Difficile dare una lettura sinottica dell’anno che volge al suo termine senza rischiare di essere superficiali e soggettivi. Se dovessimo limitarci ai temi a cui nel corso del 2015 hanno dato risalto le analisi di TopLegal, potremmo dire che hanno spiccato due questioni: la sostenibilità delle insegne e le mutazioni del mercato e della concorrenza.
Il concetto di sostenibilità è stato affrontato in gran parte sotto il profilo del buon governo e dell’istituzionalizzazione delle associazioni, meta sempre ardua perché perdura un’eccessiva variabilità e discrezionalità nei comportamenti individuali dei soci. A queste riflessioni si è affiancata la sfida particolare del ricambio generazionale, emersa soprattutto con la scomparsa di due importanti fondatori quali Carlo d’Urso e Franco Bonelli, nonché la dissoluzione di Pavesi Gitti Verzoni dopo solo 12 anni di attività.
I tre volti del nuovo mercato
Bisogna dire però che la sostenibilità, intesa come equilibrio interno e progettualità nel tempo, ha avuto meno peso nell’agenda degli studi rispetto alla percezione delle minacce che derivano dalle trasformazioni delle dinamiche del mercato. E qui si delineano tre macro tendenze che hanno condizionato l’organizzazione interna degli studi e l’offerta di servizi su cui essi hanno puntato.
La prima di queste tendenze arriva dalle propensioni del capitalismo mondiale. Secondo i dati ufficiali, si è registrato un salto notevole degli investimenti da parte delle imprese straniere negli ultimi 18 mesi. Tuttavia, l’internazionalizzazione dell’economia italiana ha preso (e continua a prendere) la forma di acquisizioni di marchi storici e di grandi gruppi industriali (l’ultimo dei quali Pirelli). È aumentato il numero di società che, oggetto di delisting, di Opa e d’incorporazioni, hanno abbandonato una Piazza Affari storicamente sottosviluppata. Numerose sono inoltre le aziende pubbliche e private italiane che hanno visto entrare con quote di minoranza i capitali cinesi, arabi, russi, spagnoli, inglesi e americani. Il salotto buono è sempre meno italiano quando non è sempre più ristretto.
La seconda tendenza deriva dall’incapacità dell’eccellenza italiana a tradursi in sviluppo industriale. Tramontata definitivamente l’epoca che ha fatto la fortuna dei principali studi italiani, forti della vicinanza al potere imprenditoriale, finanziario e istituzionale del Paese, è iniziata una nuova stagione che impone di scendere la catena del valore verso il mid market. Mentre si ridimensiona il Ftse Mib vola l’Aim. Ridotte le grandi operazioni, e con loro i picchi di fatturato, aumenta la necessità di un’assistenza continuativa dell’impresa spesso a forte rischio commodity. Se l’economia italiana già da tempo non consente ad alcuno studio di vivere solo di maxi operazioni, presidiare un mercato stratificato obbliga di intervenire sui costi interni e creare strutture maggiormente flessibili. Come abbiamo affermato in passato, serve una velocità variabile in termini di diversità di capacità e di specializzazioni da un lato, e di servizi e redditività dall’altro.
Infine, vi è un terzo processo in atto, spinto dagli obblighi della compliance e delle esigenze crescenti del buon governo che stanno ridefinendo la tradizionale cultura del business legale. Sempre più aziende adottano procedure istituzionalizzate e comparative attraverso cosiddette «gare di bellezza » per verificare e selezionare il consulente esterno. Puntare sulla correttezza dei protocolli interni significa mettere fine all’affidamento diretto del mandato, affievolendo così la leva delle relazioni personali.
La sfida boutique
Mentre l’impatto di queste prospettive commerciali e culturali è stato ampio e ha coinvolto tutto lo spettro legale, ai cambiamenti che tracciamo è stata particolarmente esposta la classica boutique italiana. Le possibilità minori di mandati ad alta marginalità, il ridimensionamento dei rapporti fiduciari con clienti istituzionali e lo spostamento dei centri decisionali, la domanda di servizi multidisciplinari e, infine, le imprese con budget ridotti, sempre meno convinte che convenga ripartire il mandato fra più studi: tutti questi fattori hanno premiato un’offerta dei servizi legali agli antipodi dello studio con risorse ridotte e specialità limitate al societario e al contenzioso. Una risposta però sta arrivando. Come aveva già fatto qualche anno prima Lombardi Molinari Segni, anche Gattai Minoli Agostinelli e, in parte minore, Gatti Pavesi Bianchi, Grimaldi e Lca Lega Colucci hanno scelto la strada dell’espansione per uscire da un segmento difficile e riposizionarsi sul full service.
Altrettanto vulnerabili, ma per ulteriori motivi, sono gli studi mono specializzati. Emblematiche dei cambiamenti in corso, le novità del contesto normativo che nel 2015 hanno riguardato il Lavoro, settore capovolto dal Jobs Act. Come già avvenuto nell’ambito penale commerciale, si prospetta uno spostamento nell’asse di attività per i giuslavoristi, dalla difesa legale tradizionale fondata sul primato del contenzioso verso un approccio maggiormente orientato all’impresa che premia la consulenza strategica.
L'incognita internazionale
Il mercato si è fatto complicato anche per la vetta del comparto legale italiano, consapevole ora come mai prima della necessità di strutture di stampo aziendalistico per meglio gestire i servizi destinati alle imprese. In questa prospettiva va inquadrata la trasformazione perseguita da BonelliErede che quest’anno ha messo al centro del suo riassetto la gestione centralizzata dei mandati e la condivisione della clientela per connotarsi sul modello di studio legale internazionale.
Ed è l’aspetto internazionale che rimane il grande interrogativo degli studi legali italiani. I flussi d’affari che provengono dall’estero e i mandati più redditizi favoriscono i grandi concorrenti stranieri che si muovono in base a logiche globali anche decentralizzate, come quelle dell’esordiente Dentons. Oltre a puntare sulla fascia media, le insegne autoctone percepiscono la necessità di intercettare la domanda estera a monte, ma i percorsi di sviluppo e i progetti su cui investire si intravedono con molta meno chiarezza e precisione. Nondimeno la piazza di Londra continua a essere appetibile: alla nuova sede di Macchi di Cellere potrebbe seguire nell’anno nuovo quella di Gattai.
Le conoscenze tecnico-giuridiche restano il punto di eccellenza per gli studi italiani ma queste non bastano. I servizi legali ancora fermi al paradigma della catena di produzione andrebbero sistematicamente « terziarizzati» per migliorarne la competitività. A patto che, come hanno insegnato i colossi angloamericani, questo progetto di sviluppo non venga affidato in esclusiva agli avvocati.
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