Robot, intelligenza artificiale e lavoro in Italia. Questi i temi del rapporto di LabLaw e Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale), presentato martedì 23 ottobre a Roma. Temi più che mai attuali, lavoro e tecnologia, che sembrano ormai essere sempre più strettamente legati e di cui si continua ad analizzare i possibili impatti. TopLegal ha chiesto a Luca Failla (in foto), founding partner di LabLaw, un approfondimento sul rapporto.
Quanto è emerso, in sostanza, dal rapporto Aidp-LabLaw?
È emersa con forza l'esigenza di rivedere le categorie classiche mediante le quali tendiamo ad inquadrare le problematiche connesse al rapporto di lavoro, e questo sia dal punto di vista individuale che collettivo. La rivoluzione industriale in corso tenderà a disaggregare la nozione canonica di azienda. E se cambia l'azienda questo ha un impatto rivoluzionario che imporrà al legislatore di appropriarsi nuovamente del proprio ruolo regolatorio, e agli attori della contrattazione collettiva, di identificare un nuovo perimetro per le relazioni industriali. Il grande tema che farà da scenario a questo cambiamento è quello della formazione, inteso sia come strumento di accesso al mondo del lavoro, che come rimedio alla perdita di posti di lavori che è connessa all'implementazione di nuove tecnologie.
Qual è l’impatto di queste nuove tecnologie sul mondo del lavoro?
L'impatto è duplice. Da un lato l'ingresso dei robot, ed in particolare dei cobot, impone il ripensamento della nozione di rapporto di lavoro subordinato. L'uomo non lavorerà tramite robot, ma insieme ai robot: si tratta di ripensare in un'ottica radicalmente nuova tutta l'impostazione dello statuto dei lavoratori, che nasce sulla scorta di un'esperienza sociale completamente diversa. Basti pensare al tema del controllo a distanza, che un tempo poteva limitarsi a gestire il tema di una telecamera che rimandava immagini a distanza, mentre oggi deve interpretare il diverso problema legato al flusso informativo generato da strumenti che vengono indossati dal dipendente, ovvero di colleghi artificiali, dotati di un proprio "io" bionico, che possono in qualche modo essere chiamati anche a svolgere funzioni di vigilanza. D'altro canto l'impatto sarà notevole anche sul mondo delle relazioni industriali. Se la dimensione collettiva è quella nella quale si deve trovare la sintesi tra esigenze organizzative e diritti dei lavoratori, è del tutto evidente che le parti sociali saranno chiamate ad un continuo lavoro di aggiustamento, da svolgersi in relazione alla diversa velocità con la quale sarà implementata la rivoluzione tecnologica nelle piccole e nelle grandi aziende. Questo porterà la contrattazione collettiva aziendale a divenire parte naturale della gestione aziendale, una componente sempre più destinata alla gestione della fisiologia del rapporto, più che della patologia legata ai soli esuberi del personale.
Secondo lei, in che modo cambia per gli avvocati lo svolgimento del lavoro con l’affermarsi di robot e intelligenza artificiale. E qual è il valore aggiunto che portano queste tecnologie negli studi legali?
Il mondo dei servizi, e tra questi anche quelli legali, non potrà che essere migliorato dall'affermarsi delle nuove tecnologie. Queste renderanno immediata l'acquisizione delle fonti, ma rimarrà fondamentale la sensibilità del singolo giurista nell'individuazione della soluzione più corretta per la gestione del caso concreto. L'apporto umano resterà fondamentale ed il mercato premierà gli studi che sapranno, da un lato, implementare le tecnologie che favoriscano la più rapida acquisizione e selezione delle informazioni e, dall'altro, dotarsi di professionisti che abbiano la capacità di utilizzare questa mole di informazioni suggerendo ai propri clienti la soluzione più corretta. In quest'ottica, non vedo alcun possibile impatto negativo, ma un miglioramento della qualità del servizio legale.
Quali, invece, le sfide principali da affrontare per gli studi legali di fronte ai cambiamenti in atto?
La sfida è duplice. Da un lato occorre dotare lo studio delle tecnologie necessarie e formare le risorse affinché sappiano utilizzarle. Dall'altro è necessario favorire i percorsi di affiancamento che consentono la trasmissione del sapere dal giurista più esperto al più giovane, affinché non vada perso il patrimonio impalpabile di conoscenza e sensibilità che non può essere né insegnato ad una macchina, né catalogato in fonti archiviabili tramite software. Oggi come ieri, nel campo dei servizi legali la sfida è quella di coniugare l'utilizzo nuove tecnologie con la necessaria sensibilità del giurista.
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