Continua a destare interesse nel mondo giuridico-fiscale la normativa CFC (controlled foreign companies), con l'estensione che la circ. 28/2011 fa ai soggetti residenti in Paesi che appartengono alle cosiddette white list.
A luglio 2010 era arrivata la prima novità: l'obbligo per le imprese italiane di presentare una dichiarazione telematica mensile o trimestrale riportante tutte le operazioni effettuate con soggetti economici situati in uno dei paradisi fiscali, inseriti nelle c.d. black list.
Con la circ. 28/2011 questa linea restrittiva è stata ribadita e ampliata.
L’Agenzia delle Entrate ha, infatti, confermato la posizione di massimo rigore, allargandola ai Paesi white list: gli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni e quelli con tassazione non sensibilmente inferiore a quella italiana.
Un rigore, tuttavia, che non soddisfa tutti gli operatori del settore. È sufficiente, infatti, che il contribuente sia in grado di provare la sussistenza di una sola delle prove "esimenti" affinché la normativa antielusiva sia disapplicata ed i costi siano considerati deducibili a tutti gli effetti.
«La mutevolezza della normativa desta non poche perplessità tra i professionisti», commenta Dante Carolo, presidente dell'Associazione dei dottori commercialisti ed esperti contabili delle Tre Venezie ai margini del seminario su “Fiscalità internazionale. Norme Antielusive: tra obbligo d’interpello e nuove comunicazioni”. «La concorrenza spietata sui prezzi che si è generata negli ultimi anni», conclude Carolo, «impone al legislatore maggiore chiarezza, soprattutto con riferimento agli istituti dell’interpello ordinario e dell'interpello speciale per la deducibilità dei costi paradisiaci. Si tratta di un passo necessario se si vuole preservare la vocazione all'internazionalizzazione del Paese».