È di questi giorni la notizia che, a Londra, Credit Suisse ha deciso di far causa, per responsabilità professionale, alla law firm del magic circle Linklaters, chiedendo il risarcimento di 136 milioni di euro per i danni causati da un parere, ritenuto errato, sulla conclusione di un’operazione di finanza strutturata tra Credit Suisse e Parmalat.
I fatti risalgono al 2001, quando Parmalat Brasile, ha emesso un bond convertibile da 500 milioni di euro sottoscritto dalla banca che, all’epoca si chiamava Credit Suisse First Boston. Contestualmente, Credit Suisse e Parmalat Spa hanno stipulato un forward sale agreement (Fsa) ai sensi del quale, Parmalat Spa si impegnava ad acquistare da Credit Suisse, per il corrispettivo di circa 248 milioni di euro, la titolarità di tutte le azioni Parmalat Brasile che sarebbero derivate dalla conversione del prestito alla data di scadenza.
Nel 2003, Parmalat è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e nell’ambito di questa procedura sono state promosse azioni revocatorie, anche nei confronti di Credit Suisse che riuscì a chiudere la partita grazie a un accordo transattivo da 154 milioni (la richiesta di revocatoria del commissario straordinario Enrico Bondi, invece, era stata per l’intero ammontare della somma anticipata).
A Londra, Credit Suisse ritiene che Linklaters, che a sua volta si era avvalso di un parere dello studio Gianni Origoni Grippo (Gogp) nella redazione dell’opinion, non abbia evidenziato tutti i rischi connessi all’operazione e in particolare al Fsa, e pertanto ha deciso di promuovere l’azione di responsabilità professionale.
Lo studio Gogp e nello specifico il socio Bruno Bartocci (oggi partner di Legance), fu interpellato da Linklaters per fornire delucidazioni sul contenuto dell’articolo 67 primo comma numero uno della legge fallimentare che, per l’appunto, descrive cosa sia una revocatoria. In quel frangente, secondo quanto TopLegal ha potuto ricostruire, gli avvocati italiani non furono informati sul contesto e sull’operazione a cui si riferiva questa richiesta di informazioni.
La banca ha affidato la tutela dei propri interessi allo studio Allen & Overy che la sta assistendo con un team guidato dal socio John O’Conor e di cui fanno parte anche i consulenti esterni Jonathan Sumption, Mark Howard e Tom Adam. Nella costruzione della propria strategia legale, sempre secondo quanto ricostruito da TopLegal, la banca ha chiesto anche un parere allo studio Chiomenti su quelli che sarebbero dovuti essere i rischi connessi all’operazione che Linklaters avrebbe dovuto mettere in evidenza. In particolare, oggetto di discussione, è l’articolo 50 della Prodi bis sui cui, secondo Credit Suisse, Linklaters non aveva dato sufficienti ragguagli.
Lo studio Linklaters ha affidato la propria difesa a Clyde & Co e allo studio Bonelli Erede Pappalardo. Vincere, per la law firm magic circle, sarà fondamentale non solo per evitare di pagare l’enorme cifra contestata dalla banca, ma soprattutto per non vedere intaccata la propria reputazione di player di riferimento nel mercato del Banking e Capital markets. La stampa legale inglese, infatti, già racconta dei tentativi che law firm concorrenti stanno facendo per provare a subentrare allo studio magic circle nel panel di Credit Suisse.
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