Giornata calda per i lavoristi italiani, all'indomani della missiva presentata dal Premier all'Ue. Sono poche le righe dedicate al mercato del lavoro nella lettera, ma sufficienti ad accendere il dibattito.
Impegno - a partire da maggio del 2012 - a facilitare le aziende nel licenziamento del personale per situazioni di crisi economica, innalzamento a 67 anni dell'età della pensione dal 2026, mobilità coattiva nel pubblico impiego e un giro di vite sui contratti parasubordinati con condizioni più stringenti. Sono questi i punti programmatici in materia di lavoro contenuti nella lettera. E, tra questi, la modifica della disciplina dei licenziamenti è senz'altro uno dei temi più caldi.
Si dice assolutamente d'accordo con la proposta, Franco Toffoletto, partner dello studio legale Toffoletto, che a TopLegal.it commenta: «si tratta semplicemente di allinearsi a quelli che sono gli standard europei e mondiali. La proposta, a mio avviso, non farà altro che sostituire, in caso di licenziamento oggettivo individuale o collettivo illegittimo, la reintegrazione nel posto di lavoro con il risarcimento del danno, così come era già stato proposto dal senatore Ichino qualche anno fa e come avviene in quasi tutto il resto del mondo».
A fargli eco, Giacinto Favalli, socio di Trifirò & partners, che «al di là di ogni lettura politica» pensa «si stia semplicemente andando avanti nella direzione già tracciata dall'art.8, rafforzandola, come chiesto dalla Bce». Favalli, così come Toffoletto, aggiunge «tra i Grandi siamo gli unici con vincoli al licenziamento così forti».
A parlare di «auspicio programmatico più che di un'effettiva misura» è, invece, Angelo Zambelli, responsabile del dipartimento Labour della sede milanese di Dewey & LeBoeuf, che continua: «non credo si sia giunti ad un punto di snodo fondamentale. È dal 2001, d'altronde, che Berlusconi cerca di modificare l'art.18. La Commissione europea aveva chiesto una calendarizzazione, mentre il Governo ha risposto indicando come data maggio 2012. Ma, considerando l'attuale instabilità politica, non è dato sapere se il Governo sarà in carica e se sarà sufficientemente forte da dar seguito ad un provvedimento di tale portata».
Poco ottimista anche Sergio Barozzi, socio fondatore di Lexellent, secondo il quale «i problemi legati alla contrattualistica di lavoro nel nostro Paese non si risolvono nella modifica dell'art.18». Barozzi, poi, aggiunge, «Adesso si tratterà di capire quale sarà il corrispettivo da pagare in caso di licenziamento per motivi economici».
Se i lavoristi si dividono tra favorevoli e scettici, decisamente unanime è la posizione dei sindacati, che hanno già creato un fronte compatto contro l'ipotesi di riforma.
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