Tax

Patent box, una materia ancora malleabile

A quattro anni dalla rivoluzione normativa, lo strumento è stato recentemente modificato. TopLegal ha fatto il punto della situazione con Maisto, PwC Tls e Tremonti Romagnoli Piccardi

10-12-2019

Patent box, una materia ancora malleabile



Un tesoretto di opportunità per aziende e consulenti legali. È questo quello che ha rappresentato negli ultimi quattro anni il patent box, l’agevolazione fiscale introdotta dalla legge di stabilità 2015. In particolare, questa norma prevede una tassazione agevolata per i redditi che derivano dallo sfruttamento economico di specifici beni intangibili (come brevetti, know-how e software) con la possibilità di ottenere un’esenzione fino al 50% del reddito generato dall’utilizzo di essi. Una vera e propria rivoluzione, che tanti titolari di reddito d’impresa, che svolgono attività di ricerca e sviluppo finalizzate a produrre tali beni, non si sono lasciati sfuggire. A quattro anni dall’entrata in vigore della legge, la disciplina è stata da ultimo modificata con il c.d. Decreto crescita del 2019. TopLegal ha deciso di fare il punto della situazione, tra passato e prospettive future.

Tutti gli esperti interpellati concordano sul fatto che la normativa patent box abbia creato tante opportunità. Sono state migliaia, infatti, le aziende che dal 2015 hanno presentato istanza per ottenere l’agevolazione fiscale. Secondo Simone Zucchetti, partner di Tremonti Romagnoli Piccardi, che si è occupato di patent box sin dalla sua introduzione e ha preso parte alla sottoscrizione dei primi casi pilota, «si tratta di una tipologia di mandato particolarmente gratificante per i clienti. Peraltro, ci è capitato spesso che, sulla scia della procedura di patent box, i clienti ci abbiano successivamente consultati per ricevere assistenza nell’ambito dell’affine materia del transfer pricing, specialmente con riferimento alle procedure internazionali quali Apa, Map e le istanze 31-quater».

Fino al luglio scorso, l’unica modalità per ottenere il beneficio fiscale era un contraddittorio obbligatorio con l’agenzia delle entrate (c.d. procedura di ruling), in cui l’assistenza di un consulente legale era necessaria. Con la modifica apportata dal Decreto Crescita, invece, i soggetti titolari di reddito d’impresa possono autodeterminare il reddito agevolabile, purché sia inviata idonea documentazione per consentire agli organi di controllo di verificare la correttezza della determinazione effettuata. In sostanza, dunque, non è più necessaria una procedura dinanzi all’agenzia, ma il contribuente può autoliquidarsi il beneficio con una dichiarazione dalla durata annuale.
 
Ma vi è di più: nel caso in cui la verifica dell’autorità dovesse evidenziare la presenza di errori in tale autodichiarazione, il dichiarante non sarebbe comunque sottoposto a sanzione. Una novità che potrebbe penalizzare i consulenti legali, dal momento che non li rende più indispensabili, anche se non tutti la pensano così. Anzi, secondo alcuni si è rivelata un’opportunità.  «Quello che è cambiato – spiega Aurelio Massimiano, partner di Maisto per cui ha lavorato ai patent box di Piaggio e Solvay Specialty Polymers Italy – è un allargamento della tipologia di attività che ci viene richiesta: non solo contraddittori tecnici con l’agenzia ma in alternativa un’assistenza consulenziale preventiva nella predisposizione di un documento che sia una solida base per il confronto ex post con l'amministrazione finanziaria». 

Il vantaggio della nuova procedura di autoliquidazione non sta tanto nel potersi non avvalere di (costosi) consulenti legali, quanto piuttosto nella possibilità di usufruire fin dal momento della dichiarazione dell’agevolazione. Tuttavia, nonostante l’evidente beneficio, segnalano gli esperti che c’è ancora parecchia reticenza da parte delle aziende nell’approcciarsi alla nuova procedura. «Questo perché – rivela Zucchetti – sebbene l’autoliquidazione rappresenti in linea teorica una opzione attraente in termini di rapidità nell’ottenimento del beneficio fiscale, questo risulta poi comunque sindacabile. Circostanza che sta riducendo il favore dei contribuenti, rendendo ancora attuale la procedura di ruling che consente di definire il beneficio fiscale in modo più certo». 

Inoltre, avverte il partner di PwC Tls Ugo Cannavale, che si è occupato del patent box di Magaldi Power e degli accordi preventivi di patent box di Arcaplanet e Ponti, «le linee guida emanate hanno aggiunto alcune complicazioni, quale l'obbligo della marca temporale da apporre sulle istanze e la possibilità per l'agenzia di negare in toto l'agevolazione qualora il contenuto dell'istanza sia dichiarato non veritiero, senza però che siano stati dati parametri chiari su cosa questo giudizio unilaterale dell'agenzia si debba fondare». 

In sostanza, osservano gli esperti, più il valore dell’agevolazione è alto più è difficile che il contribuente accetti il rischio di un accertamento e perciò si registra una netta preferenza per il metodo tradizionale del contraddittorio con l’agenzia, che seppur più laborioso presenta un grado di rischio decisamente inferiore.

Il grande numero di istanze di patent box non ha però contribuito a fissare prassi consolidate. «La prassi amministrativa formatasi durante le istruttorie – nota Cannavale di PwC Tls – ha sostanzialmente chiarito alcuni aspetti operativi legati al calcolo». Per quanto riguarda tutti gli altri aspetti, invece, non ci sono punti fermi. «Con l'eccezione di alcuni settori nelle quali si sono delineate metodologie standard per la determinazione del beneficio, come ad esempio quello del lusso – precisa Massimiano di Maisto – in altri settori il patent box continua a essere un'area grigia. D’altronde, non c’è nulla di più incerto che determinare il valore di un bene intangibile».



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PwC TLS, Maisto, Tremonti Romagnoli Piccardi AurelioMassimiano, SimoneZucchetti, UgoCannavale


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