personalizzato per problemi e sfide legali complessi; e il «professionista “avanzato”», capace e preparato ma non per forza molto esperto, chiamato ad assistere il consulente esperto con l’ausilio delle tecnologie di standardizzazione e informatizzazione.
    
Molti professionisti italiani sosterranno che la consulenza esperta e di fiducia è esattamente quello che già fanno oggi, convinti come sono di occuparsi di un’assistenza su misura e non riproducibile. Pura finzione romantica, ribatte Susskind. Come se ogni quesito presentasse «particolarità così distintive e complesse da meritare l’attenzione della Corte Suprema». Peggio, adottare approcci artigianali a prescindere diventa controproducente quando è disponibile la produzione in serie con costi minori e risultati migliori. La finzione però nasce da una falsa dicotomia per cui, se non è un servizio fatto su misura, deve essere per forza un servizio standardizzato. Ma queste non sono le uniche possibilità. Oltre ai servizi su misura e standardizzati, esistono anche il servizio sistematizzato – realizzato con software che generano documenti basati su risposte a determinate domande – e quello esternalizzato, erogato online e venduto a pacchetto o concesso gratis al cliente.
    
Susskind lascia uno spiraglio quando afferma che ci sarà sempre bisogno di ottimi avvocati e che l’assistenza personalizzata non verrà mai meno del tutto. Ma saranno pochi a rivestire questo ruolo. Nel suo insieme, lo studio legale dovrà cambiare d’essenza e assomigliare più a una società di costruzioni, muovendosi come project manager per acquisire servizi da altri fornitori o dal suo interno per consegnare un prodotto finito.
    
Il libro di Susskind non convincerà tutti gli scettici ma sono tre gli elementi da considerare.
    
Primo, abbiamo già assistito a un cambiamento radicale in Italia per mano della sfida del “più a meno”, figlia della crisi del 2008 che ha imposto le tariffe alternative e intensificato la concorrenza tra studi legali. La tecnologia ha il potenziale di arrecare una trasformazione molto più grande. Secondo, dal momento in cui la spinta al cambiamento proviene dai clienti, questa trasformazione diventa ineludibile perché, detto senza ornamento, chi paga detta il mercato. Terzo ma non ultimo, dalla stessa tecnologia nasce la soluzione ai tagli di budget e alla concorrenza nella forma di due strategie vincenti: l’efficienza (riduzione dei costi fissi) e la collaborazione (condivisione con il cliente del costo del lavoro routinario).
    
Le resistenze al cambiamento sono profonde in Italia dove assumono un’espressione strutturale che si chiama cambio generazionale. Motivo per cui i giovani soci di oggi si sentono meno sicuri per il proprio futuro. Susskind mette a nudo anche un limite culturale della categoria. I nuovi professionisti di cui uno studio legale moderno avrà bisogno non si trovano in uno studio legale. Si pensa il contrario ma in realtà questo è dovuto a «l’arroganza che ci caratterizza come avvocati a permetterci a pensare di poter apprendere una disciplina nel corso di un fine settimana». Lo stessa miopia impedisce di venire incontro alle reali esigenze del cliente. Per riprendere un’analogia cara a Susskind, gli avvocati dovrebbero vendere il foro perfetto non il trapano inutilmente accessoriato.
    
Riassumiamo per gli scettici: invece di aggrapparvi ostinatamente a prassi di lavoro ormai obsolete e inefficienti, fareste meglio ad accettare la tecnologia, aiutando così i clienti a superare la propensione a schiacciare le vostre parcelle.


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