Il destino e le fortune degli studi legali sono indissolubilmente legati a quelle delle società clienti. Non ci sono consulenti e non ci sono studi senza committenti, che acquistano all’esterno competenze che mancano all’interno e di cui c’è impellente necessità. Gli studi legali, con l’arrivo in massa delle insegne internazionali, hanno vissuto nel nostro Paese un vero e proprio boom a cavallo degli anni Novanta e Duemila, dimostrandosi indispensabili per le numerose operazioni ( privatizzazioni, Ipo e M& a solo per citare tre grandi filoni) condotte in quel momento, interventi complessi fuori dalla portata degli in-house. Ma non solo. Agli interni erano infatti lasciate solo alcune delle tematiche legali dell’azienda, in linea di massima le attività di routine, mentre larga parte del lavoro più o meno complesso veniva esternalizzato. Alimentando di conseguenza la crescita e lo sviluppo, in alcuni casi sfrenato, degli studi.
Questo valeva non soltanto per le piccole e medie aziende ma anche e soprattutto per i colossi. Pensiamo per esempio a Olivetti, punto di partenza all’inizio degli anni Novanta della carriera di Ulisse Spada, oggi Responsabile legale e societario di Piaggio. In quel momento, ci racconta Spada, Olivetti era la prima azienda italiana privata dopo la Fiat, una realtà da50.000 dipendenti a livello mondiale, e la funzione legale in cui si inserì era composta da una manciata di persone. In vent’anni, e non solo in Olivetti (che poi Spada ha lasciato nel 2008), l’in- house è passato dall’essere un peso piuma a rappresentare un peso massimo nella bilancia aziendale, grazie a un cambiamento di cultura, competenze e responsabilità. Ma nello stesso tempo gli studi, mentre vedevano crescere le parcelle e forse troppo concentrati su se stessi invece che sui clienti, faticavano ad accorgersi di questa evoluzione e continuavano a riproporre modelli tradizionali.
Naturalmente si tratta di una generalizzazione. Ma è stato decisamente sorprendente apprendere, dall’esperienza di Spada degli ultimi anni, che ci sia ancora nel terzo millennio qualche studio legale, specie di provincia, ad adottare metodi consolidati ma anacronistici. Parliamo della mancanza dell’utilizzo dei più elementari strumenti informatici, di approcci senz’altro molto validi dal punto di vista tecnico, ma invece del tutto carente dal lato del rapporto con la funzione legale interna e improntati all’isolamento (« mi prendo la pratica e la gestisco solo io ») invece che alla condivisione e alla collaborazione, oppure ancora all’assenza di rendicontazione, o anche dell’invio delle parcelle al termine delle cause, magari dopo molti anni di attività, tariffario alla mano, precludendo all’azienda qualsiasi possibilità di previsione di spesa e di efficienza sui costi. Non si tratta, peraltro, di una questione generazionale o legata all’età dei professionisti, ma piuttosto di un problema di cultura organizzativa e visione del ruolo. La conseguenza è che tali studi vedono progressivamente limitarsi le collaborazioni con le aziende fino a diventare marginali.
Questo non significa naturalmente che sia sufficiente sapere dove si trovi il pulsante di accensione di un computer per essere al passo con i tempi. Ma nella corsa verso l’oggi e il domani queste circostanze sono un potentissimo emblema della freccia che hanno messo le funzioni legali interne nei confronti degli studi, preparando il sorpasso in termini di visione e innovazione. Secondo Spada, lo studio esterno deve invece essere in grado di proporre un servizio basato su un concetto di partnership piuttosto che su una mera consulenza, con la (almeno parziale) condivisione dei rischi di insuccesso e dei meriti del successo della pratica affidata. Il disallineamento tra l’evoluzione delle funzioni legali e gli studi è in parte causa e in parte conseguenza del ruolo sempre più decisivo dei General counsel nelle loro società, e del loro accresciuto peso specifico nei confronti dei professionisti esterni, alcuni dei quali fanno grande fatica a seguire le evoluzioni del mondo aziendale. In certi casi anche del mondo contemporaneo. Questo ha provocato un ribaltamento di paradigma, che andrà ad accentuarsi sempre di più e che in Piaggio vediamo già presente.
Spada, infatti, pur non avendo ridotto il suo budget per i professionisti esterni negli ultimi anni in maniera significativa ( pur nella massima attenzione alla riduzione dei costi), racconta di avere indirizzato le consulenze verso pochi ambiti ben specifici, ognuno in grado di fornire a suo modo valore aggiunto all’azienda. Il primo riguarda questioni estremamente sofisticate, per le quali c’è bisogno di competenze specialistiche molto mirate. Il secondo riguarda la gestione dei picchi di lavoro: in occasione di periodi di eccessivo carico si cerca l’aiuto dello studio anche su temi meno complessi, che in fasi regolari sarebbero sviluppati all’interno. Il terzo concerne invece la fascia di attività routinarie – nel caso di Piaggio il recupero crediti o le cause relative al diritto del consumatore – che l’affidamento all’esterno rende più vantaggioso in termini di costo, a parità di competenze. Per tutto il resto Spada si è dotato di un team di una quindicina di professionisti che si divide in tre macroaree: una dedicata alla proprietà intellettuale, una di corporate e una di legal e compliance.
La strutturazione odierna è il risultato di una serie di trasformazioni occorse negli anni: dapprima il passaggio da una organizzazione per mercati a una per practice (salvo un legale indiano e uno vietnamita a presidiare in loco i propri Paesi, dove Piaggio è presente con importanti poli produttivi) e poi l’inglobamento dell’area di proprietà intellettuale, prima separata. Questo ha contribuito ad aumentare la rilevanza dell’area legale nel perimetro dell’azienda, non solo riguardo a persone impiegate e budget riservato, ma anche in termini di credito e fiducia, guadagnati nel seguire operazioni particolarmente delicate le vicende che hanno portato il legale e societario ad assumere un ruolo strategico per il business, divenendo di fatto una funzione chiave. Spada ricorda l’imponente arbitrato internazionale vinto a Singapore in un contesto difficile contro il costruttore indiano Lml (in passato licenziatario della produzione di un modello di Vespa), e la complessa operazione legata alla crisi di un importante fornitore, che nell’estate del 2011 rischiava di mettere in grossa difficoltà la continuità industriale dell’azienda di Pontedera. La buona riuscita di queste operazioni ha senz’altro cementato il team, e contribuito a diffondere un senso di appartenenza verso l’azienda e verso il gruppo di lavoro che per Spada rappresentano componenti molto importanti. Ed è anche per questo che ultimamente, a fronte di alcune uscite importanti, si è preferito puntare sulla crescita interna di alcune figure.
Gli studi legali restano senz’altro importanti: ma è possibile trovare la stessa dedizione nei consulenti esterni? Perché gli studi resistano e continuino a prosperare la prospettiva è quella di affrontare il rapporto con il cliente anche in termini di partnership, attraverso una sempre migliore integrazione relazionale con le aziende clienti e le strutture legali interne. Senza le quali, come abbiamo già detto, non ci saranno neanche gli studi.
Piaggio