In questi giorni è stato siglato l'accordo di partnership tra Kstudio associato, la struttura di avvocati e commercialisti del network Kpmg, e la boutique Ichino Brugnatelli e Associati per operare congiuntamente in ambito giuslavoristico. Un accordo che, stando alle dichirazioni dei suoi pivot, dovrebbe permettere di combinare la forza di una realtà internazionale come Kpmg alla competenza tecnica dello studio Ichino.
La partnership in questione fornisce il destro per due riflessioni su alcune traiettorie su cui sembrerebbe muoversi il mercato. Da un lato, potrebbe indicare l’inizio di una certa sofferenza palesata dalle boutique – non solo quelle lavoristiche – a mantenere inalterato il business utilizzando un modello simile a quello di sempre. E la conseguente necessità di ampliare il loro raggio d’azione o attraverso accordi strategici – come quello recentemente siglato dallo studio dell’ex ministro Tremonti con Shearman & Sterling – o mediante lo sviluppo delle competenze interne. Un esempio in tal senso è quello fornito da Salonia e associati, che in luglio ha potenziato i settori del diritto societario e del diritto fallimentare, con l’ingresso di Guido Palombi e Giuseppe Massaro.
L’accordo, però, è significativo soprattutto sotto un altro profilo. Per Kstudio si tratta della seconda mossa strategica messa in campo negli ultimi mesi per attrezzare la propria offerta alle mutate esigenze dei clienti. Di appena un paio di mesi fa, infatti, la notizia che la divisione legale della Big Four sta sondando la possibilità di fungere da fornitore in outsourcing di servizi legali – standardizzati e a basso valore aggiunto – per un noto istituto di credito. Andando incontro alla necessità del cliente di tagliare i costi interni legati a prodotti fungibili.
Fino ad oggi, però, un fatto sembrava chiaro: l’esternalizzazione avveniva nel perimetro del mercato. Ma, oggi, in alcuni comparti lo scenario sembra mutato. Rimanendo in tema di recupero crediti, ad affacciarsi sul mercato non è solo Kpmg, società già strutturata con una divisione legale autonoma al suo interno, ma anche realtà come Cerved, Crif e Prelios. Attori assolutamente nuovi in tema di consulenza legale.
Il settore, in continua evoluzione, sembra stia facendo, quindi, scattare una stagione di ulteriore razionalizzazione dei servizi da parte dei grandi gruppi nazionali, portando alla nascita, in alcuni comparti, dell’outsourcing verso società di consulenza non (o non solo) legale. Società con un forte potenziale finanziario e un network internazionale, in grado di investire in struttura, informatica e organizzazione più di quanto gli studi legali italiani non abbiano mai fatto e, forse, non possano fare.
Se queste società e le altre che si proporranno sul mercato dovessero riuscire a conquistare una porzione importante di clientela, ad alcuni studi legali potrebbe toccare in sorte di essere non più fornitori diretti del cliente, ma subfornitori ingaggiati dalle società di consulenza per affiancarle su alcune materie. Rendendo inevitabile, per queste insegne, un’ulteriore erosione di ricavi e clienti. Una teoria forse azzardata, ma non priva di fondamento.
di Maria Buonsanto
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