Gattai Minoli

L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI GATTAI

Dopo aver traghettato oltre 100 professionisti fuori dal crac di Dewey & LeBoeuf, Gattai è stato protagonista di alcune delle maggiori operazioni del 2013. Ora la sfida è replicare il risultato.

01-02-2014

L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI GATTAI

A distanza di un anno dalla sua costituzio­ne, Gattai Minoli «ha superato ogni più rosea aspettativa di crescita» secondo il fondatore Bruno Gattai. Contrariamente a quanto accade comunemente, lo studio nato nel dicembre del 2012 non è mai stato percepito dal mercato come una start-up, assu­mendo immediatamente i profili di una realtà consolidata, ad alto gradiente reputazionale. A gioca­re la parte del leone in questo suc­cesso, un’impostazione di stam­po tradizionale che ha legato a doppio filo le sorti dello studio al rainmaker e name partner Bruno Gattai. Un professionista che ha traghettato fuori dalla tempesta del crac americano di Dewey & LeBoeuf i suoi soci confluiti in Grimaldi. Una fusione dalla qua­le Gattai si è staccato pochi mesi dopo assieme a Luca Minoli e a un gruppo di fedelissimi.

A dispetto di una partenza in­certa, che dopo appena un mese aveva già registrato l’uscita di un socio, Valerio Fontanesi, pas­sato in Shearman & Sterling, la start-up è riuscita a seguire nel corso degli ultimi 12 mesi alcu­ne delle operazioni più rilevanti del mercato. Tra queste, la ces­sione di Cerved da Bain Capital a CvC, l’ingresso di Luxottica in Salmoiraghi & Viganò, la ristrut­turazione di Fingiochi, Citylife, Italtel e Ivri, i bond high yeld di Cerved e Teamsystem. Un nu­mero eccezionale di deal che ha consentito l’ingresso nella classi­fica delle operazioni di m&a an­nunciate nel corso del 2013 stila­ta da Thomson Reuters. A dare un contributo considerevole al buon piazzamento, l’assistenza a Bain nell’uscita da Cerved, un’o­perazione da oltre 1 miliardo di euro seguita proprio durante i primi mesi di vita dell’insegna. «Una fortunata coincidenza - af­ferma Gattai - che ci ha consen­tito di entrare a gamba tesa nello stesso mercato in cui eravamo soliti muoverci ». Lo studio di 40 professionisti specializzato in corporate, finance e litigation ha puntato su una dimensione agile, che «consente un approc­cio al lavoro basato sulla qualità pagata a prezzi giusti, grazie a una struttura di costi che ci ren­de molto più flessibili rispetto ai grandi studi », spiega Gattai. Il fondatore, dopo l’esperienza pluriennale a testa di Dewey, che in Italia contava 120 avvocati e muoveva un giro d’affari di oltre 30 milioni di euro, ammette di non immaginare una realtà che superi i 50 professionisti. Dell’e­sperienza Dewey, invece, si por­ta salda l’attenzione al mercato internazionale. Gattai Minoli ha, infatti, avviato una serie di collaborazioni con diversi studi non presenti in Italia, anche se è esclusa ogni ipotesi di partner­ship esclusiva o di affiliazione a network, «poco in linea con le attuali esigenze di mercato».

Non tutti gli ingredienti del successo di Gattai Minoli, però, sembrano collimare con le nuove direttrici lungo cui si sta snodan­do la ristrutturazione di tante al­tre insegne del mercato italiano. In particolare, lo studio potrebbe essere chiamato a pagare lo scot­to di una scarsa trasversalità in­terna ai practice group e del peso innegabile del suo rainmaker. In­tanto, la sfida imminente è repli­care il successo del primo anno.

Articolo pubblicato in TopLegal febbraio 2014


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