A cura di Marina Di Lello Finuoli, Avvocata, Carnà & Partners, dilello@studiocarna.it
Premessa
Il Consiglio dei ministri, nel mese di marzo, ha approvato il testo definitivo del Codice dei contratti pubblici, rivisto e integrato alla luce delle osservazioni formulate delle competenti Commissioni parlamentari.
La disciplina, contenuta nel D.Lgs. n. 36/2023, è entrata in vigore il 1° aprile. Nelle intenzioni del Governo, il nuovo Codice degli appalti tende i) alla semplificazione delle procedure burocratiche, ii) alla liberalizzazione dei lavori pubblici (“sotto-soglia”) e iii) alla digitalizzazione delle informazioni, comunicazioni e documentazioni (finalità apprezzabile anche sul piano della sostenibilità ambientale).
Nel complesso, il Codice dovrebbe consentire alle Istituzioni pubbliche e alle imprese private di lavorare con maggiore celerità nella fornitura di beni e servizi ai cittadini. Lo si evince, peraltro, da taluni principi generali esplicitati nella prima parte del testo di legge; anzi tutto, i principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato.
Tra le novità di maggior interesse per le imprese private, si segnalano le interazioni – per la verità, non sempre esplicite – con la disciplina della responsabilità da reato degli enti. Anzi tutto, le disposizioni del Titolo IV: I requisiti di partecipazione e la selezione dei partecipanti, di seguito sintetizzate.
Le cause di esclusione automatica
È causa di esclusione automatica di un operatore economico dalla procedura (art. 94), senza alcun margine valutativo per la stazione appaltante, la condanna (per l’ente, nel procedimento 231, o per un esponente aziendale, in sede penale) per una serie di reati, tra i quali: associazione per delinquere, associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, contrabbando, traffico illecito di rifiuti, reati contro la pubblica amministrazione, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, false comunicazioni sociali, reati di terrorismo, reati di riciclaggio, sfruttamento del lavoro minorile, tratta di esseri umani e ogni altro reato da cui derivi la pena accessoria dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.
È causa di esclusione automatica, inoltre, la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 del D.Lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia; in breve: l’applicazione di una misura di prevenzione ante delictum e la condanna per uno dei gravi reati di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p.), ovvero il riscontro di un tentativo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa (art. 84 del c.d. codice antimafia), a meno che, entro la data dell’aggiudicazione della gara, la stessa sia stata ammessa al controllo giudiziario ex art. 34-bis dello stesso codice.
Si prevedono, altresì, cause di esclusione automatica legate all’applicazione: delle sanzioni interdittive del D.Lgs. n. 231/2001; alla mancata presentazione della certificazione di regolarità con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili (L. n. 68/1999) o del rapporto sulla parità di genere (laddove obbligatorio per l’impresa); alla sottoposizione a liquidazione giudiziale o allo stato di liquidazione coatta o concordato preventivo (ferme restando, però, le disposizioni volte ad assicurare la continuità aziendale e altri strumenti di regolazione della crisi).
Infine, sono esclusi in via automatica gli operatori economici iscritti nel casellario informatico dell’ANAC per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti o ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione (per il periodo durante il quale perdura l’iscrizione), nonché gli operatori che abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi fiscali o previdenziali (allegato II.10), a meno che l’operatore abbia ottemperato o si sia impegnato in modo vincolante in tal senso.
Le cause di esclusione non automatica
Si prevede l’esclusione (non automatica) degli operatori economici nei confronti dei quali venga accertata la sussistenza delle seguenti situazioni (art. 95): gravi infrazioni delle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) nonché degli obblighi in materia ambientale e sociale; conflitto di interesse determinato dalla partecipazione alla gara; distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento dell’ente nella preparazione della procedura d'appalto; rilevanti indizi sull’esistenza di un accordo tra gli operatori economici sulle offerte; commissione di un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico; violazioni (anche non accertate) degli obblighi fiscali o previdenziali, a meno che l’operatore abbia ottemperato o si sia impegnato in modo vincolante in tal senso.
L’illecito professionale grave
A norma dell’art. 98, le condizioni affinché si possa configurare un illecito professionale grave, valido alla esclusione (non automatica) dell’ente dalle procedure di gara, sono: 1) integrazione oggettiva dell’illecito professionale grave; 2) idoneità dell’illecito a incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; 3) la presenza di adeguati mezzi di prova.
L’integrazione oggettiva dell’illecito professionale può essere desunta dai seguenti elementi: a) sanzione esecutiva irrogata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore; b) condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione; c) condotta “negligente” dell’operatore economico nell’esecuzione di un precedente contratto, d) o nei confronti dei subappaltatori; e) violazioni in materia di intestazione fiduciaria (L. n. 55/1990, in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso); f) omessa denuncia all’autorità giudiziaria di aver subìto, come persona offesa, la commissione dei reati di concussione ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso; g) contestata commissione di taluno dei reati di cui al comma 1 dell’art. 94, ossia i reati per i quali, in caso di condanna, scatta l’esclusione automatica (v. sopra); h) contestata o accertata commissione, da parte dell’operatore economico e/o delle persone fisiche a lui legate, di altri reati, aggiuntivi rispetto a quelli già previsti dall’art. 94, tra i quali: esercizio abusivo di una professione, alcuni reati fallimentari, reati tributari, reati societari, reati contro l’industria e il commercio, reati urbanistici, reati previsti dal D.Lgs. n. 231/2001.
Le interazioni con il D.Lgs. n. 231/2001
Le previsioni di cui sopra collegano espressamente l’esclusione degli operatori economici al sistema della responsabilità amministrativa degli enti.
In particolare:
• esclusione automatica nel caso di condanna dell’ente, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, per uno dei gravi reati-presupposto dell’art. 94, comma 1, del Codice degli appalti;
• esclusione automatica nel caso di condanna penale delle persone fisiche legate all’ente (art. 94, comma 3) per uno dei gravi reati-presupposto dell’art. 94, comma 1, del Codice degli appalti;
• esclusione automatica degli enti già destinatari della sanzione interdittiva di cui all’art. 9, comma 2, lett. c), del D.Lgs. n. 231/2001 («il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio») o di altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione (senza vincolo alcuno, in questo caso, all’elenco dei gravi reati-presupposto dell’art. 94, comma 1, del Codice degli appalti);
• esclusione non automatica dell’ente di cui si accerti la commissione di un illecito professionale grave, desumibile – fra gli altri motivi – dalla commissione o dalla mera contestazione di un qualsiasi reato-presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
uest’ultima previsione (art. 98, comma 3, lett. h), in particolare, consente l’esclusione dell’operatore economico a vario titolo coinvolto in una indagine per un reato che fonda la responsabilità amministrativa degli enti, ancorché in fase di indagini ovvero riferibile alle persone fisiche collegate all’ente. Il comma 6 dell’articolo, infatti, stabilisce che costituiscono mezzi di prova adeguati alla dimostrazione dell’illecito professionale legato alle violazioni 231 le sentenze e i decreti penali di condanna, nonché i provvedimenti cautelari personali o reali.
Come già segnalato da diverse organizzazioni (in primis, l’Unione delle Camere Penali Italiane e l’Associazione dei Componenti degli Organismi di Vigilanza – AODV231), la nuova disciplina si pone in frizione con i principi fondamentali della materia penale (presunzione di non colpevolezza ex art. 27, comma 2°, Cost.), con la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e con taluni degli stessi principi ispiratori del Codice degli appalti.
Si consideri, inoltre, che il riferimento all’intero decalogo dei reati contemplati dal Decreto 231 non tiene conto della incessante, financo frenetica, moltiplicazione delle fattispecie suscettibili di dar luogo alla responsabilità da reato delle società, molte delle quali non costituiscono nemmeno espressione della c.d. criminalità d’impresa, men che meno della devianza “politico-amministrativa” cui si dovrebbero riferire le esclusioni dalle gare pubbliche.
Il ruolo della restorative compliance
D’altra parte, il comma 4 dell’art. 98 prevede che, ai fini della valutazione di gravità dell’illecito professionale, si tenga conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta e del tempo trascorso dalla violazione, «anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa». Ciò significa che le stazioni appaltanti, pur in presenza degli elementi che integrano, sul piano oggettivo, un illecito professionale, potranno valutare – nell’esercizio della discrezionalità amministrativa – le azioni correttive intraprese dall’operatore economico in un tempo successivo alla contestazione o alla condanna per un illecito 231, al fine di stabilire se la riorganizzazione aziendale è tale da elidere la gravità dell’illecito e/o da riabilitare l’affidabilità dell’ente.
Il riferimento, anche se non espresso, è, dunque, alla restorative compliance, ossia alla riorganizzazione intrapresa dall’ente successivamente alla commissione dell’illecito. L’adozione, l’effettiva attuazione e la “correzione” di un Modello di organizzazione, gestione e controllo, già rilevanti sul fronte “premiale” delle condotte riparatorie ex D.Lgs. n. 231/2001, divengono dunque strumenti di riabilitazione dell’ente, anche ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, ovvero per rimediare alla sua potenziale esclusione.
La previsione conferma, in definitiva, il ruolo sempre più centrale della compliance (non solo ex ante, ma anche ex post) nel sistema in senso lato sanzionatorio delle persone giuridiche, nell’ambito del quale spiccano le previsioni del D.Lgs. n. 231/2001 e le misure interdittive e di prevenzione di cui D.Lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia), in ispecie per le ripercussioni che determinano sulla “vita” pubblica e sociale dell’ente e nei rapporti con la p.a.
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