Acquedotto Pugliese

Largo al beauty contest

La società per azioni nonché soggetto pubblico al centro di una profonda trasformazione, che riguarda la governance e la compliance

29-01-2016

Largo al beauty contest

Interamente controllato dalla Regione, Acquedotto Pugliese Spa, che ge­stisce il Servizio Idrico Integrato in Puglia ed in alcuni comuni della Regione Campania, presen­ta una serie di elementi distintivi che rendono il rapporto tra la Direzione Tutela Giuridica e gli studi legali esterni particolarmente sfidante. Questo sia per la natura del processo di selezio­ne, che deve essere interamente tracciabile e ren­dicontabile agli organismi di controllo esterni ed interni della società, sia per la complessità di alcuni temi che vedono intrecciarsi questioni di diritto amministrativo, penale e ambientale.

A gestire la Direzione in questione è Giorgio Martellino, classe 1968, che vanta un percorso professionale ricco di esperienze molto etero­genee tra loro: da una multinazionale america­na ( Abbott) a un’impresa familiare italiana dai numeri importanti ( Natuzzi), da una holding quotata ( Cementir) a una società pubblica di ge­stione di un servizio pubblico.

« Acquedotto pugliese si caratterizza da un lato per la sua natura di società per azioni, con tutto ciò che ne consegue in termini di gestio­ne operativa, dall’altra di soggetto pubblico – il cui azionista ne determina le regole di funzio­namento e richiede il rispetto di precisi requisiti di governance e compliance – spiega Martellino. Opera inoltre in un settore molto regolamentato data la natura del servizio di erogazione ».

Le tariffe del servizio idrico integrato, ad esem­pio, sono determinate da due autorità indipenden­ti: dall’Autorità idrica pugliese che sovrintende alla determinazione e all’applicazione delle tariffe a livello locale, e da un paio d’anni, anche dall’Au­torità per l’energia elettrica il gas e il sistema idri­co, che approva le tariffe a livello nazionale.

Oltre al controllo di gestione e all’internal au­dit, l’operato dell’ente, che rappresenta una re­altà infrastrutturale tra le più estese e comples­se d’Europa, è sottoposto anche al controllo di altri organismi tra cui il Collegio sindacale, così come avviene per tutte le società di capitali, la società di revisione per certificare i bilanci, un magistrato della Corte dei Conti dedicato alla verifica dell’operato dell’Acquedotto e altri orga­ni di controllo come l’Antitrust per la normativa che regola i rapporti tra gli attori sul mercato, il Garante della Privacy dal momento che vengono raccolti e conservati i dati degli utenti del servi­zio e l’Autorità Nazionale anticorruzione.

Nel corso degli ultimi due anni, proprio al fine di presidiare meglio tutte le aree relative al siste­ma dei controlli e delle compliance, vi è stata una profonda trasformazione che ha portato a una suddivisione delle competenze dell’Ufficio legale in due strutture separate, dotate di due budget distinti. Da un lato vi è l’Unità Affari legali, a supporto della Direzione generale, dall’altro una Direzione Tutela Giuridica e Compliance al ri­porto diretto dell’Amministratore Unico, dove si gestiscono la governance societaria e tutte le tematiche relative al rispetto della conformità dell’attività aziendale alle normative più rilevan­ti (quali ad es. D. lgs. 231/01, Anticorruzione e Trasparenza, Antitrust e Privacy).

« In sostanza, nell’effettuare questa operazione di riorganizzazione ci siamo accorti che stavano diventando preponderanti nella figura del Ge­neral Counsel le responsabilità e le incombenze legate alla compliance. Oggi invece l’Unità affari legali, tradizionalmente intesa, continua a occu­parsi di recupero crediti, appalti, assicurazioni, ambientale, in pratica di tutto ciò che ruota in­torno all’operatività della società, tra cui anche la gestione del contenzioso. Mentre nella dire­zione autonoma Tutela giuridica e Compliance, a riporto diretto dell’Amministratore Unico, sono confluiti tutti i sistemi di controllo aziendale, ovvero tutti i programmi di compliance, tra cui i presidi anticorruzione e trasparenza e l’internal audit », precisa Martellino.

Oggi l’ufficio legale così riorganizzato svolge internamente quasi tutte le sue attività. Il ricor­so agli studi legali esterni, per quanto limitato, è finalizzato a reperire competenze specifiche, tra cui quelle di diritto ambientale, a sostenere il patrocinio di fronte a magistrature di ordine superiore tra cui il Consiglio di Stato o la Corte di Cassazione, e a sopperire a picchi di lavoro sul fronte del recupero crediti.

« Abbiamo definito delle convenzioni con gli ordini degli avvocati locali e abbiamo creato una sorta di albo degli studi legali di fiducia in mate­ria penale e giuslavoristica a cui poter far ricorso in caso di necessità. Questo processo è iniziato qualche anno fa ed è ancora in fase di ulteriore sviluppo. Stiamo valutando anche l’adozione di strumenti informatici e un ampliamento dell’at­tività di scouting del mercato dei servizi legali.

« Allargando l’albo, e quindi ampliando il ven­taglio di possibili scelte - precisa Martellino ­contiamo infatti sia di ottenere migliori condizio­ni economiche, sia maggiore qualità del servizio. Riteniamo infatti che l’allargamento del beauty contest possa portare dei risultati migliori nella gestione del budget e della selezione. Il beauty contest è diventato ormai il necessario contem­peramento tra le esigenze di efficacia e qualità dei processi di selezione dei legali esterni e le best practice della compliance (D. lgs. n. 231/01 e anti­corruzione) in materia di acquisizione trasparen­te di tale tipologia di servizi. Anche nel processo di selezione degli studi esterni vi è quindi una forte componente legata alla compliance. Data la nostra natura di società pubblica, il processo di selezione del consulente legale deve essere trac­ciabile e il più trasparente possibile. Per questo diventa importante aprire il mercato per favorire il confronto tra i consulenti ».

Per essere inseriti in quest’albo occorre possede­re precisi requisiti tra cui una serie di track record e determinate specializzazioni. Ma nonostante ciò, il rischio di non reperire le competenze di cui l’azienda ha bisogno resta alto dal momento che gli studi legali esterni talvolta dimostrano una scarsa conoscenza del contesto di riferimento.

« Nella maggior parte dei casi il legale esterno tende a individuare delle soluzioni non soste­nibili per la realtà dell’azienda. Mi riferisco al fatto che spesso ciò che viene suggerito è sovra­dimensionato rispetto a quanto è effettivamen­te possibile realizzare, perché comporta un ag­gravamento dei costi aziendali oppure perché non tiene conto delle risorse umane disponibili per implementarla. Quello che noi chiediamo invece al consulente esterno è di effettuare un vero e proprio assessment dei rischi. Non basta infatti che la soluzioni siano potenzialmente in grado di risolvere un determinato problema, ma occorre siano realizzabili nel nostro pecu­liare contesto. In generale manca negli studi esterni una sensibilità nel valutare la specifici­tà aziendale. È importante quindi che gli studi legali sappiano instaurare un dialogo profondo con la società che hanno di fronte e in questo senso il General counsel può aiutare il consu­lente esterno a valutare, e quindi misurare, i costi aggiuntivi delle soluzioni proposte ».

Un’altra criticità è data invece dalla struttura­zione delle offerte economiche, una nota dolente che viene affrontata tramite il sistema della con­venzione con gli studi legali. « La nostra policy è quella di non avviare alcun processo prima di ricevere un preventivo scritto. Utilizziamo il sistema delle convenzioni anche per avere maggiore certezza e trasparenza sulla tariffa. Cerchiamo di evitare la tariffazione ora­ria perché preferiamo adottare una tariffazione forfettaria che tenga conto, laddove serve, anche dei risultati ». La natura pubblica della società fa sì che debbano essere osservate delle regole ben precise nella scelta degli studi esterni. «Tutte le scelte che vengono effettuate all’interno di una società pubblica possono essere sindacate da al­tri enti tra cui, nel nostro caso, anche la Corte dei Conti. In sostanza, nel pubblico la moltepli­cità di passaggi per arrivare alla selezione di un fornitore si arricchisce dell’esistenza di ulteriori controlli assenti invece nel settore privato ».

Ma le criticità nella selezione dei fornitori non sono legate solo a questioni di natura procedu­rale, ma anche di tipo sostanziale, in primis alla scarsa preparazione su alcuni temi ritenuti chiave dall’ente. « Alcune materie risultano inoltre poco conosciute dal punto di vista dell’applicazione pra­tica. Nel nostro settore ad esempio troviamo una scarsa competenza degli studi italiani sul diritto ambientale. Si tratta di un argomento multidisci­plinare che incrocia elementi di diritto ammini-s­trativo, di diritto penale nonché aspetti tecnici. Purtroppo ancora oggi non vi è un approccio inte­grato a questo tema: per superare questi limiti ser­virebbero momenti di formazione e confronto tra specialisti. Finora purtroppo, chi intende affron­tare questioni ambientali è costretto ad acquisire opinioni separate che devono essere sintetizzate all’interno dell’azienda con un conseguente aggra­vio di costi e allungamento dei tempi ».


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