Compensi / Esperienza italiana

Luci e ombre della tariffa fissa

Mentre le tariffe a forfait fungono da collante al rapporto cliente- consulente, i tetti massimi rischiano di privare gli studi di alcuni incentivi essenziali

17-05-2015

Luci e ombre della tariffa fissa

Non dovrebbe sorprendere se, da una recente ricerca condotta da TopLegal sul fee benchmarking in Italia, emerge un giudizio netto sulle tariffe orarie da parte delle aziende interpellate. Secondo un consenso quasi unanime, la consulenza a fatturazione oraria rischia quasi sempre di far spendere di più rispetto agli accordi a forfait. I clienti puntano il dito soprattutto contro l’opportunismo degli studi legali, i quali avrebbero una propensione ineluttabile a spingere verso cifre fuori mercato. Oltre ai costi superiori, la fatturazione oraria, poiché trasferisce tutto il potere contrattuale nelle mani degli studi legali e fa pesare i rischi della transazione sui clienti, contribuisce poco o nulla a promuove¬re un rapporto fiduciario.


Altro discorso vale per i compensi a forfait, considerati dai clienti come un collante che permetterebbe un flusso in termini di relazioni migliore, un maggiore rapporto di fiducia e consentirebbe una maggiore valorizzazione del consulente. Lavorare regolarmente in collaborazione con le direzioni legali trasformerebbe il forfait in una « consulenza continuativa », come lo ha definito un direttore legale, da cui derivano sinergie che non sarebbero possibili con la tariffa oraria. Tale collaborazione, secondo i clienti, è ritenuta più costruttiva perché il tema del costo passa in secondo piano e vi è una maggiore accuratezza verso gli obiettivi aziendali.


Oltre a essere di beneficio per i rapporti, le tariffe a forfait rappresentano, secondo la maggioranza dei clienti, l’unico modo per stare sotto a un determinato budget. Tuttavia, mentre gli stessi clienti si dimostrano unanimi nel ritenere che con il forfait il risparmio e la gestione della spesa annuale siano nettamente migliori, sembra che la programmazione della spesa abbia in ultima analisi un peso preponderante sul risparmio economico. I margini di risparmio variano: secondo l’indagine di TopLegal, si parte da un minimo del 10-20% per arrivare al 40- 50% rispetto alla tariffa oraria. Nei casi in cui il risparmio si registra verso livelli inferiori, subentrerebbero altre priorità oltre ai vantaggi economici. Questo è dimostrato dalla volontà di alcune direzioni legali di sacrificare un maggiore vantaggio economico per la capacità di prevedere la spesa legale annua ed avere una pianificazione certa.


Tuttavia, i pagamenti a forfait talvolta rischiano di generare nuove difficoltà tra consulenti e clienti. Gli aspetti positivi sono indubbiamente maggiore tempestività, efficienza e produttività della consulenza, abbinati a un costo inferiore. Il forfait, sostengono i clienti, stimola la produzione e l’orientamento alla conclusione del mandato. Si raggiunge il risultato riducendo il più possibile i tempi di consegna, soprattutto perché vi è la certezza di non guadagnare di più. Gli studi quindi non solo rispettano ma spesso anticipano i tempi. Eppure, l’obbligo di abbattere i costi senza rinunciare alla qualità del servizio genera una sfida talvolta impossibile da raccogliere. In questi casi, le tariffe fisse generano controindicazioni dovute in gran parte alle possibilità limitate per la negoziazione del tetto massimo della spesa. Nel caso delle cosiddette capped fees, gli studi legali si vedono di fronte alla peggiore di tutte le situazioni possibili: si rischia sempre di  le efficienze generate a beneficio del cliente. Si creano in tal modo incentivi insufficienti per gli studi legali con il rischio – questa volta al cliente – di ridurre la possibilità da parte dello studio legale di entrare specificatamente nel merito della questione e di restringere la sua visione al particolare. In questi casi, rivelano i clienti, gli studi poco incentivati formulano schemi di massima e nulla d’altro; a volte si rischia di non avere effettivamente tutte le risposte in merito al tema.


Al posto della condivisione del rischio, le tariffe massime fanno in modo che tutto il rischio finisca sulle spalle del consulente esterno a cui è negata la possibilità di sfruttare le efficienze introdotte per aumentare i propri margini. Per evitare questo scenario, si implementano accordi ibridi costituiti da più tipi di tariffe che possono includere tariffe orarie, tariffe fisse, tariffe contingenti basate sui risultati nonché premi aggiuntivi basati sulle valutazioni del cliente. Tali accordi misti prevedono, per esempio, l’inserimento di premi (contingent o success fee) nel quadro del pagamento forfettario. Nel contesto delle operazioni straordinarie può accadere quindi che al forfait legato al progetto possono essere affiancati anche bonus per l’esito positivo della negoziazione.


Guida ai compensi alternativi
Alcuni esperti sostengono che ci siano solo due tipi fondamentali di tariffe alternative: le fisse e le contingenti. Altri individuano una terza tipologia: le tariffe orarie scontate. Dalla combinazione di queste varianti è possibile creare un numero di accordi ibridi praticamente illimitati. In questa guida forniamo gli esempi più comuni delle tariffe semplici (o non- strutturate) e quelle ibride.


GLI ACCORDI SEMPLICI 

Contingent/success fee: tariffa basata sui risultati ottenuti. Richiede un accordo chiaro sui risultati desiderati, sia nell’ambito del contenzioso (es. il recupero di danni) che delle operazioni straordinarie (es. un premio per la chiusura di un’offerta o il finanziamento di un prestito). Con tale accordo, lo studio legale accetta il rischio di sforare i costi e/o di raggiungere un risultato negativo.

Tariffa fissa/a forfait: nota come fixed o flat fee, è utilizzata per un progetto definito per cui il cliente paga una somma preconcordata per una quantità di lavoro predefinito, men¬tre lo studio legale si assume il rischio di sfo¬ramenti. Può rappresentare il costo totale del mandato o il costo di una parte dei servizi. Se le ore fatturate per il mandato sono meno del previsto, ci guadagna lo studio.

Fatturazione «a segmento»: prevede un meccanismo progressivo per cui studio lega le e cliente concordano le tariffe per ogni fase del mandato. Questo tipo di accordo funziona bene per i contenziosi o la consulenza in ambito transactional, in cui si può scindere il man¬dato in segmenti ben definiti.

Commissione percentuale: a differenza della tariffa contingente, la commissione percentuale si basa su una scaletta di tariffe relativa al valore dell’operazione. L’importo può essere predeterminato (es. una percentuale del valore di immobili in fase di acquisto). La percentuale potrebbe essere a tasso costante o progressivo.

Tariffa a premio: la tariffa applicata retroattivamente basata sul valore aggiunto della consulenza. Si distingue dalla maggior parte degli accordi sui compensi alternativi in quanto l’importo esatto non è noto né all’avvocato né al cliente se non alla conclusione del mandato.

Tariffa con « trattenuta » : nota come holdback fee. Con questo accordo, il cliente trattiene un importo concordato fino a quando non sia raggiunto un risultato significativo o fino al completamento dell’incarico.

GLI ACCORDI IBRIDI 

Tariffa a « colletto » : tariffe orarie con un tetto (collar) massimo e minimo. La tariffa viene concordata con un tetto in generale del 10 per cento. Nel caso in cui la fatturazione sia superiore o inferiore al tetto stabilito, il cliente e il consulente concordano una percentua¬le fuoriquota da accreditare o pagare. Questo tipo di accordo mira a limitare il rischio sia al cliente che allo studio legale.

Tariffa fissa più tariffa oraria: una parte della consulenza viene fatturata su base fissa o a forfait, mentre la parte per cui l’impegno dello studio non può essere facilmente quantificato viene fatturata su base oraria. Ad esempio, la produzione documentale può essere ba¬sata su una quota fissa, mentre le riunioni con i clienti si basano su una tariffa oraria.

Tariffa fissa più success fee: accordo ibrido utilizzato quando lo studio ha una buona conoscenza dei servizi richiesti e cliente e consulenti sono disposti a condividere i rischi. Un esempio potrebbe essere l’offerta di titoli a quota fissa per la produzione documentale con l’aggiunta di un premio se l’offerta si chiude.

Tariffa oraria « massima »: noto come hourly fee cap, questo approccio ibrido prevede tariffe orarie pagate fino a un tetto massimo oltre al quale lo studio legale lavora a proprie spese. Tali accordi sono generalmente più vantaggiosi per i clienti. Infatti, oltre a esserci un tetto massimo che agisce da tariffa fissa, la fatturazione oraria applicata è generalmente più bassa di quella consueta.

Tariffa oraria « miscelata »: il compenso blended prevede una tariffa oraria unica applicata a tutte le ore fatturate a prescindere dalla seniority del consulente. Questo tipo di tariffa viene spesso utilizzata dagli studi di grandi dimensioni per incarichi che prevedono una leva elevata e l’intervento di avvocati meno costosi. 

Tariffa oraria più tariffa contingente: abbinando fatturazione oraria e tariffa contingente, cliente e consulente condividono i rischi. Dal momento che una parte della fatturazione sarà su base oraria (in tutta probabilità ad un tasso ridotto), al consulente è garantito un importo minimo. Ad esempio, in caso di contenzioso, alla tariffa oraria ridotta si aggiunge una percentuale di contingenza in caso di raggiungimento dell’obiettivo.

 


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