di Marco Michael Di Palma
I clienti russi sono diventati un rebus per gli studi legali. A inizio marzo alla Camera dei Comuni, un deputato inglese denunciava con nomi e cognomi quegli avvocati "amorali" che avrebbero favorito e agevolato gli oligarchi russi. In passato, gli stessi avvocati avrebbero sostenuto potenti figure straniere nell’intimidire e mettere a tacere, con pesanti azioni diffamatorie, i giornalisti che documentavano gli stretti legami con Putin. Dopo l’aggressione della Russia, starebbero affiancando i clienti per eludere le pesanti sanzioni economiche.
Nelle settimane successive, il Parlamento ha avviato un'inchiesta ma, come hanno fatto notare più osservatori, la corsa all'oro degli oligarchi è piuttosto colpa del diritto e della politica inglesi. Tuttavia, sono tre le verità scomode emerse dalla guerra all’Ucraina. Non esistono gradi di separazione tra Putin e i grandi imprenditori russi. Il Cremlino ha finanziato la sua guerra attraverso il braccio economico dello Stato che per decenni ha potuto contare sulle competenze degli avvocati. È fallita miseramente la politica che vedeva in Putin un alleato e cercava di integrare le società russe nello Stato di diritto.
Con la caduta della cortina di ferro, sono sbarcate a Mosca all’inizio degli anni Novanta molte delle primarie law firm inglesi e statunitensi. Queste sedi si sono ampliate notevolmente grazie al flusso di quotazioni russe verso la metà degli anni Duemila. Le grandi aziende russe sono state accolte come matricole a braccia aperte dalla London Stock Exchange. Fra di loro, diverse società discutibili ma non ancora intoccabili. Tutto cambia con l’annessione della Crimea nel 2014 quando gli studi internazionali iniziano a rimpatriare i propri professionisti da Mosca. Da allora, gli studi internazionali si sarebbero limitati a rispettare le misure restrittive imposte dall’Occidente contro lo Stato russo, senza tagliare i ponti con i clienti russi.
La guerra in Ucraina ha reso questa strategia insostenibile. I clienti finiti nell’elenco delle sanzioni non possono essere più assistiti. Rimane una vasta categoria di interessi che non compaiono nell’elenco delle sanzioni e che gli studi legali potrebbero continuare ad assistere, ma che forse non dovrebbero per tutelare la propria reputazione. Gli stakeholder tendono a identificare i valori dello studio legale con i valori dei clienti che assistono. A differenza di altri professionisti (chirurghi, medici, dentisti, psicologi, psichiatri, farmacisti, assistenti sociali), gli avvocati d'impresa hanno margini di libertà nella scelta del cliente. Quando questa scelta poggia su considerazioni economiche, come spesso accade, viene sottoposta al giudizio degli stakeholder, non solo clienti e prospect, ma anche i colleghi, i media e la società civile.
La guerra contro l'Ucraina ha generalizzato un problema già visto un anno fa negli Stati Uniti. All'indomani delle elezioni presidenziali, alcuni studi legali avevano accettato il mandato per sostenere i tentativi, sempre più disperati, dell’ex presidente Donald Trump di ribaltare il risultato di un legittimo voto democratico. L’assistenza a Trump aveva causato profondi malumori all’interno degli stessi studi incaricati, portando quei professionisti che non ne condividevano la scelta a schierarsi apertamente contro il proprio studio. Si profilava così un doppio rischio: alla reputazione e alla coesione interna. Questo marzo, è stata resa pubblica una circolare che impediva agli avvocati di Norton Rose Fulbright di esprimersi sulle sanzioni contro la Russia. Sui social, il global chairman di Shearman & Sterling chiedeva ai colleghi di Norton Rose da che parte della storia volessero schierarsi. Replicandogli, il chair canadese di Norton Rose ha esortato i suoi soci e colleghi a far sentire la propria voce. A distanza di pochi giorni, lo studio annunciava la chiusura della sede a Mosca, seguendo l’esempio di Linklaters, il primo studio internazionale a ritirarsi dalla Russia.
Nel frattempo, una manciata di insegne londinesi è andata ben oltre, offrendo il supporto finanziario e pro bono alle vittime di Putin. Una minoranza ha persino condannato pubblicamente le azioni della Russia.
Gli studi italiani presenti a Mosca sono una decina. Molti di più sono quelli che seguono il mercato russo dall’Italia. Per loro, come per i colleghi stranieri, continuerà a porsi il tema del cliente moralmente inopportuno anche dopo la cessazione delle ostilità. I clienti che avranno preso posizione si aspetteranno che i consulenti esterni attuali o futuri si muovano di conseguenza. Laddove vi è la possibilità di tagliare i legami con i clienti russi, potrebbe rivelarsi dannoso giustificare rapporti riconosciuti come discutibili con la difesa che non vi è nulla contro la legge nel continuare ad assisterli. Soprattutto dopo che sempre più società hanno deciso di sospendere, a un costo considerevole, i medesimi rapporti reputati compromettenti.
Credit: Charkiv (Ucraina) il 3 marzo 2022, dopo i bombardamenti russi, State Emergency Service of Ukraine, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons.
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Norton Rose Fulbright, Linklaters, Shearman & Sterling London Stock Exchange Group