Diventare socio è il sogno di ogni collaboratore fin dall’ingresso come praticante in uno studio legale associato. La strada però è lunga e in salita. Ma qual è, in termini temporali, il percorso di carriera che può attendersi un giovane neolaureato? Naturalmente tutto parte dal praticantato obbligatorio della durata di due anni, dopo il quale si deve superare l’esame di Stato per l’ammissione all’Albo.
Superato l’esame, negli anni passati era considerato comune definire un percorso strutturato della durata di circa otto anni, trascorsi i quali un avvocato poteva prevedibilmente aspettarsi l’ammissione alla partnership. Oggi non è così. Non è più possibile individuare un percorso lineare e univoco, valido per tutte le insegne, ma l’iter di carriera interno cambia da studio a studio, data la scarsa omogeneità di prassi in essere. È questo uno degli scenari che emergono nella Guida Giovani, edita da TopLegal e di prossima pubblicazione, destinata ai giovani laureati in giurisprudenza per aiutarli a orientarsi in un panorama competitivo e di carriera non sempre lineare.
Superato l’esame di Stato, il percorso di crescita iniziale è lo stesso per tutte le insegne: si diventa junior associate e inizia la fase di specializzazione all’interno di un dipartimento dello studio legale associato. Arrivato ai trent’anni, il giovane dovrebbe aver trovato la propria specializzazione e aver raggiunto un buon livello di autonomia. Mentre, tra i trenta e i trentatré anni, per aspirare a un buon percorso di carriera si dovrebbero già gestire delle risorse più giovani e cominciare a interagire con il mercato in maniera autonoma. È allora che si diventa senior associate e, a quel punto, si entra nel collo di bottiglia.
Un giovane che si affaccia oggi sul mercato legale dovrebbe tener presente che molti studi hanno allungato il percorso di carriera interna, aggiungendo sempre nuovi scalini – managing associate, counsel, special counsel, junior partner, salary partner – che diluiscono i tempi di accesso all’equity partnership, momento in cui il professionista inizia a partecipare agli utili dello studio (nonché ai possibili rischi) e acquisisce il diritto di voto durante le assemblee dei soci. Ma questo è un gradino che pochi riusciranno a salire. Solo i più bravi, coloro che oltre alla professionalità e alla disciplina dimostrano uno spiccato senso imprenditoriale, vale a dire la capacità di portare nuovo business (origination), potranno diventare soci equity degli studi. Per diventare socio bisogna fare la differenza. E tutto dipende da due cose: una grande e riconosciuta competenza nel proprio settore e la capacità di avere un proprio parco clienti.
Ma come può un giovane capire se è sulla strada giusta? In un mondo ideale, a tutti i professionisti dovrebbero essere fornite con trasparenza – e in tempi utili per reindirizzare la propria carriera – le informazioni sull’andamento del loro percorso interno e sulle probabilità di accedere alla partnership. Spesso però non è così. Le best practice più strutturate sono appannaggio degli studi internazionali, in cui è il network a dettare le prassi valide a livello globale. Ed è proprio da uno studio internazionale che recentemente è arrivata un’interessante iniziativa a riguardo.
Hogan Lovells ha creato Pathways, un nuovo percorso di crescita per i professionisti della firm, basato su un sistema di feedback costanti che consente al singolo di monitorare le proprie performance con maggiore regolarità, rispetto a quanto accadeva tradizionalmente in occasione della valutazione annuale. Un sistema aperto a tutte le seniority – e a breve anche al personale di supporto – pensato per aiutare i professionisti a individuare i propri punti di miglioramento e a lavorarci su nel corso dell’anno. Altra iniziativa interessante è quella di Linklaters, che propone percorsi di carriera condivisi con il management e improntati sul principio del feedback continuo, coaching individuali e counseling, anche grazie alla costituzione di Linklaters Law & Business School che offre corsi tecnici e di gestione manageriale calibrati per livello di seniority.
Gli studi italiani, quanto a trasparenza, non sempre seguono il passo degli internazionali. Ma qualche segnale positivo arriva anche in suolo italico. Molto trasparente sui criteri di accesso alla partnership, per esempio, Toffoletto De Luca Tamajo. In studio vige una valutazione semestrale per tutti i collaboratori con l’obiettivo di passare i diversi step di carriera. Per i senior e gli associate di 2° livello è previsto un assessment. Mentre per l’accesso alla partnership la regola è chiara: possono essere nominati soci i senior associate con un’anzianità di studio superiore a sei anni, quattro dei quali trascorsi nel ruolo di senior e dopo aver ottenuto la valutazione “ottimo” per due anni. Un’altra nota positiva arriva da Gattai Minoli Agostinelli, che con un recente cambio di passo ha approvato una nuova governance con cui ha eliminato la figura dei salary partner, scegliendo come unica via di crescita l’equity partnership. Una scelta in controtendenza, percorsa anche da Dla Piper e BonelliErede, che hanno predisposto percorsi di carriera più chiari e definiti.
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