L'ASLA APRE AI SOCI DI CAPITALE

16-10-2008

L'ASLA APRE AI SOCI DI CAPITALE

In tempi di crisi, una boccata d'ossigeno per molti professionisti potrebbe venire dalla possibilità di costituire studi legali in forma di società di capitali. Del resto, altri Paesi si sono già mossi in questa direzione, e per le law firm italiane si tratterebbe se non altro di tenere il passo con i concorrenti stranieri. La pensa così l'Associazione degli studi legali associati, che ha ufficializzato di recente con il presidente Giovanni Lega (nella foto), nel corso del Lex Expo 2008, una posizione maturata dopo un lungo dibattito interno. Di tutt'altro avviso il Consiglio nazionale forense, che vede invece nel socio di puro capitale una seria minaccia all'indipendenza dei professionisti.
«All'interno dell'associazione», spiega Lega, «ci siamo chiesti quali possano essere i vantaggi di questa possibilità e quali gli aspetti negativi, nel momento in cui ci fosse una disciplina severamente regolamentata. La prima delle obiezioni che viene posta è che con l'entrata di soci di puro capitale l'indipendenza non esisterebbe più. Ma uno studio legale sostanzialmente monocliente, che rappresenti un importante istituto di credito in molti aspetti della sua attività e che da questo tragga la parte più consistente del proprio fatturato, è davvero più indipendente rispetto a uno che quella banca ce l'abbia in capitale?».
L'apertura decisa di Giovanni Lega non trova però sponda nel Consiglio nazionale forense, dove il no resta netto. Il Cnf è fortemente contrario a introdurre le società di capitali, perché ritiene che l'ingresso di soci non avvocati avrebbe conseguenze devastanti sull'indipendenza dei professionisti: «Se negli studi dovesse entrare il capitale», spiega il consigliere Giovanni D'Innella, «le scelte professionali ne verrebbero veramente condizionate. Il capitale è utile per l'aggiornamento, per la crescita di uno studio, ma inevitabilmente condiziona». Per il Cnf, nessun socio entrerebbe nel capitale di uno studio senza la possibilità di garantirsi un controllo, o quantomeno un diritto di ispezione, che incide sull'attività dello studio. Questo imporrebbe la necessità di trovare una difficile mediazione per garantire contemporaneamente i diritti del cliente e quelli del socio.
 «L'Australia, e l'Inghilterra nel 2010», ribatte Lega, «hanno già previsto di aprire le law firm al socio di puro capitale, dando loro la possibilità di accedere a mercati regolamentati. Tra poco in Europa si darà la possibilità ai professionisti di organizzarsi in società di consulenza: io non intendo assolutamente derogare alle norme deontologiche, ma vorrei che l'Italia non fosse, ancora una volta, l'ultima a prendere il treno».


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