Le principali associazioni del settore energie rinnovabili (circa otto tra cui Anev, Aper, Asso Energie Future e Asso Solare) si sono date appuntamento stamattina al teatro Quirino di Roma, per denunciare senza mezzi termini gli effetti immediati dell'ultimo decreto rinnovabili, «che mette in ginocchio 10mila giovani aziende e a rischio disoccupazione oltre 120mila persone». Davanti a una platea gremita (circa 700 persone), hanno parlato i rappresentanti delle imprese impegnate nel settore del fotovoltaico e anche i consulenti legali, molti dei quali in questi giorni hanno espresso pareri negativi rispetto alle restrizioni della legge, incluso eccezioni di incostituzionalità.
Parole di fuoco sono state espresse contro il ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani: «Ammetta con la stessa trasparenza delle aziende per bene di aver sbagliato e nel 2011 non tocchi le tariffe, ma applichi un correttivo, perché il danno è stato fatto». E accuse sono state mosse anche a Confindustria, che dalle colonne del Sole24ore ha appoggiato il decreto.
TopLegal ha raccolto la testimonianza di un addetto ai lavori: Carlo Maria Magni, fondatore e amministratore delegato di Refeel, una giovane azienda nata nel 2009 per sviluppare e gestire impianti fotovoltaici e che ha già al suo attivo 10 milioni di fatturato.
Qual è l'obiettivo della manifestazione e delle agitazioni di questi giorni?
Quello che stiamo cercando di fare è far sapere agli interlocutori del Ministero dello Sviluppo economico e dell'Ambiente e al Governo che quello che è stato fatto sta creando un grossissimo danno al Paese. Nel 2010 le aziende italiane attive nel fotovoltaico hanno raggiunto un fatturato totale di circa 40 miliardi di Euro, contribuendo al PIL nazionale per oltre il 2%, impiegando circa quindicimila persone e altre 100.000 coinvolte nell’indotto. In prospettiva poi i costi saranno sempre minori grazie alle graduali riduzioni delle tariffe per i nuovi impianti poiché, non aggiornandosi con l’inflazione, ridurranno molto il loro valore reale negli anni. Il costo in bolletta sarà inferiore a 10 euro/anno a famiglia al netto degli introiti a favore dello Stato. Inoltre la collettività continua a confermare dai sondaggi di essere disposta a spendere di più in bolletta per sostenere il fotovoltaico. Gli italiani hanno pagato dal 1992 a oggi cifre ben superiori per supportare la produzione elettrica da cogenerazione e fonti assimilate, spesso inquinanti e sempre con immensi guadagni spartiti tra i pochi operatori presenti. Il fotovoltaico va invece a beneficio di migliaia di società e centinaia di migliaia di autoproduttori che oggi sono già 200.000.
Il Gse ha stimato circa 41mila impianti fotovoltaici a rischio, per i quali è stata presentata la dichiarazione di fine lavori entro il 31 dicembre 2010, ma che non essendo stati ancora allacciati, potrebbero rimanere esclusi dal secondo Conto Energia. Che danno comporta in sostanza questo decreto legislativo?
Che non si sa cosa accadrà dopo il 31 maggio 2011. Inoltre Enel ha dichiarato default e le richieste di allaccio pervenute entro gennaio non saranno evase prima di metà aprile.
A quanto è stato stimato il danno?
Intorno a 10 miliardi di euro, con cantieri bloccati, finanziamenti delle banche congelati e un migliaio di posti di lavoro a rischio.
Di questi incentivi c'è davvero bisogno? Qualcuno anche in Confindustria sostiene di no.
Consideri che finora sono stati allacciati impianti per 3,7 gigawatt, dislocati tra Puglia e centro e nord Italia. Oggi in Italia un impianto fatto con Epc (Engineering, procurement, construction) costa dai 2,7 ai 2,9 milioni di euro. In Germania gli stessi impianti chiavi in mano costano dai 2,1 ai 2,2 milioni di euro. Il mercato era immaturo per competere nell'approvvigionamento dei materiali e con i sovraccosti di un sistema impreciso e destrutturato. Per questo sono ancora necessari incentivi che traghettino il sistema verso un grado di maturità più alto. Ovviamente noi tutti vogliamo che si arrivi ai valori degli altri Paesi. È corretto che ci sia un abbassamento degli incentivi, ma questo deve avvenire in maniera graduale.
A quanto ammonta il rendimento utile per attirare gli investimenti?
Il rendimento per attirare investitori è circa il 7-8%. In questo modo perderemo molta credibilità anche all'estero. Viene interrotto bruscamente un processo virtuoso che stava iniziando a dare i suoi frutti. I produttori italiani si affacciavano all'estero e i grossi vendevano player internazionali iniziavano a proporre prezzi sempre più convenienti. Con questo decreto però si blocca lo sviluppo in Italia.
Ha intenzione di fare ricorso?
Preferirei non fare ricorso. Manifestiamo proprio perché stiamo cercando di difendere gli interessi nostri e dei nostri collaboratori.