Il bilancio del 2018

Le rotte della consulenza

Si chiude un anno nel complesso positivo per l’attività legale con alcuni importanti segnali di discontinuità ma anche qualche delusione rispetto alle attese

07-01-2019

Le rotte della consulenza


Un anno dinamico, seppur con segnali di rallentamento finale legati principalmente alle incertezze politiche. Il 2018 lascia ottimisti con cautela i consulenti legali che vedono confermati su diversi fronti i driver di crescita in corso. Tuttavia, la fase di stallo di fine anno mette un’ipoteca su un avvio positivo per il 2019. In questo quadro, la pressione competitiva non si allenta e il mercato, che aveva sperato in una consistente ripresa delle grandi operazioni a valore aggiunto, continua a fare i conti con lo schiacciamento al ribasso delle fee. Sul fronte degli equilibri tra insegne, i lateral rimangono su livelli consistenti con un discreto avvio di nuove iniziative tra spin off e nuovi studi. Diventa sempre più evidente il maggior divario tra gli studi che si istituzionalizzano e riescono a superare il passaggio generazionale, e quelli che non riescono a completare il cambio di passo.

L’M&a riprende quota
«È stato un anno dinamico nonostante la situazione economica in generale — conferma Massimo Di Terlizzi, co-managing partner di Pirola Pennuto Zei — c’è stato molto movimento in termini di investimenti: per noi a fronte di un calo di attività di operazioni di ristrutturazione del debito, si è ampliata invece l’attività di M& a. L’incertezza politica ha pesato più sui capital markets, con un forte rallentamento delle quotazioni legato all’andamento dei mercati. Su questo fronte ci è per esempio capitato un caso di ritiro dalla quotazione di una società che ormai aveva completato tutto l’iter autorizzativo». Le Ipo ( Initial public offering) avevano lasciato ben sperare alla fine dell’anno scorso: nel 2017 si sono infatti registrate 32 Ipo su Borsa Italiana di cui sette sul mercato Mta, in deciso aumento dalle 14 del 2016 e sopra i valori del 2014 e 2015 (rispettivamente 26 e 27). Una ripresa lenta ma percepibile che comunque, a detta degli studi, non era ancora abbastanza solida da indurre le insegne a programmare nuovi investimenti, in un mercato che per sua natura si caratterizza per una forte volatilità della domanda e per una marcata competizione (leggi anche l’articolo “Per una Ipo in più” di TopLegal Review n.2, febbraio/marzo 2018). Una prudenza che ha trovato conferma nell’andamento dei numeri del 2018. Infatti se a metà novembre si registravano 28 Ipo, non lontane dai numeri del 2017, è anche vero che solo tre società sono sbarcate sul mercato Mta: Carel Industries, Piovan e Garofalo Health Care. Poco, rilevano gli operatori, rispetto alle aspettative di inizio anno.

Se le grandi Ipo hanno deluso, la prima importante discontinuità del 2018 sono stati quindi i segnali di ripresa dell’M& a. «La mia sensazione è che i primi sei mesi dell’anno siano stati molto promettenti, con una ripresa dell’M& a dopo anni di modesta attività, e con una spinta all’investimento maggiore», conferma Roberto Cappelli, partner di Gianni Origoni Grippo Cappelli.

I numeri dei primi nove mesi del 2018 riflettono questa tendenza: secondo i dati di Kpmg, nel periodo si sono registrate 626 operazioni, e un controvalore complessivo di 38 miliardi di euro, due dati rispettivamente in salita del 10% e del 40% rispetto allo stesso periodo del 2017. Le tendenze del comparto hanno evidenziato un buon attivismo delle operazioni Italia su Italia (266 operazioni contro le 188 di estero su Italia e le 113 di Italia su estero) e la buona performance del comparto consumer, che ha realizzato il maggior controvalore a 9 miliardi di euro complessivi. Tra le prime 20 operazioni ci sono così l’acquisizione da parte di Ferrero del business dei dolci Usa di Nestlé e l’acquisizione di Yoox Net-A-Porter da parte di Richemont. Ma vanno ricordate, per citarne alcune, anche l’attività M& a di Enel che ha continuato l’espansione in Sudamerica raggiungendo il 93,3% del capitale di Eletropaulo metropolitana eletricidade de São Paulo, la fusione di Anas in Ferrovie dello Stato, l’acquisizione da parte di Prysmian su General cable corporation. Battuta d’arresto, invece, per il comparto dei servizi finanziari, impegnati nella gestione dei non performing loan mentre il comparto assicurativo ha mostrato fermento.

Altro fattore di discontinuità sugli anni precedenti è certamente la tipologia di operazioni, che hanno riguardato non solo situazioni di crisi ma anche aziende con buoni fondamentali. «Per anni l’M& a è stato soprattutto distressed — continua Cappelli — e le operazioni di private equity erano rivolte ad aziende medio piccole, spesso familiari, con in atto il passaggio generazionale. Quello che invece mi ha colpito a inizio 2018 è stata la ripresa dell’M& a delle grandi società non necessariamente in situazioni distressed. Quindi, più operazioni tra pari e più disponibilità a investire risorse da parte degli acquirenti, che si stava anche traducendo in un allentamento generale della pressione sui prezzi». Dinamica che porta con sé anche maggiori spazi per le fee della consulenza. A interrompere il trend positivo una nuova fase di incertezza legata alla politica e al rischio Paese. «Nella seconda parte dell’anno — conclude Cappelli — siamo entrati certamente in una fase attendista. Da parte degli investitori, soprattutto esteri, c’è stata una frenata degli investimenti e più di una operazione è stata sospesa, come ad esempio le cessioni di Ducati da parte di Volkswagen, e di Acciai Speciali Terni da parte di Thyssen Krup».

Private equity, rischio Italia?
Il contributo al dinamismo è arrivato anche dai private equity, che hanno investito, sempre secondo Kpmg, 5 miliardi di euro in 85 operazioni, con in evidenza Global infrastructure partners e Bain capital. Secondo Aifi (Associazione italiana private equity, venture capital e private debt) gli investimenti in Italia nel primo semestre del 2018 sono risultati in evidente aumento, con una crescita del 49% rispetto all’anno precedente. Al contrario, nel secondo semestre, ha fatto notare Alessandra Piersimoni, partner di BonelliErede e membro del team private equity, «c’è stato un cambio di tendenza». Anche qui alcune operazioni che erano in fase di preparazione sono state sospese anche per le incertezze che caratterizzano l’attuale situazione italiana.

Le ultime tensioni finanziarie rischiano quindi di allontanare i fondi dal mercato italiano? Va notato che l’arresto non è stato generalizzato ma dipende in buona parte dal settore di appartenenza. Alcuni settori con business esclusivamente locale potrebbero subire una battuta d’arresto, ma altri settori come il medicale e le infrastrutture, che tradizionalmente hanno una tendenza a rimanere stabili, possono continuare a essere oggetto di interesse per i fondi. Con le nuove incertezze che hanno accompagnato la fine del 2018 entra allora in gioco il supporto dell’avvocato, nelle sue vesti di facilitatore. «Il compito dell’avvocato, di fronte alla paura che può sorgere da alcune novità legislative — ha commentato Piersimoni — è quello di chiarire soprattutto agli investitori esteri quali sono i rischi reali, al fine di facilitare alcuni aspetti delle trattative che possono diventare più spigolosi».

Ristrutturazioni più complesse
L’anno ha certificato il trend in atto nel comparto delle ristrutturazioni aziendali: l’allungamento dei tempi per chiudere le operazioni che, tradotto nei bilanci degli studi, porta a un fenomeno di spostamento di parte del fatturato all’esercizio. «Si tratta di una conseguenza quasi fisiologica perché alcune crisi sono caratterizzate da una situazione deteriorata su cui non si è intervenuti con la dovuta tempestività», spiega Ugo Molinari, fondatore dell’omonimo studio che ha nel restructuring una delle sue practice di punta. «Di recente le operazioni hanno acquisito una maggiore complessità — continua Molinari che ha seguito le ristrutturazioni di Trevi e quella del gruppo Condotte — dovuta al fatto che, da un lato, la natura deteriorata del contesto richiede attente verifiche di natura industriale e, dall’altro lato, le soluzioni prese in esame vedono il coinvolgimento di molteplici soggetti, non solo banche e fornitori ma anche investitori terzi. Se prima si tendeva infatti a rinviare il problema attraverso il riscadenziamento dell’indebitamento e la conversione di parte dello stesso in strumenti finanziari sulla base di piani industriali improntati alla mera sopravvivenza dell’impresa, oggi si cercano invece soluzioni più incisive grazie all’intervento di soggetti che apportino non solo le risorse finanziarie necessarie per far galleggiare le imprese in difficoltà ma anche ulteriori risorse finanziarie per lo sviluppo e competenze di natura industriale».

Le grandi operazioni di ristrutturazione hanno caratterizzato anche l’attività dei giuslavoristi. Da Sky a Italiaonline, per citare due dossier su cui è stata impegnata l’insegna LabLaw. «Il trend — spiega Luca Failla, partner di LabLaw — è in linea con gli anni precedenti e continuerà a occupare l’agenda dei prossimi mesi. L’elemento di novità sarà però la maggiore cautela, alla luce di alcuni importanti fattori di discontinuità che hanno caratterizzato l’anno». Il riferimento è al Decreto dignità e a due importanti pronunce delle corti, rispettivamente della Corte costituzionale n. 194/2018 sul contratto a tutele crescenti e della Cassazione 10435/2018 sulla violazione dell’obbligo di repechage e la reintegrazione. «Dopo il calo drastico, secondo taluni legato al Jobs Act — precisa Failla — ci attendiamo ora un maggior contenzioso all’interno della vita delle aziende e un nuovo clima che orienterà anche le scelte dei sindacati. Per le aziende, soprattutto straniere ma non solo, si tratta di un segnale di attenzione ulteriore e noi avvocati dobbiamo essere molto attenti a suggerire le soluzioni non solo giuridiche ma anche politiche, perché oggi l’impatto e la ricaduta sui brand e sui social è rilevantissimo. Si apre quindi un periodo particolarmente delicato per il giuslavoro».

Penale di squadra
Dal punto di vista giudiziario l’anno viene definito di “stagnazione” per chi si occupa di penale bianco, con un’importante attività di consulenza soprattutto per le operazioni di restructuring di banche e imprese. Tuttavia, non mancano filoni di novità che nel 2018 hanno proseguito l’ascesa: Gdpr, ambientale e criptovalute. «La nuova normativa Gdpr è una vera rivoluzione anche in campo penale — afferma Giovanni Paolo Accinni, fondatore dell’omonimo studio — molti ci sono arrivati impreparati e ora cominceremo a vedere le prime applicazioni con le prime grandi denunce. Al contrario delle attese, non è ripresa l’iniziativa della magistratura sui casi di falso in bilancio dopo che la sentenza della Cassazione ha confermato la rilevanza penale delle valutazioni a valere quali casi di falso in bilancio. Mentre la riforma fallimentare, che sposta il momento finale della morte aziendale affidandola a strumenti di autonomia negoziale tra le aziende e i creditori come le banche, ha lasciato aperti una serie di problemi tra cui la principale domanda: “fino a quando si deve continuare a finanziare?”».

Sul fronte ambientale, la spinta del consenso sociale ha invece sostenuto il filone dei procedimenti di esposizione all’amianto, mentre ci si attende che le criptovalute saranno il prossimo fronte di regolamentazione in materia di antiriciclaggio. «Nel complesso — commenta Accinni — è sempre più evidente che la specializzazione della nostra professione cresce in discipline che non sono più solo i reati societari e fallimentari e richiede sempre più la capacità di coniugare lo studio scientifico all’esperienza giudiziaria». Accinni sottolinea l’importanza di creare una squadra con differenti specializzazioni ma non troppo numerosa in termini di professionisti per essere in grado di far crescere e valorizzare anche a livello economico i giovani che vengono formati. La pressione competitiva ha infatti toccato anche il penale che ha visto contrarsi il ventaglio di operazioni ancora considerate a valore aggiunto. «La realtà italiana una volta un lago ora è uno stagno — rileva Accinni — va scomparendo il lavoro medio piccolo che banche e società tendono a tenere al proprio interno. Ma anche i penalisti, che dopo Tangentopoli hanno vissuto una situazione di bengodi, oggi dopo la crisi hanno già lavorato sull’ottimizzazione dei tempi e dei costi».

Casi di studio per l’arbitrato
Nei periodi di crisi economica, il contenzioso tende ad aumentare. Dinamica che si è ripresentata anche nella fase acuta della crisi. «C’è stato un periodo — spiega a TopLegal Ferdinando Emanuele, contenziosista e partner di Cleary Gottlieb — in cui molti contraenti hanno cercato di rinegoziare le condizioni economiche dei loro contratti perché le ritenevano eccessive. Questo fenomeno è stato per un periodo molto diffuso mentre ora mi sembra si stia riducendo». Tuttavia, il 2018 è stato un anno particolare per il settore perché sono arrivati sul tavolo dei consulenti diversi casi di alto livello e di ampia portata giuridica. Tra questi, si ricordano le dispute Vivendi-Mediaset sull’asserito mancato rispetto del contratto Premium e sulla presunta scalata dei francesi nel capitale del Biscione nonché lo scontro tra azionisti in casa Telecom Italia con protagonisti ancora i francesi di Vivendi e il fondo attivista Elliott. In termini di discontinuità, si sono infatti visti per la prima volta in Italia i fondi attivisti operare in modalità anglosassone. «Più in generale, si nota la crescita di un nuovo filone di contenzioso, quello che vede coinvolti gli azionisti di minoranza — afferma Emanuele — che mi sembrano più attivi del passato. Non è escluso che ci sia ulteriore sviluppo di questo fronte del contenzioso, soprattutto per quanto riguarda le società quotate», ha detto Emanuele. Il comparto continua infatti a crescere, anche con nuovi filoni di attività, tra i quali è in ascesa lo strumento delle dispute resolution con l’arbitrato internazionale. E proprio nel 2018 l’arbitrato commerciale Tim e alcuni fondi brasiliani, dal valore di oltre 15 milioni di dollari, promette di arricchire la giurisprudenza: «I fondi, che hanno interamente perso l’arbitrato — ha commentato Emanuele —hanno impugnato il lodo davanti alla corte di appello di Parigi e hanno presentato anche un ricorso di revisione all’Icc, mossa che è quasi senza precedenti».

 

L'approfondimento è consultabile anche su E-edicola, numero di dicembre-gennaio 2019 di TopLegal Review.

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