Un trend in crescita su fronte raccolta ed emissioni e due novità regolamentari potrebbero spingere ancora il mercato dei minibond, le emissioni obbligazionarie che hanno una taglia inferiore a 50 milioni di euro. Le previsioni sono contenute nell’ultimo Osservatorio del Politecnico di Milano, che segnala un aumento a doppia cifra rispetto al 2018 della raccolta a 1,2 miliardi (+21,1%) e delle emissioni (+24,7%), rispetto alle attese degli esperti per il 2019 di volumi sostanzialmente stabili per questo comparto.
L'Osservatorio, inoltre, stima un ulteriore aumento delle emissioni e del flusso di raccolta nel 2020. La ricerca, tuttavia, che potrebbe essere soggetta a revisione, è stata pubblicata poco prima dello scoppio della pandemia del coronavirus in Italia, che ha portato al crollo dei mercati finanziari a marzo e che prevedibilmente avrà pesanti ripercussioni anche sull’economia italiana e quindi sulle imprese, in particolare sulle Pmi.
Il report, presentato lo scorso 25 febbraio, ha segnalato anche due novità a livello normativo emerse nel corso del 2019 che potrebbero contribuire a sorreggere questo mercato: la contro-riforma dei Pir, che dovrebbe far ripartire la raccolta dei fondi Pir - compliant; e il nuovo Regolamento Consob che implementa la possibilità per i portali autorizzati di equity crowdfunding di collocare minibond a particolari categorie di investitori. Piazza Affari, inoltre, lo scorso anno ha aperto il nuovo segmento Extramot Pro3, gestito da Borsa Italiana, pensato specificatamente per la quotazione sul mercato obbligazionario non regolamentato dei titoli sotto 50 milioni, che comprendeva a fine dello scorso anno 161 titoli emessi da 114 imprese.
Il mercato
L’industria dei minibond italiani ha raggiunto a fine 2019 la soglia
delle 801 emissioni e una raccolta cumulata di 5,5 miliardi di euro. Il report, in particolare, ha identificato 536 imprese italiane che alla fine del 2019 avevano collocato minibond, di cui 314 Pmi. Lo scorso anno le emittenti sono state 183, in crescita dalle 176 dell’anno precedente, di cui 129 che si sono affacciate sul mercato per la prima volta (erano 123 nel 2018).
«Oggi lo strumento dei minibond ha assunto un’identità ben precisa, testimoniata dalla continua crescita delle emissioni di taglia minore e dalla stagnazione di quelle non quotate sui mercati regolamentati emesse da società non finanziarie di importo compreso fra 50 milioni e 500 milioni, di cui nel 2019 abbiamo contato solo 13 casi» si legge nella ricerca diretta dal professor Giancarlo Giudici. Le imprese, infatti, sembrano avere una maggiore consapevolezza di questi strumenti come fonte di finanziamento alternativa e complementare al credito bancario. A fronte di maggiori costi rispetto al canale del credito, infatti, i minibond rappresentano una porta di accesso al mercato degli investitori professionali, in preparazione a successive operazioni più complesse, come possono essere il private equity o la quotazione in Borsa.
Confrontando l’ultima relazione con quella degli scorsi anni si nota, inoltre, un calo nelle fee medie chieste dagli studi legali per l'assistenza a questo
tipo di operazioni. L’Osservatorio ha calcolato, che nel 2019
il coinvolgimento di uno studio legale per la redazione o la verifica
dei documenti per le operazioni di importo medio-basso andava dai 12.000
ai 22.000 euro. Per le stesse operazioni, il report dello scorso anno,
indicava un costo da 15.000 a 25.000 euro.
Gli studi e gli arranger più attivi
Tra gli studi legali più attivi in questo segmento nel 2019, l'Osservatorio segnala in testa Orrick (con 25 operazioni), Chiomenti, Gattai Minoli Agostinelli, Gianni Origoni Grippo Cappelli, Gim Legal, Lca, Legance, Nctm, Pedersoli, R&p Legal e Simmons & Simmons.
Tra gli arranger - gli intermediari che si occupano del collocamento dei titoli sul mercato, individuando i potenziali investitori - sul podio per numero di operazioni troviamo a pari merito con 33 emissioni Frigiolini & Partners Merchant e Banca Finint. Al terzo posto c’è Unicredit con 27 emissioni. Nella classifica per controvalore in testa c’è Unicredit con circa 228 milioni, seguita da Banca Finint con 190 milioni. Pirola Corporate Finance si segnala nelle emissioni non captive con 40 milioni.
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Pedersoli, Advant NCTM, Simmons & Simmons, Legance, Chiomenti, LCA, GIMLegal, Gianni & Origoni, Gattai Minoli, Orrick Herrington & Sutcliffe, RP Legal & Tax