Cari Avvocati,
dal 2014 il mercato dell'inhouse si è aperto sempre più allo start up / rafforzamento dell'ufficio legale interno. Per ciò che riguarda il recruiting di queste figure, una delle discriminantiimportanti nella selezione dei candidati è la realtà di provenienza. Nella stesura della job description insieme al cliente, le possibilità possono essere le seguenti: solo da azienda (magari con pregresso in studio), solo da studio legale, sia da azienda che da studio legale.
Questo post nasce dal fatto che in questi 24 mesi abbiamo constatato una tendenza che ormai è divenuta consuetudine: di fronte ad un'esplicita richiesta del cliente di un legale proveniente da una realtà aziendale, la maggior parte dei profili che si applicano sono Avvocati di studio. Tralasciando le ragioni sempre legittime che spingono a candidarsi (compensi bassi, poco crescita, disoccupazione, work life balance), riteniamo possa essere interessante condividere con voi quelle che sono le ragioni che portano l'azienda cliente ad escludere, fin dall'apertura della ricerca, candidati provenienti dagli studi legali:
- Gestire le dinamiche aziendali legate agli aspetti del business: questa è una COMPETENZA, ossia la sommatoria di conoscenze (frutto dell'esperienza sul campo),attitudini (una predisposizione soggettiva ad approcciare in un certo modo una situazione) e abilità (ovvero la capacità di applicare le conoscenze acquisite per raggiungere un obiettivo e/o risolvere un problema). Questa è la principale discriminante che porta un CEO o un HRD o un GC a preferire un collega d'azienda perché è consapevole che fin dal primo giorno il candidato avrà già le coordinate corrette per muoversi nella nuova realtà. Non la si può acquisire (capita spesso che dei candidati siano certi che sia sufficiente un Master in Societario), non la si può millantare perché è il risultato di un'esperienza concreta e non è una questione di conoscenza del diritto.
- Approccio "business" VS approccio "accademico": tendenzialmente il primo round di incontri con un'azienda è con un HR che normalmente non è abituato a selezionare Avvocati (ahimè sono ricerche rare). Esiste una importante casistica per cui anche il candidato libero professionista dotato di grande diplomazia e collaborazione, in grado di trasmettere tranquillità con savoire-faire (doti essenziali per un inhouse) non riesce a rispondere alle domande allo stesso modo dei legali d'impresa. Questa differenza nasce dal fatto che l'HR e il legale d'azienda parlano la stessa lingua, con le stesse persone, alla stessa mensa aziendale: ciò rassicura chi intervista. Quindi molte volte la ricerca è indirizzata a un LEGALE che sia BUSINESS PARTNER, in cui l'approccio ha lo stesso peso specifico del tecnicismo e del background formativo. Esistono aziende che queste riflessioni le sostengono a priori, e quindi escludono l'apertura al libero professionista fin dalla job description.
- Percezione del tecnicismo: riscontriamo spesso che l'azienda percepisca la preparazione tecnica del candidato in maniera erronea, ed in questo caso non ci riferiamo ad un HR ma al CFO, CEO o la proprietà. Il tema potrebbe essere quello di trasmettere competenze tecniche distorte (cosa): per esempio un candidato di 35 anni di un notissimo studio legale internazionale sottolineò all'azienda italiana di medie dimensioni che "negli ultimi due anni ho gestito l'acquisizione di Y per un valore di 800mln, la Joint Venture tra Z e W finita sul Times e anche altre operazioni minori"; questa persona in studio in realtà si occupava al 70% di contrattualistica, compliance ed anche un pò di contenzioso e per il restante 30% di straordinario ma per "colpire" l'interlocutore, dimenticandosi della JD, ha deciso di dare peso ad altro. Scattate una fotografia della vostra attività settimanale e descrivetela, senza perdere pezzi o aggiungerne. Un'altra situazione è il rischio di trasmettere competenze tecniche superficiali(come): "negli ultimi due anni ho gestito l'acquisizione..." cosa vuol dire "ho gestito"? è fondamentale esplodere tutti i concetti legati all'autonomia e allaresponsabilità dell'attività svolta, in particolare di fronte ad un potenziale ruolo come Head of Legal. Sulla redazione, negoziazione e revisione di un contratto è difficile per interlocutore capire fin dove il candidato sia pienamente autonomo e capace di scrivere un contratto ex novo che non ha mai visto e accollarsi delle responsabilità, ovvero che nessuno abbia revisionato i documenti che produce (dato che solitamente quando descrive il suo "organigramma" c'è un Socio a cui risponde, automaticamente l'interlocutore può domandarsi dove termina il raggio d'azione). Mentre un candidato già unico referente legale d'azienda, si trova tutti i giorni da solo a prendere tante piccole decisioni e non ha difficoltà comunicative per convincere l'interlocutore del suo coinvolgimento in prima persona , il legale esterno (che magari ha maggiori responsabilità e pari criticità) non sempre è in grado trasmettere il "cosa" e soprattutto il "come". Entrambe le situazioni creano nella fase di intervista e post intervista una certadistanza tra il candidato e l'azienda, quasi un'asimmetria comunicativa: è curioso, e direi non un caso, che in queste situazioni il feedback negativo dell'intervistatore non è mai particolarmente preciso e puntuale perché, quanto meno sulla parte delle competenze tecniche, non è riuscito a farsi un'idea chiara del professionista che per oltre 60 minuti ha avuto di fronte.
Queste sono considerazioni frutto di situazioni concrete che abbiamo riscontrato assistendo sia società internazionali che la media impresa italiana; certamente questi casi non rappresentano una regola generale ed infatti sono numerosi, e spesso con reciproca soddisfazione, i passaggi di molti liberi professionisti di Senior level che riescono a far breccia nell'azienda e a conquistare la fiducia - magari avendo cura di queste dinamiche che non sono solo delle piccole sfumature.
Thomas Vella
Senior Consultant - Legal Recruiting
Badenoch & Clark