Internazionale

LE LEZIONI DEL CASO KING & WOOD MALLESONS

I punti critici di gestione, governance e cultura interna della practice londinese

17-01-2017

LE LEZIONI DEL CASO KING & WOOD MALLESONS

 

Per chi ha seguito in questi ultimi mesi il triste deteriorarsi delle fortune del braccio europeo di King & Wood Mallesons (Kwm), sembra che non ci sia fine al peggio.

La scorsa settimana si è fatto indietro persino l’amministratore straordinario incaricato di tutelare il rimanente patrimonio a causa della presunta mancanza di liquidità dello studio. Nel frattempo Barclays, la banca finanziatrice di Kwm, ha chiuso i rubinetti. Cento dipendenti, tra personale di supporto ma anche alcuni professionisti, non riceveranno più gli stipendi. I vertici dello studio hanno nominato un secondo amministratore straordinario il quale avrà pochi giorni per cedere le attività dello studio e procedere con il negoziato con la partnership cinese che sarebbe intenzionata a rilevare le sedi europei.

Il bilancio del dissesto è impressionante. Meno di tre anni fa Kwm era un innovatore legale mondiale, esito del primo accordo in assoluto tra Sj Berwin, uno dei maggiori studi londinesi, e due marchi prestigiosi originari della Cina e dell’Australia. Oggi lo studio ha debiti stimati a 30/35 milioni di sterline. Circa 90 soci hanno lasciato l’insegna  nel 2016, di questi oltre 40 provenienti dalle sedi europei e medio orientali.

Il fallimento di un grande studio legale internazionale era una volta cosa rara. Ora non più. Nell’ultimo decennio si sono susseguiti diversi crac nel comparto legale, tra cui il tracollo nel 2012 di Dewey & LeBoeuf, il più grande dissesto legale della storia con 300 milioni di dollari di debiti. Ed è proprio un confronto tra Dewey e Kwm che fa emergere alcuni elementi comuni preoccupanti.

In primis, la mancanza di trasparenza sulla gestione finanziaria che ha distrutto la fiducia dei soci e che ha complicato i problemi, già notevoli, oltre il punto di non ritorno. Questo vuoto di fiducia ha portato, lo scorso novembre, alla bocciatura da parte dei soci europei del piano di ricapitalizzazione da 14 milioni di sterline e la blindatura della partnership, facendo fallire il salvataggio da parte del braccio cinese dello studio.

Per di più, una dirigenza tentennante e incapace di prendere decisioni impopolari ha lasciato campo aperto a una manciata di soci influenti che hanno dettato la gestione e la governance secondo il proprio interesse. E qui arriviamo alla criticità centrale: la mancanza di cultura interna collegiale e sostenibile. La più grande forza dello storico Sj Berwin, la spinta altamente imprenditoriale e individualista dei suoi soci che aveva determinato in pochi anni l’ascesa dello studio nella City, si è rivelato essere anche la sua più grande debolezza. Il problema della sottocapitalizzazione cronica dello studio è stato più volte rinviato per consentire una riscossione più alta possibile dei profitti. E come nel caso Dewey, un’associazione per cui l’unico collante era il denaro si è scoperta incapace di compattarsi in un momento di emergenza, diventando preda facile per i concorrenti che hanno fatto leva proprio sulla massimizzazione dei guadagni per portare via soci.

In uno scenario ancora molto mutevole per Kwm, rimangono incerte le prospettive per la sede italiana la quale, come abbiamo riportato nel numero di ottobre-novembre di TopLegal Review, ha avuto il merito negli ultimi anni di allinearsi alla strategia europea voluta dalla casa madre cinese. Rimane ancora la possibilità di un management buyout come ipotizzato da questa testata lo scorso 23 dicembre e l’eventuale ripartenza di Kwm in Europa. Esito che tutti noi possiamo solo auspicarci: per i professionisti, per i dipendenti e per i clienti coinvolti.

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Dewey & LeBoeuf, King & Wood Mallesons, Sj Berwin Barclays


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