Nel numero di novembre di TopLegal, la storia di copertina è dedicata al benchmarking della spesa legale. Per quanto i prezzi dei servizi legali rappresentino un tabù, non si può ignorare l’esistenza dei benchmark. Accendere un faro sul tema è un passo per l’evoluzione di domanda e offerta. Un potere in mano ai General counsel, una sfida competitiva per gli studi. Avendo dei benchmark di riferimento, i General counsel possono costruire una proiezione più attendibile della spesa legale da presentare all’amministratore delegato o al Cda. Possono così affinare il loro approccio manageriale e parlare una lingua più vicina a quella del vertice dell’azienda. Cosa che si tradurrebbe in un maggiore potere in capo alla funzione.
Lato offerta, il benchmarking permetterebbe, individuando dei parametri di spesa medi, di poter parlare di sottocosto e di concorrenza sleale. Ma il benchmarking non svelerebbe soltanto le eccezioni tariffarie per difetto, ma anche quelle per eccesso. Con studi, o molto più spesso singoli professionisti, che forti di rendite di posizione dure a morire vengono ingaggiati solo per il loro nome, senza alcuna preventiva (né successiva) analisi del rapporto prezzo-qualità-valore.
TopLegal per questo ha deciso di compiere uno studio pilota che servirà a sviluppare un benchmarking delle tariffe vigenti nel mercato legale d’affari. Utilizzando un campione di aziende (italiane, italiane con branch all’estero e branch italiane di aziende estere) eterogenee per dimensioni e industries, vengono esaminati: i criteri di determinazione del costo del servizio, le attività esternalizzate, la spesa annua destinata alla consulenza esterna, il costo orario dei servizi per ogni area d’attività legale, i criteri di selezione degli advisor e quelli di misurazione delle performance. Individuando la tipologia di studio (italiani full service, italiani boutique, internazionali e monopractice) utilizzata per ogni area di attività e l’incidenza della reputazione dello studio nella determinazione del costo. Una ricerca pionieristica, il cui obiettivo è quello di stabilire parametri certi, che ad oggi non esistono, gettando trasparenza su una zona grigia del settore. Per orientare le decisioni delle direzioni legali da una parte; e dall’altra costringere gli studi a ragionare sul valore aggiunto.
In primo piano, i sette vizi capitali che rischiano di compromettere il rapporto tra advisor e clienti. TopLegal, con l’aiuto degli in-house, propone alcuni esempi dei peccati in cui è più facile incorrere. E delle conseguenze che ne derivano.
L'appuntamento con "Settori e mercato", in novembre propone due approfondimenti. Un'analisi sul futuro delle boutique fiscali a partire dalle ultime uscite di soci, apparentemente in controtendenza con un mercato tuttora in crescita. Nonostante il modello di business competitivo, la struttura sembrerebbe faticare a causa di un’assenza di governance.
Un secondo focus è dedicato al banking & finance, dove vincono gli internazionali. L’uscita del socio Giancarlo Castorino da d’Urso Gatti e Bianchi lo scorso ottobre costituisce l’ennesimo lateral di banking & finance a vantaggio di insegne internazionali, che agguantano i principali protagonisti e mandati del settore. Mentre gli italiani potrebbero trasformarsi in intermediari tra clienti domestici e law firm senza sede nel Belpaese.
Il caso di studio è R&p Legal. Lo studio è tradizionalmente incentrato su pmi, provincia e seniority della squadra. Una combinazione di caratteristiche che oggi fanno di R&p Legal un modello innovatore.
Su E-edicola è disponibile la versione integrale del numero.