I.- L’ordinanza.
Con il provvedimento in commento ([1]), la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della validità dell’atto di escussione di una fideiussione bancaria notificato oltre il termine di efficacia della garanzia e, in seconda battuta, con comunicazione trasmessa sì l’ultimo giorno utile, ma a mezzo p.e.c. anziché lettera raccomandata a.r., come invece espressamente pattuito tra le parti nel contratto di fideiussione.
Al riguardo, la il giudice di legittimità, disattendendo le censure articolate nel ricorso, ha confermato la decisone del giudice di merito, secondo cui l’atto di escussione della garanzia, in ragione della sua natura recettizia, può produrre effetti solo nel momento in cui è portato a conoscenza del destinatario (art. 1334 cod. civ.), con l’ulteriore precisazione che, trattandosi di atto sostanziale, non può operare il principio di scissione degli effetti della notifica dello stesso valevole per gli atti processuali (per il notificante dall’avvio, per il destinatario dal perfezionamento), così come già chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ([2]).
Pertanto, in applicazione di detto principio, è stato ritenuto non tempestivo l’atto (unilaterale) di escussione della garanzia inviato a mezzo raccomandata l’ultimo giorno utile, ma ricevuto dal destinatario oltre il termine decadenziale pattuito.
Tuttavia, è stato ritenuto invalido anche l’atto di escussione che, seppur trasmesso tempestivamente al destinatario, è stato inviato mediante uno strumento diverso da quello convenzionalmente stabilito (nel caso di specie tramite p.e.c., anziché raccomandata a.r., come previsto nel contratto di garanzia).
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II.- I profili critici
Le perplessità che la decisione in esame suscita non attengono al noto e consolidato principio per cui la regola della scissione degli effetti della notificazione (sancita prima dalla giurisprudenza costituzionale ([3]) e poi recepita nel Codice di procedura civile all’art. 149, comma 3, cod. proc. civ.) vale per i soli atti processuali e non anche per quelli sostanziali, potendosi estendere anche agli effetti sostanziali dei primi nei soli casi in cui il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale ([4]).
Trattasi di un principio, come detto, consolidato in giurisprudenza che trova la sua ratio nel non far ricadere sul soggetto notificante eventuali ritardi imputabili agli organi preposti dal Legislatore per la notifica degli atti processuali.
Ad essere non condivisibile è l’ulteriore passaggio decisorio con cui la Corte di Cassazione ha escluso l’equiparazione tra la comunicazione a mezzo p.e.c. e quella a mezzo raccomandata a.r., con conseguente inefficacia dell’atto sostanziale di natura recettizia nonostante esso sia stato effettivamente portato a conoscenza del destinatario nel termine pattuito.
Siffatta statuizione, infatti, non solo ha delle ricadute significative sull’esercizio di quei diritti che possono essere fatti valere solo con atti di natura sostanziale, come ad esempio la comunicazione di disdetta o di recesso da un contratto di locazione, ma pare porsi anche (irragionevolmente) in contrasto con una nutrita serie di precedenti giurisprudenziali ([5]), oltre che con il dettato normativo.
A tale ultimo riguardo, il riferimento è:
(i) al D. Lgs. n. 82 del 2005, articolo 48, comma 2, a tenore del quale “la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta”, con cui è stata equiparata la raccomandata postale alla trasmissione del documento via p.e.c.;
(ii) al D.L. n. 185/2008, art. 16, comma 6 e 9, con cui è stato imposto a tutte le imprese un indirizzo p.e.c. e previsto che le comunicazioni tra imprese possano essere inviate con lo strumento della posta elettronica certificata, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accertarne l'utilizzo; obbligo, quest’ultimo, esteso anche alle imprese individuali dall’art. 5, comma 1, del D.L. n. 179/2012;
(iii) alla Legge n. 207/2024, art. 1 comma 860, che ha esteso agli amministratori delle imprese costituite in forma societaria l’obbligo di comunicare al registro delle imprese il domicilio digitale / indirizzo di posta elettronica certificata.
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III.- Conclusioni
La non equiparazione della trasmissione di un atto unilaterale recettizio a mezzo p.e.c. alla raccomandata a.r., con conseguente inidoneità dello stesso a produrre effetti ai sensi e per gli effetti dell’art. 1334 cod. civ., non solo ha una connotazione del tutto anacronistica, che si pone in contrasto con il favor mostrato dal Legislatore alla digitalizzazione, ma confligge con la ratio stessa dell’articolo codicistico in parola, la cui funzione pratica è quella di portare il destinatario a conoscenza del diritto fatto valere con l’atto in questione, con prevalenza del fine rispetto alle forme.
Si auspica, dunque, che la pronuncia in esame costituisca un unicum e che, pertanto, non trovi seguito nella giurisprudenza di merito.
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Il nostro Studio si occupa di diritto commerciale, societario e finanziario, con particolare attenzione agli aspetti sostanziali e processuali, ed è in grado di prestare assistenza sia alle imprese sia persone fisiche nelle suddette aree.
Milano, 20 gennaio 2025
A cura dell’Avv. Stefano Colussa
1. Cass., Sez. III civ., ord. 10 ottobre 2024, n. 26488, in DeJure – Banca dati giuridica.
2. Il riferimento è a Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24822, in Guida al Diritto, 15, pag. 42.
3. Cfr. Corte Cost., 23 gennaio 2004, n. 28, in Giust. civ. 2004, I, pag. 1143 e Corte Cost. 26 novembre 2002, n. 477, in Foro it., 2003, I, 13.
4. Così, tra le varie, Cass., Sez. II civ., 24 novembre 2022, n. 34648, in Giustizia Civile Massimario 2023, Cass., Sez. III civ., 17 marzo 2021, n. 7404, in DeJure – Banca dati giuridica; Cass., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8227, in Giustizia Civile Massimario 2019.
5. Così: Cass., Sez. I civ., 12 aprile 2022, n. 11808, in Guida al diritto 2022, pag. 20; Cass., Sez. I civ., 26 novembre 2018, n. 30532, in Diritto & Giustizia 2018 e Cass., Sez. I civ., 22 dicembre 2016, n. 26773, in Giustizia Civile Massimario 2017.
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